- Capitolo 2 -

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Quel giorno, Aurora si trovò a pranzare con altri 15 uomini tra cui suo fratello e suo padre.

Osservava attentamente i visi sorridenti e gioiosi delle persone attorno a sé, ma percepiva a pelle la finzione. Perché suo padre non riusciva a capire che tutti coloro che sedevano accanto a lui lo stavano prendendo in giro? Non capiva che tutto quanto era una montatura solo per "conquistarlo" e forse, per "spillargli"qualche migliaio di euro? Era annoiata. Odiava parlare di tutta quella situazione, ma era inevitabile. Se fosse stato solo per lei, sarebbe passata subito all'azione. E invece? Nulla.

Finito il pranzo, si congedò e andò in macchina accompagnata dal suo sempre fidato, Michele. 

Lui, come sempre, aprii la portiera, la fece entrare e lei gli chiese di andare in piazza. Quella città era molto piccola, ma già da subito si era sentita come a casa, se non di più. Tutte le persone erano cordiali, la salutavano senza che lei le conoscesse.

Era ancora sovrappensiero, quando ad un tratto Michele frenò bruscamente e la fece sbattere contro il sedile anteriore della vettura. Aprii gli occhi, ancora sbigottita e si affacciò dal finestrino accorgendosi che Michele stava discutendo con un uomo. Ma cosa stava succedendo? Era curiosa.

Scese con molta eleganza dall'auto in modo che le persone che si erano affacciate la guardassero con bocca aperta e con venerazione. Si diresse con disinvoltura verso i due uomini e si accorse che ce n'era un terzo.

Il suo sorriso si tramutò in una smorfia di sdegno quando osservò i due ragazzi che parlavano animatamente con il suo autista. Aurora osservava i loro vestiti putridi e sudati. Le salì un conato di vomito quando si avvicinò a loro ma doveva farlo. Sembravano degli straccioni, forse erano dei malviventi. Si trovava lì, per strada, sotto il caldo cocente di Marzo con indosso un tailleur nero. Sistemò la sua lunga e ondulata chioma bionda e, come una pantera nera, camminò fino ad arrivare al gruppo dei tre uomini. Li osservò per un istante. Forse stavano avendo una discussione accesa.

"Qui ci vuole il mio intervento" Pensò.

-Buon pomeriggio. Sono Aurora Pace, figlia di Aurelio Pace, della "Paxair" - disse con voce elegante e con tono calmo, aggiungendo un pizzico di altezzosità.

-Mi scuso a nome del mio autista per avervi quasi investiti. Ok possiamo andare uff.. -sbuffò. Poi li osservò da capo a piedi con riluttanza.

-Vi siete fatti qualcosa!? Ok non avete avuto traumi, anche se non me ne frega un accidente- disse con nonchalance.

- Vi do il permesso di andarvene- Fece un cenno con la mano e fece dietro-front. Il suo tono era incavolato e menefreghista, molto superficiale. Nessuno fiatava. Erano rimasti tutti imbambolati dal suo atteggiamento da sbruffona. Si voltò e urlò in faccia ai due ragazzi - siete ancora qui? Cosa volete!? Foto? Andate immediatamente via!-.

- Senti signora, signorina o non so, noi stavamo finendo sotto l'auto, come puoi avere la faccia tosta di rivolgerti in questo modo a noi? Ma chi credi di essere? Forse la tua bellezza, ti ha ridotto il cervello in un minuscolo arachide. Non azzardarti ad alzare la voce perché non so cosa ti potrebbe succede, ok?   - Le urlò il ragazzo moro con la barba.

Aurora restò a bocca aperta. Provò a riaprirla per dire qualcosa, ma la richiuse saggiamente. Nessuno mai le aveva detto delle cose in modo così sfacciato.

Strinse forte le mani in due pugni e iniziò a cambiare colore.

Che offesa! Ma come si era permesso! Quel pezzente non solo le aveva rivolto la parola ma addirittura l'aveva offesa! 

Aurora lo guardò con tono minaccioso e si avvicinò al ragazzo, lasciando pochi centimetri dal suo viso. Non faceva così tanta puzza, anzi, sotto quei vestiti sudici vi era un bell'odore di menta e talco. I loro occhi s'incrociarono e restarono così, come se fossero attirati da una calamita. 

La Forza del Destino. Sara-IndelebileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora