Capitolo 14

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È questo forse il paradiso? O forse sono i miei occhi che mi ingannano.

L’idea di paradiso nella religione cattolica rispetta molto l’entrata dell’Olimpo, nuvole bianche e oro, tutto intono a noi è bianco e dorato anche l’immenso cancello dove si intravede il monte Olimpo, il vero monte Olimpo, l’unico e solo.

Si apriranno le porte del paradiso o è l’inferno ben travestito? Che cosa sarà per me?

Non so bene come siamo finiti qui, non ricordo nulla, credo che dopo che Eros ha toccato la statua siamo stati risucchiati da una luce che ci ha come teletrasportati qui. Non so se abbiamo volato, o meglio se lui ha volato ed io mi sono stretta a lui, non lo so, so solo che i miei piedi ora sono su un marmo bianco lucido con striature dorate, e lui è accanto a me, mi stringo a lui come una bambina impaurita.

Per quanto sia tutto estremamente meraviglioso ai miei occhi, la paura si impossessa di me.

«Sophia» la sua voce mi chiama portandomi a staccare gli occhi da quell’enorme cancello e tornare a prestare la mia attenzione al dio che mi ha condotta qui senza esitazioni o pentimento.

Lo guardo, i suoi occhi verdi mi studiano per cercare di capire che cosa mi passi per la mente, lo vedo, mi scruta, ma non so se riesce a capire come stia realmente, le mie emozioni.

«Dobbiamo superare i cancelli, vedrai una vera e propria città, ognuno ha il suo tempio, anche io ho il mio, ma vivo sull’Olimpo di solito, mio nonno mi vuole li.» mi guarda in attesa di qualche mio segno di vita.

«Continua» lo esorto a continuare, perché non voglio trovarmi del tutto spaesata ed è il minimo che dovrebbe fare, spiegarmi quello che ho intorno.

«L’Olimpo è il Tempio di Zeus, una specie di Reggia immensa e mastodontica dove al centro di essa vi è la sala dei troni, è una stanza circolare con colonne gigantesche al centro vi è un fuoco azzurro che arde, proviene direttamente dal regno di Ade, è quel fuoco che collega il regno dei morti con l’Olimpo. Ti conviene non avvicinarti mai, bruceresti fra le fiamme in eterno e andresti direttamente negli inferi.»

Non ci tengo particolarmente.

«Comunque lo vedrai con i tuoi occhi, è lì che stiamo andando.» mi sembra di essere all’interno del cartone di Hercules, solo tutto più reale e più inquietante.

«Quindi al di sotto dell’Olimpo vi è una città?» domando mentre ci avviciniamo al cancello dove sono poste due guardie che come vedono il dio al mio fianco aprono inchinandosi.

Li guardo esterrefatta mentre mi prende per mano ed insieme oltrepassiamo il gigantesco cancello dorato. Io non mi sono mai inchinata al suo cospetto e non intendo iniziare ora, assolutamente no, se lo scorda.

«Andiamo» non stacca la mano dalla mia nemmeno per un secondo, nemmeno quando le guardie ci guardano scioccati, forse non l’hanno mai visto mano nella mano con qualche ragazza, o semplicemente è vietato, e non stiamo facendo la cosa giusta.

«Perché ci fissano tutti?» man mano che camminiamo addentrandoci nella città gli sguardi vanno su di lui e poi su di me, per poi guardare le nostre mani unite.

Lui non sembra farci molto caso anzi, se ne frega e continua a camminare come se nulla fosse.

«Credo sia la prima volta che un dio tenga per mano una discendente alla luce del giorno» mi spiega calmo.

«E perché?» so già che è una domanda troppo stupida, ma non riesco a non farla.

Sospira e sembra in difficoltà, ma continua a guardare davanti a se mentre io lo guardo in attesa.

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