Una sposa per Poseidone

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Si sedette sulla riva e lasciò che le onde giocassero a bagnarle le dita immerse nella fine sabbia della spiaggia. Fissava l'orizzonte: uguale in ogni dove, solo il mare che la osservava a sua volta. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che lo aveva rivisto? Non seppe darsi una risposta. Eppure, proprio lì, anche se molto lontano da casa, sentì finalmente di stare bene, come se si fosse ricongiunta ad un pezzo della sua anima abbandonata in quel luogo deserto. Sentì di appartenere a quell'immensa coperta blu e chiudendo gli occhi percepì la grandezza di ciò che la circondava. Un ricordo le si presentò alla mente. Forse non proprio un ricordo... un sogno? Un'altra domanda senza risposta, ma questa volta non le importava. Lasciò che le invadesse la mente: le sue braccia che si aggrappavano a degli scogli, i piedi che gareggiavano contro le onde che la sospingevano a largo, le lacrime che le imperlavano i solchi del viso contratto... era gioia o dolore? Stava lottando con tutte le sue forze; era come se il mare avesse voluto trattenerla, come se le onde le stringessero le caviglie per impedirle di fuggire. Eppure non era una presa crudele, non voleva farle del male, no... quelle mani la stavano supplicando: "Torna da me!". Era stata una voce maschile, non il mare impetuoso a parlare. Era un appello accorato, disperato, come di un uomo ferito, un uomo innamorato che la supplicasse di restare con lui. Ma allora perché fuggiva? Sentiva di ricambiare profondamente quell'amore, di non desiderare altro che di voltarsi e di abbracciare le onde. Ma non aveva accettato i consigli del suo cuore, non quel giorno almeno. Ecco perché ora lei era lì... 

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