Capitolo 5: Perdere la calma

34 1 0
                                    




BRIAN

Una volta fuori dal locale, respiro a pieni polmoni l'aria umida della sera tarda. Ci sediamo su una delle panche sotto il porticato e io e Austin accendiamo una sigaretta. "Non avrei perso la calma" sostengo convinto con tono fermo, riferendomi alla situazione di poco fa. "Lo so" replica il mio migliore amico. "Ma respirare la stessa aria di Tucker per me equivale ad avvelenarmi". Si giustifica così, evitando di esplicitare quello che invece io ho capito benissimo e cioè il fatto che, ancora una volta, abbia solo voluto pararmi il culo.

In effetti però portare avanti l'ennesimo scontro verbale con Tucker non avrebbe avuto alcun senso; ormai la faida creatasi tra i ragazzi di questa cittadina va avanti da anni. Non facciamo altro che rinfacciarci vicendevolmente i penosi trascorsi delle nostre famiglie, diventati inevitabilmente di dominio pubblico all'interno di una comunità così piccola, senza mai provare a essere migliori di così, migliori dell'esempio che ci ha preceduti. In realtà però è questo quello che io vorrei fare, quello che provo ad attuare con tutte le mie forze, anche se in certe occasioni, come stasera, è davvero difficile restare lucidi.

"Mi spiace per quello che ha detto". La voce dolce di Becca mi distoglie dai miei pensieri e contemporaneamente sembra saperli cogliere e dare loro una forma. Scrollo le spalle e fingo che la cosa non mi interessi. "Per quanto ne so, potrebbe anche avere ragione" replico scettico, senza aver il coraggio di alzare gli occhi dai miei scarponi e fingendomi distaccato. So che Becca vorrebbe ribattere, ma ormai mi conosce e così non dice nulla, si limita solo a mettermi una mano sul ginocchio e a rivolgermi un sorriso di conforto.

Indossa un paio di shorts di jeans, sneakers logore e un top nero e, vicino alla corporatura imponente di Austin, risulta ancora più minuta. Stanno insieme da quando abbiamo terminato la scuola, eravamo compagni di classe al liceo quindi ci conoscevamo già e a me Becca è sempre piaciuta. Come persona, intendo. È una ragazza gentile e dolce, ma sa anche farsi valere e, come tutti noi, ha imparato a cavarsela da sola molto presto. Quindi ritengo sia perfetta per tenere testa a un tipo testardo come Austin; infatti, nonostante l'espressione angelica nascosta dietro ai capelli lunghi e biondissimi, non perde mai l'occasione di sfidarlo.

Restiamo in silenzio per qualche minuto finchè Austin si muove sulla panca schiarendosi la voce e tentando di nascondere un certo disagio, gira al contrario la visiera del cappellino da baseball che indossa e poi esordisce: "Seriamente però Brian, lo stai ancora cercando?" So bene a cosa, o meglio a chi si riferisce e cerco di dissimulare il fastidio che provo avvertendo il suo tono scettico. Seduto sul bordo della panca, sollevo il capo, ma resto con le spalle basse e lascio cadere le mani tra le ginocchia divaricate. Faccio un sospiro e replico: "Lo sai benissimo che è così. Perché dovrei arrendermi? E se lui fosse là fuori, più vicino di quanto io possa immaginare e stesse cercando di mettersi in contatto con me? Non me lo perdonerei mai se rinunciassi così!" affermo convinto, anche se il mio tono risulta più flebile di quanto vorrei. Austin fa un respiro profondo, ma non rinuncia a ribattere: "Sono passati anni, Brian. Non te lo ricordi nemmeno da quanto eri piccolo quando se ne è andato. Non si è più fatto sentire. Non sto dicendo che sia una cattiva persona, ma forse semplicemente vuole condurre una vita autonoma. Non tutti sono tagliati per fare il padre, senza per questo essere dei criminali" riflette. Scuoto la testa, ma non mi va di portare avanti questa discussione con lui.

Lui, i cui genitori sono una delle poche coppie sposate di questa cittadina che stanno ancora insieme dopo anni di matrimonio, nonostante non sia stato facile per loro, a causa dei problemi economici che hanno reso difficile la vita del mio migliore amico, costringendolo a lavorare da quando aveva sedici anni per dare una mano alla sua famiglia. Eppure Austin mi conosce meglio di chiunque altro, siamo cresciuti insieme, i suoi mi hanno fatto da madre e da padre durante gli anni della scuola. Per questo il fatto che persino lui dubiti delle mie convinzioni mi preoccupa più di quanto sono disposto ad ammettere e aggiunge un ulteriore peso sul mio animo.

"Pensi che sia in missione o, peggio, che gli possa essere accaduto qualcosa, vero?" ipotizza Becca, con la solita voce gentile. Non serve che io annuisca perché lei sappia la mia risposta, però ha ragione: la mia determinazione è dovuta al fatto che io devo sapere. Ne ho bisogno. Resta in silenzio per qualche secondo e poi cerca il mio sguardo accennando un sorriso. "Brian, guardati. Guardaci" esordisce pacata. "Abbiamo vent'anni, è il momento di costruire il nostro futuro e non di andare alla ricerca del passato di qualcun altro. So che in questo modo speri di capire qualcosa di più sul conto di te stesso, ma vale davvero la pena affidarsi a voci e ombre? Ormai ti conosco, sei un ragazzo pieno di vita, dedicala a ciò che ti appassiona o, se proprio desideri cercare, prova a trovare qualcuno che potrebbe appassionarti. Forse è lì che scoprirai te stesso" allude con uno sguardo acceso. Scuoto nuovamente la testa, ma questa volta, anche se non riesco a convincermi delle parole di Becca, non posso nascondere un sorriso di fronte alla prospettiva rassicurante di non sentirmi più solo.

MOLTO FORTE INCREDIBILMENTE VICINO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora