15.

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Becky's Pov
Cammino frettolosamente verso il parcheggio di fronte a casa mia.
Ripenso alla conversazione avuta ieri sera e mi sale il nervoso: James non ha fatto altro che dirmi che potevo tranquillamente non venire all'incontro, che se la sarebbe cavata benissimo da solo.
Ora, non per fare la superiore, ma io sono sicura che se oggi non porto le chiappe in quell'ufficio ci sarà sicuramente qualcosa che andrà storto. Anche solo una cosa banale, tipo James che si perde in un paese dove é a malapena in grado di dire ciao, ma qualcosa accadrà.
Per questo motivo ho deciso deliberatamente e con una bella dose di faccia tosta di ignorare completamente le sue indicazioni e presentarmi lo stesso, tanto per cambiare.

Attraverso la strada e salgo in macchina.
É abbastanza presto perciò farò in tempo a fare colazione una volta arrivata.
Per mia fortuna, o meglio, per mia furbizia, sono riuscita a scoprire dove si svolgerà il colloquio con il rappresentante della TechSoft chiedendo a Mary.
Imposto il navigatore e scopro che si tratta di un hotel poco lontano da quello dove alloggia attualmente James. Sarà una coincidenza?

Durante tutto il tragitto provo ad immaginarmi la persona che potremmo trovarci davanti di lì a poco. Magari è un signore prossimo alla pensione, tipo Jeremy, forse anche simpatico come lui.
Scaccio dalla testa l'idea di trovarmi davanti un'arrogante e logorroica copia di James, e spero nella prima opzione.
A proposito, non ho ancora pensato a cosa dirgli nel momento in cui mi vedrà lì.

Dopo 45 minuti di strada sono arrivata, decisamente in anticipo di quasi un'ora.
Non si sa mai nella vita.
Parcheggio la macchina nel parcheggio privato dell'hotel riservato per i convegni, poi decido di farmi due passi a piedi sperando di trovare un bar dove poter fare colazione.
Restare in hotel onestamente non mi va, anche perché James potrebbe arrivare da un momento all'altro e preferisco evitare inutili discussioni e farlo innervosire prima dell'incontro.
Sorseggio il mio cappuccino e rimango seduta fino a quando l'orologio me lo consente e poi, dopo aver pagato, mi incammino verso l'hotel Maya.

Adoro le strade di Milano. Ci vengo piuttosto raramente, ma quando ci vengo mi vengono in mente sempre dei bellissimi ricordi di questa città, soprattutto del periodo delle superiori.

Quando arrivo ed entro noto che la Hall é leggermente affollata. Mi rendo conto che tra queste persone potrebbe esserci James, e anche il nostro caro inviato dalla TechSoft.
Trattengo una risata al pensiero di quello che il mio capo ottimista riuscirà a combinare con l'Italiano, poi mi sento un po' in colpa per averlo preso in giro tra me e me.
Mi reco alla Reception.
«Salve, sono qui per un incontro prenotato con l'azienda TechSoft. Sono una rappresentante della AdCorporate» dico sorridendo alla ragazza in divisa.
«Buongiorno, può andare da quella parte» e mi indica un lungo corridoio vicino ad un cartello che indica "Sala Convegni" «all'ingresso troverà il mio collega che la farà accomodare» dice formale.
Ringrazio e seguo le indicazioni.
Quando arrivo trovo la porta chiusa. Eppure mi sembra strano che non sia ancora arrivato nessuno, possibile? Del collega di cui parlava la receptionist nemmeno l'ombra.

Apro lentamente la porta e mi rendo conto di sentire un basso brusio provenire dall'interno.
Non appena apro la porta la gente presente, una decina di persone, si gira verso di me e mi fissa.
Ecco James, lo vedo. Non sembra molto sorpreso di vedermi, anzi, distoglie subito lo sguardo da me per riportarlo sulla persona con cui è intento a dialogare in inglese.

Richiudo la porta dietro di me e mi siedo sulla prima sedia che trovo vicino, cercando disperatamente di distogliere l'attenzione da me, dimenticandomi di qualsiasi altra cosa.
Quando tutta l'attenzione é tornata a James, cerco di individuare la persona con cui sta parlando, coperta dietro a un signore alto e corpulento che sta facendo andare un proiettore.
«Il vostro software è perfetto per noi, ne faremo buon uso. Mi conosci, sai come lavoro, Cara» il tono di James è mellifluo.
Cara?
Finalmente l'uomo del proiettore si sposta di lí, rivelando la presenza di... una donna?!
E che donna. Alta, slanciata, tacco dodici. Elegante. In confronto io sembro la segretaria zitella di turno con le scarpe da nonna.
Nel frattempo lei ride ad una sua battuta, una risata elegante e composta.
Vorrei poter ridere e sembrare sicura di me allo stesso tempo, proprio come lei!
«Non mi aspettavo di trovare proprio te, Jay. È stata una bella sorpresa» gli dice lei, come se fossero soli, con un accento molto simile al mio ma più leggero. Deve essere italiana, o comunque avere delle origini italiane.
Ma vogliamo parlare di "Jay"? Ma siamo seri?

«Non ne dubitavo. Che ne dici se dopo usciamo a pranzo?» chiede lui, quasi ammiccando.
Ah giusto, il famoso pranzo.
É così che si fa, basta invitarle a pranzo, vero Jay?
«Si può fare dai, così approfondiamo questa cosa del software più in privato» ribatte lei.
Potrei giurare sul fatto che é suonato esattamente come un doppio senso bello e buono.
Cosa diavolo sta succedendo? Cosa sto sentendo?
«Perfetto! Mi sembra ragionevole!» se ne esce lui, in Italiano. Una delle tante frasi fatte che gli ho insegnato io.
Lei sembra cascarci completamente, tanto che sembra che la sua mandibola sia scesa dello stesso dislivello delle sue scarpe.
«No! Ma dai! Sai l'italiano?!» dice lei.
«Qualcosina» risponde il traditore infame, passandosi una mano tra i capelli.
Qualcosina? Qualcosina?! La sottoscritta ti ha insegnato tutto quello che sai! E non di certo per fare il beccamorto con una stangona come LEI, vorrei gridargli.
Non so per quale assurda ragione infantile, ma mi sento tradita.
«Allora ci vediamo dopo» le dice.

Il siparietto sembra finito.
Le persone si mettono a chiacchierare tra di loro, nessuno si prende nemmeno la briga di venire a chiedere chi sono o a scambiare due parole. Rimango nelle file dietro, da sola, a cercare di capire che fare.
James sta venendo nella mia direzione.
«Che ci fai tu qui?» mi chiede scocciato.
Mi innervosisco soltanto.
«Scusami, ho interrotto qualcosa?» gli chiedo fredda.
«Woah, ma che hai?»
«Possiamo uscire e parlare un secondo?» mi alzo.
Inarca le sopracciglia e mi fissa cercando di capire, poi dice solamente «d'accordo» e mi segue fuori.
Quando siamo fuori lontani da occhi indiscreti mi rendo conto di non sapere bene nemmeno io cosa dirgli.

Mi schiarisco la voce.
«Vuoi dirmi che ho passato mezza giornata e tutta la mia pazienza per insegnarti a flirtare in Italiano?» chiedo pungente.
«No?» mi risponde lui, guardandomi come se fosse ovvio.
«E allora spiegami che cosa ho appena visto!» vado su tutte le furie, «ti sembra il modo di trattare sul lavoro, questo?»
«Innanzitutto calmati, primo. Secondo, il fine» sottolinea l'ultima parola «é quello di ottenere il Software. I mezzi li decido io. E tu non ti devi intromettere. Per di più ti avevo pure detto di non venire» replica furibondo.
Ma io sono più furiosa di lui.
«Non dovevo venire così ti potevo lasciare il via libera con la tua amichetta?» non riesco a controllarmi.
La sua faccia diventa una maschera di odio.
Tira un respiro profondo.
«Rebecca meglio se vai a casa ora» dice incazzato.
«Sí. Lo penso anche io. Buon pranzo.» sputo veleno.
«Voi donne siete incredibili» continua lui ridendo sarcasticamente. «Siete capaci di fare scenate per cose così futili. Che importa per cosa mi hai insegnato, l'importante è che tu l'abbia fatto, no?» domanda logico, come se fosse più una domanda a sé stesso che altro.
Non so cosa rispondere.
Lo guardo male.
«Io ho sacrificato due mie giornate di ferie per prima insegnare, poi vedere flirtare il mio capo. Che giornate proficue e utili per il mio tirocinio! Devo assolutamente inserirlo nel mio curriculum» dico sempre più con astio.
«Rebecca ora stai esagerando. Non sapevo nemmeno che ci sarebbe stata Cara all'incontro, ma cosa mi sto giustificando a fare con te, che non vali niente e che tra tre mesi sei fuori. Vai a giocare alla bella laureanda, e cresci prima di tornare in ufficio di nuovo, altrimenti non presentarti proprio» dice guardandomi, fuori di sé.
Io ammutolita.
Giro i tacchi ed esco dalla stanza.

Per tutto il tragitto fino a casa gusto in bocca un sapore amaro. Mi tremano le mani per colpa dell'adrenalina ancora in circolo. Non riesco nemmeno a produrre un pensiero razionale.
Guido e basta, fino a casa, per quasi un'ora.

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