Battuta di caccia

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I cani sembravano come impazziti per la frenesia: guaivano, fiutavano senza sosta e correvano su e giù. Avevano frugato ogni cespuglio, ogni zolla di terreno eppure non cessavano il loro via vai. La muta di cacciatori nel frattempo si guardava intorno sconfortata ma speranzosa; della volpe neanche l'ombra, semplicemente si era dileguata. Davvero un animale furbo! Era chiaro che si fosse rifugiata nella sua tana, riparata nelle vicinanze. Già se la immaginavano: quel musetto sottile che fendeva l'aria in cerca di odori rivelatori, le orecchie appuntite pronte a captare i loro passi felpati, le zampette leste pronte a rifugiarsi nell'oscurità della loro dimora. Uno dei cacciatori era però rimasto indietro. In realtà quel giorno non voleva neanche essere lì, erano stati i suoi amici a trascinarlo nella foresta mettendogli il fucile in mano e sorridendo come se nella vita non ci fosse stato nient'altro di meglio per dimenticare una ragazza. A quanto pare i cuori spezzati della sua età dovevano essere curati in questo modo... il giovane cacciatore decise di avventurarsi per conto suo attraverso un sentiero poco battuto, stufo ormai del caos che i cani avevano creato. Mentre camminava avvertiva una sensazione di pace, appagato dai suoni della natura. O almeno finché tutto non tacque inspiegabilmente all'improvviso. Si bloccò di colpo una volta raggiunto un bivio: una fanciulla se ne stava appoggiata al tronco di una quercia sulla strada che conduceva verso casa. Questa lo fissava intensamente, ma non parlava. Il giovane cacciatore si sentì avvampare da tanta leggiadra bellezza unita a tale sfrontata lucentezza racchiusa nel suo sguardo. Ma ecco, notò che in realtà c'era anche un'altra fanciulla, più sottomessa (non osava guardarlo) , ma di una bellezza ancora più intensa  e sconvolgente dell'altra. Era come ammirare il sole e la luna nello stesso istante, quasi si fossero dati appuntamento in quel bosco, a quell'ora, scendendo dai loro scranni celesti. Quest'ultima si comportava come la prima: era appoggiata ad un albero (un oscuro cipresso dalla folta chioma) cresciuto tuttavia sull'altra strada che dava accesso all'interno del bosco, dove nessuno aveva mai osato mettere piede. Così stavano queste due creature, affascinanti e sfuggenti, davanti al cacciatore. Il giovane fece per parlare loro, ma esse gli voltarono le spalle e cominciarono ad incamminarsi ognuna per la sua strada. A ben guardarle sembravano tanto leggere da fluttuare, quasi non calpestassero il suolo. A nulla valevano le suppliche del giovane, sembravano sorde alle sue preghiere. Era devastato! Non voleva perderle entrambe, ma capì anche che ne avrebbe potuta raggiungere solo una. Chinò il capo, rimase in silenzio, ci pensò bene, si guardò indietro ma non vide né sentì i suoi amici. Scelse: corse verso la seconda fanciulla, le prese timidamente la mano e proseguirono addentrandosi sempre più nella oscurità del bosco. Lei sorrise nel suo giocoso mutismo. La natura sembrava in festa: mille voci argentine di uccelli, i rami con i loro fruscii, le acque del ruscello vicino che gorgogliavano canti nuziali... Il giovane cacciatore non tornò mai più a casa e nessuno lo rivide più. Tuttavia si narra che egli fosse diventato il re degli elfi di quella foresta, avendone sposato l'affascinante regina. Si mormora anche che se si passa per quel bivio e  si porge l'orecchio, sia possibile sentire il giovane cacciatore ridere.

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