Capitolo 2

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Quello che vogliamo.

Lawrence Anderson ghignò. La capacità di rendere qualcuno un pesce fuor d'acqua e il tono ironico, cinico, mentre apriva la porta del Sonderbau.

Till Zeigler si guardò attorno. Era spaesato, confuso, letteralmente sulle spine. Lungo la schiena, un brivido d'eccitazione e timore. Deglutì, ormai conscio di essere stato trascinato via dall'area sud del campo. E s'immerse in un posto mai visto, mai immaginato, un luogo che non gli era stato neppure accennato all'arrivo a Buchenwald.

Era particolare – anche troppo – e forse la parola più giusta per definirlo non era neppure quella! A Till bastò varcare la soglia per accorgersi dell'inquietante moltitudine di suoni che si affannavano lungo il corridoio, perciò deglutì e rimase in silenzio. Gli occhi puntati sulle spalle di Lawrence, lo sguardo attento e le orecchie distanti, chiuse. Domandò: «Dove siamo?» E sollevò di poco il tono per farsi udire meglio.

Lawrence sospirò piano, incamminandosi verso il fondo della struttura. «Ti ho portato a lavorare per la cagna di Buchenwald» rispose tranquillamente. Il passo misurato, complice di ogni atrocità nascosta. Si umettò le labbra, percependo i crucci di Till Zeigler nell'aria. Non aveva granché bisogno di guardarlo, tuttavia volle lanciargli un'occhiata veloce. E lo vide raggelare sul posto, accennò a un ghigno beffardo. Si disse: L'ignoto è il dubbio più brutto, il più letale. Il dubbio è la paura più grande. Parole che Till Zeigler sentì sue un attimo dopo e senza nemmeno averle udite.

Batté le palpebre un sola volta, fiancheggiando Lawrence Anderson, e si trovò a riflettere sull'appellativo cagna di Buchenwald. Mai avrebbe creduto che si lavorasse per un cane o una cagna, soprattutto in un edificio speciale, il Sonderbau. Forse, si disse, le parole di Lawrence dovevano essere ironiche. La sua espressione, tuttavia, lo depistava: era tutto fuorché poco convinta. «Questo è il bordello, non è vero?» Chiese più sommessamente, notando quanto la voce impostata di Lawrence Anderson non fosse mutata malgrado i lamenti e le grida.

«Sì, per questo è interessante» commentò l'interpellato, non mancando di ghignare in modo ben poco rassicurante. Riuscì anche a far aggrottare le sopracciglia chiare di Till nell'aggiungere: «C'è una persona che mi sta aspettando in fondo al corridoio.» E prese una piccola pausa per guardarlo, per sondarlo. «Lo sanno tutti, per questo vorrei presentartela...»

«Perché queste persone sono qui?» Chiese di getto Till, sorvolando su quel qualcuno appena citato. Subito dopo, però, si diede mentalmente dell'idiota e scioccò la lingua. Avrebbe dovuto saperlo da sé, perché era risaputo – almeno fra le sue conoscenze – che Heinrich Himmler avesse deciso di far erigere posti come quello nei maggiori campi di concentramento. Non era né il primo, né l'ultimo. Gli edifici speciali avevano una funzione ricreativa per le SS da campo.

«Questi individui sono stati forniti di libero arbitrio per un'ultima volta nella loro miserabile vita...» soffiò atono Lawrence, echeggiando di verità indiscussa. «La scelta era facile, però, così come la promessa che c'è dietro – sebbene sia tutto fuorché incline a essere mantenuta.» Non guardò Till, procedette solo a passo spedito verso il fondo del corridoio. Sapeva bene cosa spiegare e cosa lasciare intendere: si rifiutava di credere che Till Zeigler fosse così tanto all'oscuro delle pratiche interne dei campi di concentramento, perché da quanto gli era giunto all'orecchio era a sua volta portatore di numerose conoscenze tra le alte sfere. «Il comandante Koch me lo ha detto espressamente, sapete? Ha anche chiuso un occhio per alcuni di questi esemplari» disse dapprima ironico e poi convinto, divertito. «Stiamo andando proprio da uno di questi.»

Till non rispose a quella piccola provocazione, aggrottò semplicemente le sopracciglia. Parve confuso, forse ancora più spaesato. Non aveva la benché minima idea di cosa significasse chiudere un occhio in un simile contesto. Ma quando Lawrence Anderson aprì la porta – l'ultima sulla sinistra – ciò che vide gli fece intendere fin troppo bene la situazione. E strabuzzò gli occhi, sì, trasalendo sul posto. «Non era forse un bordello, questo?» Chiese. Arricciò il naso e batté palpebre con disappunto.

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