Capitolo 30: Nessun luogo

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BRIAN

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BRIAN

Faccio il mio ingresso nell'Auditorium quando le luci sono già soffuse, nonostante la musica sia cominciata da poco. La gente è disposta ai propri posti e il palco è ancora in ombra, sotto l'effetto della controluce proveniente dallo schermo posto sulla parete di fondo, alle spalle dei membri del gruppo dei quali si vede solo l'ombra. Per questo motivo ancora non la scorgo, ma so che lei è lì. Questo è ovvio.

La vera domanda invece è: perché io sono qui? E soprattutto, perché ultimamente questo è il quesito che mi pongo sempre più spesso? Evidentemente si tratta dell'esatta dimostrazione del fatto che non sono in grado di capire il mio ruolo in qualsiasi luogo io mi trovi, forse perché, più precisamente, io non appartengo a nessun luogo. Eppure di una cosa sono certo: per quanto incoerenti siano i miei spostamenti, qualcosa mi spinge sempre verso di lei e così il posto in cui mi ritrovo finisce per coincidere con il suo. Ma l'aspetto più importante sta nel fatto che non me ne dispiaccio.

Dunque, questa domenica mattina, mi sono svegliato ad un orario decente sotto il silente sguardo sorpreso di mia mamma e, senza dire nulla, sono uscito di casa per dirigermi in città. E così eccomi qui. Non mi sento a disagio come mi sarei aspettato, mentre me ne sto fermo in piedi nella parte alta della sala, in prossimità dell'entrata laterale. Tengo le mani infilate nelle tasche dei jeans sotto la felpa nera larga che indosso, e mi guardo intorno mentre gli strumenti cominciano ad accennare le prime note.

La maggior parte delle persone tiene in mano quella che ipotizzo sia la Bibbia, insieme a una penna e un quaderno. Ci sono molti giovani, ma anche famiglie complete, adulti e anziani. Lo spazio non è grandissimo, però risulta gremito; tutti sono in piedi, ma ciascuno appare concentrato e raccolto, qualcuno tiene il capo chino e gli occhi chiusi.

Dopo che le chitarre hanno introdotto il brano, si uniscono il piano e le percussioni in un ritmo crescente. Le parole della canzone vengono proiettate sullo schermo cosicché chiunque lo desideri possa seguirle. Quando il palco viene illuminato, la vedo subito: Chloe indossa un abito leggero ed elegante e ai piedi porta un paio di stivali beige; alcune ciocche di capelli sono ordinatamente raccolte dietro la nuca, secondo la pettinatura che è solita fare. Come sempre il suo aspetto è composto e impeccabile; persino da qui mi sembra di sentire il profumo agrumato che la avvolge abitualmente e, senza accorgermene, mi sorprendo a sospirare un po' più profondamente del solito.

Le voci maschili e femminili si alternano in maniera equilibrata, fondendosi armoniosamente con la base orecchiabile, in grado di coinvolgere chiunque l'ascolti. Quando sento la voce di Chloe, sorrido automaticamente: è cristallina e melodica, persino più dolce e soave di quanto mi sarei aspettato.

Non seguo molto le parole del brano, perché la mia attenzione è magicamente catalizzata su di lei. Si tratta di Chloe, è proprio lei, la stessa ragazza con cui ho parlato ormai tante volte alla Tenuta, eppure c'è qualcosa... qualcosa di diverso. È come se la sua sagoma avesse finalmente preso vita e si fosse messa in movimento. Chloe appare sciolta mentre canta, libera, leggera, ma non in preda all'esaltazione che credevo di trovare in questo posto.

Il trasporto che si respira qui dentro è più sottile e meno travolgente di quanto mi aspettassi e sicuramente più profondo; forse persino pesante, nel senso di grave, importante, serio e contemporaneamente ricco di sentimento. È come se ognuno riversasse in questo momento tutto ciò che ha di personale, bello o brutto che sia: gioia, dolore, gratitudine, supplica, promesse, richieste, speranze, confessioni e tanto altro che non sono in grado di identificare. Mi ero convinto che qui chiunque fosse tenuto ad esporre tutto di sé, in una sorta di condivisione esasperata, invece c'è molta intimità in quello che queste persone stanno facendo. Credo stiano pregando. Non avevo mai considerato quanto vasta potesse essere l'accezione di questa azione; più che un gesto è un comportamento, un atteggiamento, una predisposizione d'animo. È un'attitudine che investe l'intero essere di ciascun uomo. Queste persone sono totalmente immerse in quello che stanno facendo. Non avevo mai visto una simile dedizione e, con mio immenso stupore, mi trovo ad invidiarla. Non in senso cattivo. Per quanto io non capisca ancora l'esatto scopo di stare qui, percepisco la serenità di chi ha trovato una strada da percorrere e ciò per cui spendersi con passione.

Ognuno vive il momento individualmente e in modo personale: c'è chi canta con le braccia alzate e chi invece tiene le mani strette al petto; alcune ragazze si abbracciano cantando e sorridendo insieme; qualcuno tiene le braccia spalancate con le mani aperte, altri hanno lo sguardo rivolto verso l'alto. La maggior parte della gente canta, ma nessuno ascolta se stesso; pur nella propria intimità, tutti sono uniti da un unico movimento.

Il mio sguardo si sofferma sulla folla più a lungo di quanto avrei voluto, ma poi torna sul palco, su quella ragazza minuta che stringe il microfono in una mano e rivolge l'altra al cielo, come per afferrare qualcosa più in alto di lei. Chloe canta tenendo gli occhi chiusi, con un sorriso tenue che non abbandona mai le sue labbra. Si muove liberamente, i suoi gesti sono fluidi e allo stesso tempo pieni di esortazione. Non guarda verso il pubblico e, nonostante il suo sguardo non si fissi mai in un punto preciso, sembra si stia rivolgendo a qualcuno di specifico. Il viso è attraversato da una profonda commozione che però non distorce i lineamenti delicati e dolci. Le guance sono colorate da un leggero rossore. Non ho dubbi sul fatto che in questo momento sia felice, ma è più di questo. Appare in pace, finalmente libera dall'affanno che la costringe sempre.

Quando il brano sta per finire, esaurendo la conclusiva parte strumentale, sento qualcuno sfiorarmi il fianco, così mi sposto di lato per lasciar passare chiunque si trovi dietro di me. Anita si sta dirigendo verso le prime file, probabilmente per raggiungere il proprio posto e prendere parte al Servizio. Mi riconosce subito, dal momento che siamo entrambi cresciuti in questa cittadina e ci siamo visti spesso durante le sue visite alla Tenuta, quando abbiamo anche scambiato qualche parola. Mi piace molto come persona perché è sempre gentile e disponibile; infatti anche oggi non manca di salutarmi con un tono abbastanza alto da farsi sentire sopra la musica: "Brian!" Appare chiaramente stupita di vedermi qui, nonostante mi rivolga un caloroso sorriso accogliente. "Ciao Anita" ricambio, sinceramente felice di vederla. Lei non si trattiene dell'esclamare: "Che bello trovarti qui oggi!" stando attenta a non mettermi troppo a disagio; tuttavia a questo ci penso da solo, con i miei modi improvvisamente impacciati: "Grazie. Sì, io... volevo vedere un po' com'era questo ambiente. Non mi è molto familiare... Infatti è la prima volta che ci vengo" farnetico, ma lei mi rassicura mettendomi una mano sulla spalla. "Allora vuol dire che adesso c'è qualcosa di nuovo che ti interessa davvero!" allude, sempre mantenendo un'espressione discreta, prima di rivolgermi un cenno di saluto e proseguire lungo lo stretto corridoio laterale. Mi sorprendo della sua perspicacia e, nonostante Anita non abbia specificato nulla e la sua allusione potrebbe riferirsi a qualsiasi altra cosa, io non posso fare a meno di cercare nuovamente con lo sguardo Chloe, la quale sta abbracciando gli altri ragazzi prima di lasciare il palco per sedersi tra le prime file.

Mi convinco che oggi sono venuto qui proprio per vedere questo, per vedere Chloe in un contesto nuovo, diverso, dove può esprimere la vera sé, come lei stessa mi ha fatto intuire. Forse volevo trovare conferma a quell'interesse nei suoi confronti che, alla Tenuta, mi ha spinto più volte a interfacciarla e che qui si è trasformato in un vero e proprio fascino. Un fascino che mi trasporta con più intensità di quanta immaginassi, al pari dell'atmosfera che permea questo posto. Mi sembra che tutte le mie riflessioni si riassumano nell'immagine serena di Chloe. Vederla sorridere mi infonde immediatamente una profonda tranquillità. Qualcosa che ho cercato per troppo tempo. Dunque mi dico che forse oggi sono venuto qui proprio per trovare questa pace.

Tuttavia so che sto ingannando me stesso volendomi fermare in superficie. Se infatti potevo aspettarmi di esaudire il mio desiderio nel vedere Chloe così luminosa e brillante, ciò che non potevo invece presumere era l'impulso viscerale che mi sospinge silenziosamente a trovare uno scopo a cui dedicare tutto me stesso, l'impegno di cui sentirmi parte viva, un'identità che definisca il mio valore, un ruolo che mi conferisca importanza, un posto a cui sentire di appartenere.

MOLTO FORTE INCREDIBILMENTE VICINO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora