Vodka

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Non ne avevo voglia, ma dovevo farlo.
In ospedale non mi ero presentata. Avevo mandato regali su regali ma il risultato era lo stesso. Non mi ero ancora fatta viva. Non si trattava solo di un legame di parentela, non eravamo semplicemente due cugine, ma due sorelle che erano cresciute insieme.
Per cui dovevo prepararmi al meglio per conoscere questa nuova vita. Mi trucco e metto le scarpe alte. Non sono certo del giusto umore ma cerco di farmi forza. Devo uscire dal torpore e scrollarmi di dosso tutti i residui.
Prendo la macchina e vado a comprare l'ennesimo regalino. Sono la zia, non posso presentarmi a mani vuote.
Suono il campanello e in quei pochi secondi sotto il portone, al freddo, mi dico di sfoderare il mio sorriso migliore e di godermi questa visita e queste chiacchiere senza lasciare che nulla mi rattristi.
Mi apre Samuel, lo bacio e abbraccio con trasporto

Tanti auguri papà

Mi sorride
Ed eccomi qua. Entrare in una casa, di persone amate, in punta di piedi dove batte una nuova vita. Dove tutto è inevitabilmente diverso ora. La casa stessa lo è.
Due persone che si amano decidono di dare la vita ad una terza persona. Inconsapevole di tutto e bisognosa di amore, attenzioni e cure costanti. Tutti i tempi si mettono al suo servizio. Un limbo dentro cui i due genitori si rifugiano, almeno per un po'.
È avvolgente, si respira calma e serenità. Ne sono ammaliata. Mi lascio cadere sul divano e scambio i primi convenevoli. Com'è andato il parto, com'è stato il rientro e come va la nuova routine. Poi finalmente chiedo di poterlo tenere in braccio.
I genitori mi accordano il permesso.
Un piccolo fagotto da stringere a me, avevo avuto due gemelli costantemente in braccio ma con il passare del tempo certe sensazioni si dimenticano. Come sarebbe bello ora avere un neonato da amare.
Poi mi dico: si ma con chi?
Rido tra me e me. Con il mio ex marito avevamo già contribuito largamente e Saverio ora non c'era più.
Riderci su comunque mi fa bene. Le cose vanno come devono andare e buonanotte ai suonatori. Ma buonanotte proprio.
Mi rifocalizzo sul bambino. Il suo profumo buonissimo, le sue manine. Che spettacolo la vita. Rendo il piccolo alla mamma e mi lascio portare dovunque le chiacchiere vadano. Dopo il caffè mi preparo per andarmene. Devo andare a lavorare.
Bacio tutti e in punta di piedi come sono arrivata vado via.
Appena fuori la porta di casa loro non sento più la magia e quel calore avvolgente. Quasi quasi vorrei rientrare e chiedere di poter rimanere. Sbuffo. Vado alla macchina e mi metto alla guida. Voglio fermarmi in quel bar dove mi sono sciolta in lacrime mentre bevevo il cappuccino. Mi rendo conto che devo ripareggiare tra tutto quell'amore e la vita reale fuori. Ho bisogno di una vodka e poi veramente non metterò più piede in quel bar. Forse.

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