Capitolo 22: Vertigini

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BRIAN

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BRIAN

Avverto mia mamma avvicinarsi con passi silenziosi alla porta aperta del bagno. Se ne resta ferma lì in piedi, con una spalla appoggiata allo stipite, e stranamente non dice nulla.

Da quando è arrivata Claire in effetti appare molto più clama nei miei confronti e, di conseguenza, anche io non do in escandescenza così spesso come prima. Le cose tra noi sembrano funzionare nonostante mia sorella si sia fermata a casa soltanto per il fine settimana e poi si sia spostata in città, per vedere la sua migliore amica del liceo e fermarsi a dormire nel suo appartamento.

Getto una rapida occhiata all'espressione serena sul volto della mamma, poi torno ad osservarmi nello specchio posto sopra il lavandino e davanti al quale sono in piedi da cinque minuti buoni. Mi passo una mano tra i capelli per l'ennesima volta e tento di sistemarmeli dietro le orecchie. Ma che sto facendo? Non è da me preoccuparmi così tanto del mio aspetto e voler apparire in ordine; oggi però ci tengo a fare una bella figura. Mi sistemo il giubbino di pelle sulle spalle e mi auguro di aver fatto un lavoro decente nel radermi.

Dopo qualche secondo, mia mamma si avvicina specchiandosi al mio fianco e mi mette una mano sulla nuca per accarezzarmi il collo. Non ricordo l'ultima volta in cui ci siamo rivolti dei gesti affettuosi e, per quanto questa sua tranquillità risulti insolita, decido di non sottrarmi ai suoi modi teneri. Oggi infatti sono di buonumore e non ho intenzione di rovinare l'atmosfera. Anzi, se devo ammetterlo, sono proprio emozionato.

Così ricambio il sorriso di mia mamma, la quale commenta: "Guardati, sei un uomo ormai" e per la prima volta le parole che le ho sempre sentito pronunciare con rimprovero e disprezzo assumono invece una sfumatura incoraggiante. "Sei diventato grande così in fretta, forse prima di quando avresti dovuto e la responsabilità è mia" ammette, abbassando il capo per un istante. "Però io sono fiera della persona che sei, Brian. Non te lo dico quasi mai, perché non so esprimere quello che sento con parole coerenti e forse in questo io e te siamo simili, ma è la verità."

Mi volto per osservarla dritto negli occhi. Non so come reagire di fronte al più inconsueto tra i modi con cui mia madre è solita rivolgersi a me; al momento non credo neppure di ricordare se mi abbia mai fatto un complimento; dunque ora fatico a spiegare la sensazione che sento nello stomaco, la quale si mischia all'eco del cuore nel mio petto. La mia espressione si fa seria e, non sapendo cosa dire né ritenendomi in grado di pronunciare nulla, mi limito ad appoggiare il palmo della mano sulla sua che mi accarezza una guancia. Annuisco impercettibilmente e poi è il mio turno di abbassare il capo. Passano pochi secondi prima che mi scosti per tornare a sorriderle e recuperare i modi decisamente più sciolti che mi caratterizzano.

Mia mamma si scosta per lasciarmi uscire dal bagno e, mentre mi dirigo in corridoio, senza nemmeno pensarci, la informo: "Sto uscendo per andare al bar in città. Stasera dovrei incontrare Clayne." La metto al corrente di qualcosa che do per scontato, ma che in realtà posso prevedere la prenda del tutto in contropiede. "Chi?" La mamma infatti si acciglia, incrociando istintivamente le braccia sul petto e sporgendosi di poco in avanti, mentre ci troviamo in piedi l'una di fronte all'altro nel mezzo del piccolo salotto. Alzo le spalle, fingendo che non si tratti di nulla di che, ma il mio sguardo si sposta dovunque pur di non incontrare il suo. "Sì, me ne ha parlato Claire. A quanto pare si tratta di un militare che è amico di papà e al momento si trova in città. Io voglio vederlo e conoscerlo, solo per parlare un po'" mi giustifico.

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