Willis non ricordava bene che cosa dicesse il noto proverbio giapponese che aveva letto parecchi anni prima. Ma in quel momento ricondusse alla mente solo l'oggetto di quell'aforisma. Le promesse.E lui ne aveva fatte tante, in vita sua, ma soltanto su una aveva giurato; che l'avrebbe mantenuta per il resto dei suoi giorni.
"Avrò cura di voi per sempre."
Aveva nove anni, lunghi lisci biondo vaniglia, e una gran volontà di scoprire il mondo.
E poi le sue digiuova.
Le sue preziosissime, coloratissime digiuova gemelle.
"Non ci dormirai mica, con quelle?" gli aveva chiesto il nonno, che gliele aveva regalate dopo averle rinvenute in aperta campagna quasi ai piedi del South Platte, fiume che bagna Denver.
Willis non solo ci dormiva. Ci giocava. Le teneva al caldo sotto le coperte d'inverno, quando generava elettricità statica strofinandoci contro il plaid di fibra sintetica.
Le accudiva. Le portava in giro. A scoprire il mondo con lui.
Nei parchi. A scuola. Nella metro. La linea C, tra Lincoln e Union Station, quando andava a fare due tiri nei campi di basket in asfalto come ogni giovane americano che si rispetti.
Era stato proprio da quelle parti, che un giorno, il piccolo Willis aveva notato una strana aura elettrica che si sminuzzava in tanti piccoli pixel, oltre la rete del campo. E che sembrava tanto l'accesso, il portale verso un mondo nuovo.
I suoi compagni erano scappati per il terrore di poter essere risucchiati via da chissà quale vortice spazio-tempo; Willis invece era stato l'unico a rimanere a fissare per un po' quel quadro digitale. Ed era stato l'ultimo, ad andarsene.
Aveva battuto in ritirata solo quando una strana pioggia acida s'era abbattuta sulle campagne del Colorado, e la mamma lo aveva reclamato per farlo rincasare telefonandogli su uno di quei primissimi Motorola di nuova generazione dei primi Duemila, e che presto, molto presto, avrebbero invaso il mondo.
Willis era corso via.
Era quasi scivolato sul cemento, per la fretta. Aveva infilato la palla da basket nello zainetto, dove comunque lasciava sempre un po' di spazio per una bottiglietta d'acqua e le sue due digiuova.Ma negli arbusti acuminati che campeggiavano la recinzione del campetto, dove solitamente attecchisce l'ortica, ne rotolava soltanto una.
In lungo e in largo s'era spinto, sotto l'acqua, in preda alla disperazione, protendendosi quasi fino ai confini col Nebraska, nelle fitte foreste.
E faceva quasi tenerezza, che per tutto il pomeriggio si fosse sgolato a chiamarlo per nome. Come se un uovo potesse parlare.
Soltanto quando aveva visto spuntare i primi contorni di luna piena, nel cielo, aveva deciso d'arrendersi.
Era rincasato molto più tardi del solito, e sua madre c'era mancato davvero poco che non avesse chiamato la polizia per paura che potesse non ritornare, con quel tempaccio.
Fra i tuoni del temporale, quella notte, Willis si era stretto forte al suo digi-uovo ancora umido.
E tra le lacrime, prima ancora che si schiudesse, aveva sognato Terriermon.
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DIGIMON - la genesi del Male [seconda parte]
FanficSarà stato il rosso fuoco di cui il cielo allora si tinse, quasi a celebrare il sangue versato dall'onnipotenza del Male, o la resistenza di dieci ragazzi all'avanzata di unicorni volanti e macchine d'assalto... Ma in quel momento, il mondo sembrava...