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La stanza era solo cosparsa di sangue, odore di rancido e soprattutto odore di nitroglicerina.
Urla. Si sentivano solo urla strazianti di dolore. Best Jeanist stava gridando mentre un Nomu gli stava premendo la schiena contro il pavimento, posando il piede con tutto il suo peso. Gran Torino disteso in terra contro una parete privo di sensi, mentre un altro dei colossi lo stava martoriando agli arti con pugni diretti: ogni colpo, uno scricchiolio. Il terzo di quei mostri stava continuando la sua battaglia contro l'unico eroe che non si stava arrendendo: Bakugou Katsuki. Stanco, pieno di lividi e ferite, non voleva mollare la presa, ma si stava accorgendo che eseguiva solo più una serie di attacchi lenti e impacciati.
La porta si aprì ed entrarono gli altri quattro eroi nel momento in cui il biondo riceveva l'ultimo colpo potente, scaraventandolo contro il muro dalla parte opposta e privandolo di qualsiasi altra energia.
Kirishima sentì solo più diventare tutto confuso: l'amico aveva rigettato del sangue dalla bocca durante l'urto contro la parete.
Ira.
Rabbia.
Vendetta.
Vedeva il biondo immobile, non aveva nemmeno un lembo di pelle sana.
Lividi.
Tagli.
Escoriazioni.
Contusioni.
Sangue.
Tanto sangue.
Troppo sangue.
Un altro urlo di quell'animale.
Kamui intervenne sdradicandosi in più rami possibili, mentre Hawks bloccava il Nomu che stava giocando con il Best Jeanist. Fatgum andò in aiuto di Gran Torino.
Il terzo nemico si inferocì che corse veloce contro Bakugou, ancora immobile, e gli si parò davanti pronto a caricarlo. In modo offuscato Bakugou vide il Nomu corrergli incontro, ma si ritrovò senza forza per spostarsi, quindi chiuse gli occhi quasi arreso.
Li riaprì qualche secondo dopo: quel colpo non arrivò.
Era lì, di fronte a lui, Red Riot Unbreakable.
Accennando un lieve sorriso, perse completamente i sensi.
Kirishima aveva gli occhi iniettati di collera: non sapeva perché, non sapeva quando, nonostante le ferite non rimarginate che si stavano riaprendo del tutto, era lì, quirk attivo al massimo della sua forza, per evitare al biondo un colpo da morte certa.
Perse il controllo di se stesso: si scagliò come una furia contro quel mostro, cercando di ridurlo in brandelli e riversandogli tutta la rabbia repressa.
Impressa nella mente solo il volto privo di vitalità dell'altro. Non poteva lasciarlo in quel modo: Bakugou doveva riprendersi e dargli tutte le risposte alle sue domande, le pretendeva. Iniziando dal spiegargli la sua assenza nei mesi passati. E poi Kirishima aveva un sacco di cose da dirgli riguardo a quello che gli stava accadendo. Dovevano fare ancora un sacco di cose... insieme.
Era ormai fuori di sé: Fatgum lo intimava ad essere più prudente, ma all'eroe la sua voce era paragonabile al ronzio di una zanzara.
Continuava ad attaccare quell'essere senza sosta, arrivando persino a strappargli pezzi di carne con i denti.
Un'ora, due o un giorno intero. Il rosso aveva perso il controllo anche sul tempo, ma finalmente arrivarono i rinforzi. La battaglia si accese ancora di più. Nessuno dei rimasti voleva cedere. Non dovevano cedere.
Estenuanti, resistenti, invincibili.
No, dovevano trovare uno spiraglio nella loro difesa. Dovevano assolutamente vincere.
Altri feriti si unirono alla lista.
Kirishima stava esaurendo tutto il suo potere, il fianco si era riaperto ed ogni caduta rovinosa gli provocava dolore.
Sì, si stava aggrappando al dolore fisico per non perdere la concentrazione.
Come se avesse energia infinita, una volta a terra si rialzava lanciandosi contro il nemico.
"Stupido! Finirai per farti ammazzare!" cercarono di farlo ragionare, ma in quel momento la testa di Kirishima urlava solo una cosa: uccidi.
Durò ancora molto a lungo, ma finalmente i tre Nomu vennero abbattuti, mentre dei Villain nessuna traccia.
Kirishima si guardò le mani tremanti, intrise di sangue misto tra il suo e quello del cadavere ai suoi piedi.
L'aveva ucciso.
L'aveva salvato.
A testa bassa si trascinò sulle sue gambe fino ad arrivare davanti al biondo. Gli si inginocchiò accanto, se lo appoggiò delicatamente al petto abbracciandolo. Delicatamente lo strinse a sé.
"Stupida testa calda..." sussurrò. Scoppiò a piangere quasi urlando.
Piangeva per il periodo della sua vita che stava trascorrendo.
Piangeva per le persone massacrate qualche stanza più in là.
Piangeva per il senso di colpa di aver ucciso il nemico.
Piangeva per la paura provata.
Piangeva, perché finalmente aveva avuto la risposta alle sue domande.
Era davanti alla porta della sala operatoria.
Di lì a poco ci sarebbero stati i solchi sul pavimento data la continua camminata del rosso. Recovery Girl lo aveva invitato più volte di farsi curare, ma non si faceva toccare da nessuno. Troppo agitato, troppi sensi di colpa, troppo vulnerabile.
La donna gli fece segno di sedersi accanto a lei. Quel dolce tenero sorriso materno creò una crepa nella sua testardaggine e si sedette.
"Non è in punto di morte. Devi solo dar loro il tempo di rimetterlo in sesto."
Il ragazzo si poggiò sulle ginocchia e, nascondendo il viso fra le mani, iniziò a piangere. Lei gli mise in mano sulla spalla.
"Sei proprio un bravo ragazzo. Vedi, purtroppo nella mia carriera ho visto anche morire degli eroi. Nonostante il mio raro quirk, quando mi portavano qualcuno in grave condizioni e non potevo curarli, mi sentivo come se avessi infranto ogni speranza e mi sentivo sempre impotente. Il nostro lavoro non è dei più semplici: ogni tanto capita anche di perdere e non parlo di battaglia fisica, ma quella che distrugge il nostro orgoglio.".
Il ragazzo si calmò al tocco e alle parole della saggia.
Troppe cose gli stavano accadendo ultimamente e la maggior parte erano negative.
Però doveva accettarlo: nonostante il suo lavoro consisteva nel salvare le persone, poteva anche capitare che le cose andassero per il verso sbagliato.
"Ne avranno ancora per un po', sarebbe così gentile da curarmi?" le chiese sorridendo.
"Volentieri." rispose lei ricambiando il gesto.
La medicazione durò poco meno di mezz'ora. L'altro donna gli suturò la ferita riaperta al fianco e gli mise i cerotti su vari punti del corpo. Alleviò il suo dolore con uno dei suoi baci magici e infine gli porse degli orsetti gommosi.
"Probabilmente dovrò chiedere scusa a tutti visto che ho quasi intralciato la missione." disse tutt'un tratto.
La donna si mise comoda sul suo sgabello.
"Sei ancora giovane e dovrai fare ancora molta esperienza nel capire quando è giusto un modo rispetto a un altro.".
Il ragazzo strinse i pugni.
"Una volta All Might mi disse: Se per me è la cosa giusta da fare, non importa con quali mezzi: io devo salvarne il più possibile." La  donna fece una breve pausa. "Per te era la cosa giusta da fare?" domandò.
Non si era posto quella domanda: in tutta quella lotta aveva solo pensato, nei pochi momenti di lucidità, di cercare di salvare tutti, ma in particolare voleva salvare quell'amico tanto prezioso.
Annuì: sì, per lui era stata la scelta giusta.
"Bene, allora non hai nulla di cui scusarti: hai fatto un ottimo lavoro eroe." gli rispose sorridendo.
Kirishima scoppiò di nuovo a piangere. A quelle parole si sentì realizzato: l'aveva chiamato eroe come se finalmente qualcuno si fosse accorto di lui come tale. Era abituato ai fan che lo fermavano o ai giornalisti che gli facevano domande dopo una missione per sapere le sue impressioni, però nessuno l'aveva chiamato così valorizzandone il significato.
Si asciugò gli occhi e si alzò.
"Forse è meglio che torni in sala d'attesa: voglio essere lì quando usciranno. Grazie mille per tutto." gli disse accennando un inchino e avviandosi verso la porta.
"Red Riot posso chiederti solo un'ultima cosa?"
"Certo, qualunque cosa."
"Beh, che cos'è per te quel ragazzo?"
Kirishima non esitò a rispondere con un sorriso enorme e un leggero rossore in viso.

The world needs heroes [KiriBaku]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora