Capitolo 8

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Ma voi ne avete uno degno?

Lawrence Anderson si era premurato di troncare il discorso con quella semplice domanda, poi lo aveva visto tentennare, quasi boccheggiare. E proprio in quel momento, mentre Till Zeigler sembrava brancolare nel buio, nel dubbio, gli aveva fatto un cenno per essere seguito altrove. Abbandonare la deserta zona nord in sua compagnia non sarebbe stato un problema, anche perché aveva accettato di renderlo partecipe di un segreto. Ma il fatto stesso che la strada sembrasse gelare ad ogni passo, che il vento si ribellasse in turbinii affrettati e letali, era solo l'incipit del loro arrivo in quello che poteva benissimo considerarsi come uno dei posti più oscuri del campo.

Accompagnato dall'espressione sardonica di Lawrence, quindi, Till continuò a camminare per interi minuti e senza neppure fare una domanda. In silenzio, assoggettato al ronzio della notte, mentre i lampioni ingiallivano il terreno e gettavano ombre lucubri tutt'attorno, si limitò a seguirlo. E una volta raggiunto il cuore marcio di Buchenwald – uno dei tanti che continuava a battere e ad arrancare – dovette farsi forza per serrare i denti e seguitare alle spalle del suo personale Cicerone. Ma più in basso lo portavano quelle scale, più aveva la sensazione che non sarebbe mai risalito in superficie – il campo lo avrebbe inghiottito, ne era sicuro, perché la passione che aveva Lawrence Anderson sembrava ancor più subdola della sua e, allo stesso tempo, anche più inquietante.

E quello fu decisamente l'apice del declino, la goccia che fece traboccare il vaso!

Di lì in avanti, Till Zeigler fu veramente convinto di aver visto ogni cosa esistente al mondo e solo per aver detto: Un segreto per un segreto. Lo aveva promesso con un cenno d'ironia e anche se in quel momento sembrava terribilmente convinto di poter sostenere tutto, si sbagliava. Non pareva più così sicuro di poter reggere il confronto con ciò a cui stava andando incontro con le proprie gambe – e di fuggire, di tornare indietro senza ledere il proprio orgoglio, non c'era modo. Perché lì, quando Lawrence Anderson aprì una delle porte di metallo, vide la cattiveria più nera: il marcio, la putrescenza, l'orrore.

Un sorrisetto glaciale e cinico si dipinse sul viso di Lawrence, mentre questi allargava le braccia e mostrava a Till il suo segreto – uno dei tanti, forse il minore.

I corpi ammassati di chissà chi si trovavano riversi sui tavolini metallici di quello che a prima vista sembrava solo un obitorio. Ma erano molto di più, perché taluni spuntavano deformi ed escoriati dai teli chiari, chiazzati di sangue.

Till deglutì a vuoto, ricacciando indietro un conato, constatando che quelle fossero soltanto cavie prive di vita. «Cos'è questo posto?» Domandò a denti stretti. E si portò subito una mano al viso per coprire il naso, per cercare di allontanare il fetore che gli aleggiava tutt'attorno.

«Il blocco quarantasei» spiegò alla svelta l'interpellato, facendo spallucce e iniziando ad aggirarsi tra i tavolini ben disposti per scegliere una bella postazione – una di quelle più inquietanti, probabilmente. Si fermò alle spalle di un cadavere dal volto deforme e lo mostrò in un batter d'occhio a Till. «Sorpreso?» Chiese, trattenendo a stento una risatina animata e lisciando il lenzuolo all'altezza dell'addome grottesco della cavia senza vita e senza nome.

«Perché venite qui?» Fece di getto, sollevando gli occhi chiari dal viso martoriato del cadavere per posarli su quello perfetto dell'altro che, noncurante, posò le dita attorno alla testa calva del cadavere.

«È solo uno dei posti che visito di tanto in tanto, mi piace conoscere lo stato d'avanzamento delle sperimentazioni mediche del Dottor Ding-Schuler

«C'è puzza di morte» constatò ad alta voce Till, sentendosi sbiancare dalla nausea che, irrimediabilmente, lo colse. La voce smorzata oltre il palmo. Ricacciò indietro un secondo conato e cercò di deglutire con risultati pressoché decenti.

Cuore di ferroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora