Capitolo 11

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  • Dedicata a N.H
                                    

20 Saturday, November 2014

02.30 A.M

Manhattan, U.S.A

Nonostante l'ora, non riesco a dormire.

I miei pensieri tormentano il mio sonno, trasformandoli in orribili incubi.

Ho paura a chiudere occhio.

Penso che farò la nottata in bianco.

Passerò a scrivere e disegnare, come tutte le altre notti, aspettando che il buio se ne vada e il sole sorga.

Amo le sfumature del cielo all'alba.

Quei colori che se li guardi, ti senti protetto, quei colori brillanti ma allo stesso tempo tenui.

Quando guardo il cielo all'alba, mi sento salva.

Capisco che è finita, che i mostri delle mie paure se ne sono andati via e posso tranquillizzarmi.

Il pensiero.

L'arma più potente che potrebbe essere usata contro un essere umano.

La nostra mente è un vortice di pensieri che s'intrecciano tra di loro.

Un viavai continuo.

Giovedì, mia madre mi ha costretta ad andare da Chris per riconsegnarli le cesoie che ha usato per spuntare delle piante.

Bussai alla porta e aprì una ragazza.

Bellissima.

Era ancora in accapatoio, probabilmente si era appena fatta una doccia.

Rimasi a fissarla per qualche istante, lì, impalata, come una cogliona.

"Chi è?" Sentii Chris, urlare dal piano di sopra.

Scese le scale e venne alla porta.

"Rae.." Disse, sorpreso della mia presenza.

Non so perché, ma il fatto che mi avesse chiamata in quel modo mi aveva ferita.

Gli passai le cesoie e me ne andai di fretta.

"Aspetta Rae!" Disse, correndo verso di me.

Mi prese una mano.

Mi voltai e lo guardai male.

Rimase fermo, senza dire nulla.

Mi ripresi la mano e ritornai a casa.

Cosa stavo facendo?

Perché mi dava così fastidio l'averlo visto insieme a quella ragazza?

Non riuscivo a capire nulla, semplicemente sentivo un dolore, all'altezza del petto... Un dolore così forte da soffocare.

Come se tutta l'aria fosse sparita tutta d'un tratto.

Nulla.

Non ho più sentito nulla.

Ero okay, stavo bene, davvero.

Pochi minuti dopo l'accaduto, Chris venne a casa nostra.

Mamma ovviamente gli disse che ero in camera.

Aprì la porta rumorosamente e mi voltai.

Lo guardai malissimo e mi girai verso il foglio sul quale stavo scrivendo.

"Rae..." Disse, sedendosi sul mio letto.

Segnai sul foglio che avrei dovuto disinfettare quella parte di letto.

"Volevo dirti che.."

Sospirai.

Presi il cellulare e le cuffie.

Me le infilai nelle orecchie e misi una traccia di musica classica.

Il suono del pianoforte, era l'unico che riusciva a rilassarmi.

Chiusi gli occhi e sorrisi.

Stavo bene, sul serio.

Tutto ad un tratto, Chris mi tirò via le cuffiette.

"Ascoltami, per favore." Disse, facendomi voltare verso di lui.

Sbattei le mani sulla scrivania e scattai in piedi.

Finalmente avevo capito che tipo di persona era in realtà, e lo detestavo, come nessun altro.

Gli diedi un ceffone e lo spinsi fuori dalla porta, la chiusi sbattendogliela in faccia.

Stavo per scoppiare.

La verità è che non stavo bene, affatto.

Era una bugia bella e grossa e me lo continuavo a ripetere perché in realtà non riuscivo ad accettare la realtà dei fatti.

Stavo andando a pezzi.

Man mano che proseguo lungo questo tortuoso sentiero chiamato vita, perdo per la strada parti di me, che non riavrò mai più indietro.

E alla fine, non rimarrà più nulla.

Nulla.

Escape #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora