capitolo 19

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Allison PoV
 
-Ma io ho bisogno di te -
Improvvisamente, non vedo altro che gli occhi di Peter davanti a me, guardare intensamente nei miei. Le parole mi muoiono in gola, incapaci di uscire, mentre faccio l'unica cosa che mi pare naturale in questo momento. Afferro il bordo del collo del costume di Peter e lo attiro a me, facendo collidere le nostre labbra. I nostri respiri tremanti e veloci si mescolano, in un unico e lento bacio casto, che basta per farmi provare milioni di brividi in tutto il corpo. Quando mi stacco dal bacio, apro gli occhi e vedo Peter guardarmi con una strana luce negli occhi. Posso vedere paura, ansia...ma anche qualcos'altro, qualcosa che non ho mai visto in lui.
Rimaniamo entrambi in silenzio, studiando l'uno gli occhi dell'altra, fino a quando sorrido leggermente:-Torno subito, Parker-
Sfruttando la sua momentanea paralisi, riesco a sgattagliolare fuori dal nostro nascondiglio, rendendomi visibile la battaglia. I miei amici stanno combattendo intensamente, ma sembrano aver recuperato terreno contro gli uomini di Watts in armatura.
Nessuno dei quattro vendicatori mi vede, troppo concentrati nella battaglia, così riesco ad uscire dalla stanza.
Cominciando a correre, mi inoltro tra i corridoi che ormai conosco a memoria, dopo nove anni passati rinchiusa qui sotto. Mi fermo soltanto quando vedo una porta verde più che familiare: la mia camera da letto.
Avvicini tremante la mia mano alla maniglia arrugginita. Quando sento un gemito di dolore provenire da oltre la porta sussulto e con un movimento rapido e secco, abbasso la maniglia, spalancando poi la porta.
Il paesaggo che mi ritrovo davanti agli occhi è la cosa più terribile che io abbia mai visto in tutta la mia vita...e io di cose brutte ne ho viste.
Mio padre è appeso a quello che un tempo era il mio letto, appoggiato verticalmente alla parete frontale. Il letto non ha il materasso, cosí Watts é riuscito a legare facilmente i polsi e le caviglie di mio padre alle doghe di ferro dello scheletro del letto. L'armatura di mio padre è ai suoi piedi, completamente distrutta. Mio padre é rimasto in un paio di pantaloni della tuta nera e una canottiera bianca, chiazzata da macchie di sangue e numerosi tagli. Ha il viso chino verso terra, cosí non capisco se sia vivo o no. Un gemito di sofferenza e terrore mi si forma in gola, mentre studio il corpo inerme di mio padre.
Il mio sguardo si sposta lentamente verso l'uomo che è di fronte a mio padre...più precisamente l'uomo che odio di più al mondo, e ancora più precisamente...
-Watts- dico ad alta voce, facendo voltare lo scienziato verso di me.
Rivederlo mi fa provare immediatamente tantissime emozioni diverse, tutte profondamente negative.
I suoi occhi gelidi spalancato mi studiando da capo a piedi, facendo fatica a credere a loro stessi -Allison?-
-Esatto, brutto stronzo- sputo fuori amaramente -Non sono ancora morta-
Watts rimane fermo a guardarmi, con la bocca leggermente aperta, quando i miei occhi si proiettano di nuovo su mio padre, il cui torace ora si sta alzando e abbassando tremante, segno che è ancora vivo.
L'incredibile senso di sollievo che ho provato per un breve momento scompare tutto d'un tratto quando mio padre alza il capo, rivelando un volto segnato da tagli e graffi sanguinanti, lividi viola e macchie nere e blu, un labbro rotto e violaceo. Ma la cosa che più mi fa male, è l'intensità con cui i suoi occhi mi stanno guardando. Velati di lacrime, mi stanno ordinando di andarmene, di abbandonarlo lí, appeso ad un letto di metallo.
-Papà- sussurro con voce talmente fievole da essere inudibile.
-All..Allison..- mormora lui, scuotendo la testa debolmente -Va...va v..via-
-Oh, no- interrompe la voce fredda di Watts -Lei resta qui, ora-
Lo guardo negli occhi con sguardo di fuoco.
-Se non sono riuscito ad ucciderlo una volta, lo farò ora- dice sorridendo, estraendo una pistola da una delle tasche dei suoi pantaloni.
Immediatamente, mi lancio su di lui, urlando. Lui subito intercetta i miei movimenti, intrappolandomi facilmente al muro con un braccio.
In preda alla rabbia, comincio a graffiargli il braccio con le unghie e scalciare, ringhiandogli in faccia.
-Oh, figliola- dice lui dolcemente -Sei così stupida. Ti ho insegnato io come combattere, pensi che non sappia come difendermi da te?- sorride -Anche se ora sei invredibilmente forte e resistente...sono stato io a crearti, sono stato io. Perciò possiedo i giusti strumenti per distruggerti-
Decido di calmarmi, così smetto di calciare e ringhiare. Lo fisso negli occhi, cercando di trasmettergli soltanto con lo sguardo tutto l'odio che provo per lui. Con più amarezza possibile, comincio a parlare, lentamente, scandendo ogni singola parola:-Non sei stato tu a crearmi, tu mi hai soltanto rovinato la vita. Forse sí, hai ragione, sei stato tu a insegnarmi come combattere...ma si può sempre cambiare metodo di apprendimento, giusto?-
Lui pare disorientarsi per un attimo, con un fremito ad un labbro. Gli sorrido dolcemente:-Soprattutto quando i tuoi nuovi insegnanti sono gli Avengers-
Seguendo i consigli dati da Natasha e il resto della squadra durante i mesi passati alla Tower, riesco a liberarmi dalla presa di Watts e ritrovarmi dietro di lui. Con mosse agili e naturali, riesco a contrastarlo, riuscendo dopo qualche minuto a spingerlo contro la parete opposta a quella a cui sto dando le spalle, con tutta la forza che ho in corpo. La sua schiena sbatte contro il muro di cemento con un rumore poco promettente per le sue ossa, mentre scivola a terra gemendo.
Estraggo la pistola dalla cintura del mio costume nero e la punto verso il corpo atterrito di Watts.
Lui ridacchia guardandomi, con una strisciolina di sangue che gli esce dalla bocca e dal naso:-Fallo- dice sorridendo gelido.
-Ti piacerebbe- rispondo sorridendo a mia volta. Premo il grilletto, sapendo che tutto quello che ne uscirà sarà un proiettile sedativo, per fargli perdere i sensi. Il sedativo gli colpisce la spalla, facendogli abbassare lo sguardo su di essa e ridacchiare:-Sei sveglia, ragazzina- mormora Watts, prima di cadere in un sonno profondo.
Gettando la pistola a terra, mi avvicino velocemente al corpo di mio padre. Mi affretto a slegargli i polsi, mentre lui alza lo sguardo su di me e dice piano:-Sei impossibile, lo sai?-
Sorrido, guardandolo negli occhi:-Sono tua figlia-

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