Capitolo 40: Spaesamento

17 1 0
                                    


BRIAN

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

BRIAN

"Clayne, davvero non so come ringraziarti per farti capire quanto tutto questo sia importante per me." Cammino a fianco del Capitano mentre ci dirigiamo verso la postazione di controllo che segna il punto di ingresso e uscita dalla Base. "Non devi dire nulla, Brian, perché lo so già. Vedo il modo in cui reagisci a tutto questo e, seppure in modo diverso, devi sapere che ci sono passato anche io" mi spiega Clayne, mettendomi una mano sulla spalla. "Ognuno si porta dietro la propria storia, ma questo lo condividiamo tutti" conclude poi, facendo un ampio gesto col braccio per indicare gli edifici della Caserma che ci stiamo lasciando alle spalle.

Annuisco convinto, ma non faccio in tempo a replicare nulla perché una voce dietro di noi richiama l'attenzione di Clayne: "Capitano, posso parlarle?" Mi volto verso l'uomo che, fino a un attimo fa, era a colloquio con alcuni dei militari di guardia e lo riconosco come Wickett, il Sergente che mi aveva affrontato durante una delle mie incursioni non autorizzate alla Base. Si affretta verso di noi e, quando ci raggiunge, rivolge un'occhiata di circostanza nella mia direzione.

Clayne si scusa con me e si scosta, non abbasta però perché io non senta il tono basso ma animato del Sergente. "Perdoni la mia sfrontatezza Capitano, ma sento il dovere di ricordarle che la Caserma non è un museo aperto alle visite del pubblico" sibila a denti stretti.

È evidente che non ha gradito il fatto che oggi Clayne mi abbia permesso di assistere da vicino all'addestramento e di parlare con alcuni dei soldati, per conoscere le loro testimonianze. È stata un'occasione molto significativa per me: ho potuto parlare liberamente e ascoltare le risposte sincere di uomini che non hanno esitato a condividere con me le loro esperienze. Per questo mi infastidisce particolarmente la protesta acida che il Sergente rivolge a Clayne, quasi volendolo rimproverare a causa mia. Mai e poi mai vorrei mettere il Capitano nei guai, per questo irrigidisco le spalle, improvvisamente attraversato dalla tensione.

Clayne non esita a ribattere con una fredda calma: "Ma non è neppure una prigione". Riesce a mantenere la pazienza quando prosegue: "Sergente, sono perfettamente a conoscenza delle attività a cui è destinata la Caserma, dal momento che ci vivo e lavoro da più anni di lei" precisa con voce ferma. Wickett distoglie lo sguardo innervosito e si porta le mani sui fianchi, divaricando leggermente le gambe per affrontare di petto il Capitano. "Clayne, quel ragazzo non ha fatto altro che bighellonare in questa zona per mesi! Questo posto non è un centro di recupero sociale, prepara gli uomini a combattere e non esito a riferirle che alcuni di loro si sono lamentati delle libertà di cui lei si fa garante." Il Sergente fallisce nel tentativo di mantenere un tono controllato, di conseguenza io posso sentire perfettamente la sua rimostranza espressa con voce strozzata. A questo punto Clayne non esita a raddrizzare le spalle, disponendosi di fronte al suo interlocutore e adombrandolo con la sua statura imponente. "Sono gli uomini a lamentarsi, Sergente, o è lei? Sono io che sento il dovere di ricordarle che questo posto forma persone ancor prima di soldati."

MOLTO FORTE INCREDIBILMENTE VICINO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora