La logica avrebbe voluto che Till Zeigler cadesse addormentato quanto prima – se non nello stesso momento in cui Lawrence aveva deciso di ritirarsi per fare il preciso con gli orari da coprire e quelli da dedicare al riposo, perlomeno dopo il sorgere del sole. Eppure, malgrado l'adrenalina fosse ormai crollata a picco, le sue membra serbavano ancora un vero e proprio sprint nascosto. Non voleva saperne di tornare alla zona sud senza prima aver provveduto a spostare i tre corpi delle ragazze. Così aveva cercato qualche collega bendisposto e, dopo aver fatto un paio di buchi nell'acqua, era riuscito a trovare quello giusto. Ci aveva parlato qualche minuto, si era anche fatto offrire una sigaretta con la promessa di renderne due in cambio, infine si era rimboccato le maniche per sgomberare assieme a lui il perimetro del campo – tutto, ovviamente, prima di dargli il cambio effettivo per il turno di sorveglianza mattutina.
E in quel momento, mentre avanzava nella direzione del crematoio, scorse in lontananza una donna bruna che, fissa sull'ingresso dell'edificio speciale, teneva le mani premute sulla bocca. Si fermò un istante. Le sopracciglia aggrottate e la carcassa martoriata che strusciava sul terriccio. Allora batté le palpebre. Osservò dapprima l'orrore e la disperazione della donna, poi il corpo di quella che lui stesso aveva fatto correre incontro alla morte. E deglutì a vuoto. Si sentì improvvisamente colpevole e terribilmente irritato, mentre gli occhi di lei non avevano la benché minima intenzione di scollarglisi di dosso. L'ammonì in silenzio, dunque, senza voler gettare Buchenwald nel panico di una stupida scenata – oh, dopotutto era ancora ebbro della sensazione di onnipotenza che aveva provato fino a qualche ora prima! E non aveva bisogno di altra violenza, non in quel momento di assurda comunione con se stesso, o almeno così si disse. Ma nonostante avesse cercato di farla restare nei ranghi, questa si mosse ugualmente nella sua direzione.
Si strinse la vestaglia addosso e lo raggiunse alla svelta, venendo però fermata dall'altra SS che, sfoderata la pistola, gliela puntò contro senza troppe cerimonie.
«Allontanati!» Scattò questi. Lo sguardo fisso, disgustato, e il corpo puzzolente di un'altra vittima elettrificata sulle spalle.
Lei socchiuse le labbra, boccheggiò come un pesce e quasi arrestò la corsa. Infine deglutì e, tra un brivido di freddo e uno di paura, cercò di avvicinarsi ancora. Disse: «No, per favore, non...» E in quel momento smise di parlare. Con gli occhi sgranati, pieni di lacrime, perse il filo del discorso. Si mordicchiò le labbra e corrugò le sopracciglia. Tra i singhiozzi, però, riuscì a dire: «Quella è mia sorella, vi prego...» Un lamento accorato, poi le lacrime calde lungo le guance.
Till la squadrò in silenzio, con le labbra ben serrate. Non impiegò molto a capire chi fosse la fantomatica sorella, perciò sentì una lieve morsa all'altezza dello stomaco e si disse che mai avrebbe dovuto provarla. Tuttavia serrò la presa attorno alla caviglia del cadavere e si ritrovò a combattere nella duplice sensazione di potere e senso di colpa. Perché sì, non si era fatto il minimo scrupolo a tormentare le tre ragazze con la storia delle flessioni, della corsa o delle ingiurie; non aveva battuto ciglio nel vederle sanguinare e arrancare sulla terra attorno il bordello. No, lui aveva provato un'inquietante euforia, una lucida ebbrezza in perenne salita. E le aveva viste morire, aveva sorriso, si era sentito giusto. Stentava a credere fosse possibile rimpiangere tutto quello per delle lacrime da quattro soldi sul volto di una prigioniera qualunque – altra feccia, come avrebbe detto Lawrence Anderson.
Il paradosso, però, stava nel fatto che Lawrence non si trovasse lì.
E in quel momento, mentre Till Zeigler se ne rendeva conto, si sentì pungolare il petto fino a perdere le parole. Il briciolo d'umanità che si era dissolto nella notte prese a tormentarlo.
«Vattene!» L'SS al suo fianco indicò l'edificio speciale con la canna della Luger. Voleva farla tornare da dov'era venuta.
Tuttavia questa non si mosse. Con un mugolio addolorato, invece, implorò di restare. «Cos'ha fatto? Perché si è buttata contro la recinzione?» E si portò le mani al volto, coprì i propri dall'orrore della perdita. Dietro le palpebre, l'immagine marchiata a fuoco di sua sorella. «Perché?» Chiese ancora.
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Cuore di ferro
Narrativa StoricaTill Zeigler, varcata la soglia di Buchenwald nel 1940 come SS da campo, potrebbe benissimo essere considerato un esempio di pura razza. Ed è proprio quello in cui ha sempre creduto per tutto il corso della sua esistenza, ambendo sin da ragazzo a un...