Till Zeigler ricordava a malapena il ragazzo che aveva visto nell'edificio speciale. Ciò che davvero gli era rimasto impresso – oltre i lamenti del Sonderbau – era la bellissima aquila che Lawrence aveva concluso di fronte ai suoi occhi.
Non gli era mai capitato di assistere a qualcosa del genere, doveva ammetterlo. Malgrado il suo braccio sinistro riportasse il tatuaggio obbligatorio delle SS, era certo che quella di Lawrence fosse vera e propria arte. E Ilse Koch non sbagliava, anzi: aveva ragione. Non c'era altro modo per definirla, perché molti pittori sarebbero impalliditi di fronte al maestoso volatile che, notte dopo notte, aveva preso forma sulla schiena del detenuto di Buchenwald.
Lawrence Anderson era un vero artista – del macabro, certo, ma pur sempre un artista – e non un semplice tatuatore di numeri. Nei suoi tratti c'era una maestria tale, una bravura tale, che Till riusciva a stento a comprendere. Perciò aveva passato le ore seguenti a fantasticare su quel prodigio e se lo era figurato come un immigrato appena nato, come il figlio di una famiglia mista ormai dedita al Reich, perfino come il lontanissimo discendente di un tale dal cognome sbagliato.
Magari la sua famiglia si era trasferita da parecchio, chissà. E quella sì che sembrava l'idea più congeniale! Forse, malgrado il suo nome stentasse a far venire in mente la Razza, era davvero la chiara rappresentazione di come sarebbe dovuta essere la nuova generazione. Dopotutto non era il primo che veniva da fuori, che sembrava non-ariano pur essendo ariano. A parlare erano i dati, i fatti, e non la fantasia: il Progetto Lebensborn vedeva molti giovani stranieri come nuovi esemplari della razza suprema mediante l'adozione di famiglie Tedesche. E Lawrence era un giovane molto promettente – seppur poco più basso di lui – con la presa salda, ferrea, e la forza ben calibrata. A condire il tutto, ovviamente, una spietatezza senza eguali: naturale predilezione per il disegno e per il sangue. Questo lo rendeva diverso, lo rendeva folle, ma non era stato forse il campo ad aver tirato fuori il suo peggio?
Buchenwald avrebbe fatto altrettanto con Till Zeigler e con tutti i nuovi arrivi, sembrava quasi scontato, perché una valvola di sfogo così vicina avrebbe reso bestia ogni uomo.
Ad ogni modo, Till era rimasto in giro per la zona nord come gli era stato chiesto da Lawrence. Si era adattato ai diversi ambienti e li aveva visti tutti, uno a uno, senza nessuna esclusione. Aveva perfino fatto conversazione con altre guardie – presentate sempre da Lawrence, ovviamente. E in quel momento, sulla soglia d'addormentarsi si trovò a ricordare tutti i loro volti e le loro parole che, mischiandosi ai suoni del Sonderbau, sembrarono improvvisamente assumere delle connotazioni diaboliche.
Ma era assurdo pensare che Till avesse un'idea simile di Buchenwald, perché quello – proprio come diceva la concezione comune – era un luogo necessario, la meta dei suoi sogni. Tuttavia quegli stessi sogni diventarono incubi nel momento in cui le ombre della notte presero a confondersi tra loro.
"Quando gli esemplari provengono da differenti parti del mondo i naturalisti molto spesso discutono questa stessa questione, come è capitato a me con gli uccelli portati dalle isole Galapagos", scrisse Charles Darwin.
Era proprio così, ne era certo. E molti uomini avevano ceduto all'irrimediabile pulsazione della carne. Ma non semplice carne, no: erano carni diverse, quelle, scorte per errore o semplicemente per diletto; erano carni colpevoli della condotta altrui, carni assoggettate alla scia genealogica che, non dissimile dalla classica piramide sociale o alimentare, dettava legge su popoli e bestie. Contendersi la supremazia era inutile, perché dovevano essere domate fino all'ultimo respiro.
Mentre Till rifletteva su quell'eventualità, il mondo che conosceva tanto bene stava cadendo a picco, giù, quasi come la torre degli Arcani – e qualcuno, forse un astrologo, doveva averglielo suggerito all'orecchio. Un grillo parlante, chissà, magari incarnando una coscienza che non pareva essere di quelle parti. Lui non credeva nelle predizioni, a suo dire si trattava solo di sciocche superstizioni da debellare. Allo stesso tempo, però, aveva il vago sentore di dover adottare un approccio diverso, forse accomodante, nei confronti di una simile categoria di persone – per lo meno a livello conoscitivo, ecco, perché avrebbe sborsato fior fior di quattrini per avere a sua disposizione la stessa capacità di quei curiosi individui dalle braccia corte e la lingua eccessivamente lunga.
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Cuore di ferro
Historical FictionTill Zeigler, varcata la soglia di Buchenwald nel 1940 come SS da campo, potrebbe benissimo essere considerato un esempio di pura razza. Ed è proprio quello in cui ha sempre creduto per tutto il corso della sua esistenza, ambendo sin da ragazzo a un...