Capitolo 5

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Parlarono tanto

Harry chiese il perché del suo nome francese

Louis chiese cosa faceva di solito quando tornava a Londra, ma senza invadere troppo la sua vita privata.

Uscirono dalla Somerset dopo poco più di un quarto d'ora, a Louis brontolava lo stomaco e Harry non aveva mancato di farglielo presente.

Ridevano parecchio, era un bene in realtà.

Louis dopo che il ghiaccio fu rotto, potè constatare che alla fine Harry era davvero una persona semplice, non parlava di soldi o di lavoro come si sarebbe aspettato da una celebrità', anzi, quasi evitava l'argomento.

Ad Harry non era mai capitato di uscire con qualcuno che non fosse un suo collega, non per discriminazione, ma per facilità. Si trovavano in posti che solo loro conoscevano, con gente già conosciuta e prevedibile, non dovevano spiegazioni o foto a nessuno. Parlavano quasi sempre di lavoro, invidiosi e famelici a caccia di flop che li avrebbero resi più felici.

Perché molto spesso si sa che le disgrazie altrui sono pane per i denti degli invidiosi.

Dove uno fallisce c'è sempre qualcuno che gioisce.

Atteggiamenti egocentrici, poca sobrietà, poca sincerità anzi nessuna.

Pochi rischi, anzi nessuno.

Con Louis era diverso, lui era diverso, o almeno lo sembrava.

Anche Harry si sentì bene, niente finzioni, niente dimostrazioni di superiorità, niente bugie, perché avrebbe dovuto? Si sentiva esposto, quello sì, aveva capito che Louis seguiva il suo lavoro, ma cercò di non pensarci, per una volta voleva provare a fare la persona normale e non il modello milionario.

Gli piaceva Louis, lo faceva ridere, lo faceva sentire a suo agio. Non aveva fatto battutine sceme, non aveva fatto domande indiscrete.

Gli piaceva come si vestiva, gli piaceva il colore dei suoi capelli, la differenza di altezza non gli importava era abituato ad essere sempre il più alto, aveva notato in lui un qualcosa di fanciullesco, come un personaggio di una fiaba, lo incuriosiva.

Gli piacevano i suoi occhi. Gli piacevano tanto i suoi occhi, di un azzurro incredibile, gli si illuminavano quando sorrideva e gli si creavano delle rughette agli angoli. La barba ben curata non lunga ma giusto di qualche giorno, gli dava un'aria misteriosa.

Gli guardò nuovamente le mani.

Aveva un debole per le mani, il pensiero di poterle stringere o di essere toccato in qualche modo gli piaceva. Le sue erano molto belle, dita lunghe, affusolate, sembravano morbide.

Non aveva resistito nel dargli un piccolo bacio, casto, da ragazzina adolescente, sulla guancia, ma ancora non poteva e non voleva esporsi.

Gli piaceva il suo profumo.

Appena lo aveva rivisto fuori dalla mostra, il cuore aveva perso un battito, era davvero bellissimo, meglio della notte scorsa. Si diressero verso un posto che Louis conosceva, poco distante da lì.

Un locale su un rooftop, da cui si vedeva tutto il Tamigi e la City.
Era arredato in stile industriale, rame, pelle e legno, luce gialla soffusa, un grande bancone circolare dove i bartenders stavano preparando cocktail a raffica, uno dietro l'altro.
Era intimo ed accogliente.

Louis c'era stato una volta per un incontro di lavoro.
Una ragazza in tubino nero e tacco a spillo vertiginoso li accompagnò ad un tavolino fuori sul terrazzo, ancora non faceva così freddo.

Ordinarono da bere.

Aveva notato che la ragazza aveva sorriso più del dovuto ad Harry, probabilmente lo aveva riconosciuto. Li sistemò ad un tavolo più appartato, non centrale.

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