Capitolo 14

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Pov's Paulo

Due settimane. Mi ci erano volute due settimane per capire che senza quella giornalista tanto bella quanto testarda non volevo andare da nessuna parte.

Mi guardai un'ultima volta allo specchio sistemando i polsini della camicia bianca.

Nonostante l'abbigliamento aiutasse un pochino era effettivamente vero quello che mi aveva detto Perin in allenamento, il mio aspetto faceva schifo. Colpa principalmente delle poche ore di sonno e degli allenamenti intensivi che ormai erano diventati l'unico modo per non pensare a certi occhi.

«Perché stai uscendo? Stasera c'è la cena di famiglia, cosa potrà mai esserci di tanto importante la fuori?» La voce di mio fratello Mariano mi arrivò forte e chiara dalla cucina dove lui e sua moglie stavano preparando le ultime tartine da portare in tavola.

«Esco e se può interessarti non tornerò a cena, ma non preoccuparti nostra madre lo sa.» Risposi freddamente.

Come immaginavo mio fratello non desistette tanto facilmente e me lo ritrovai in meno di due minuti in camera, non riusciva proprio a capire il concetto di spazio personale.

«Puoi smetterla di essere incazzato con me, ho soltanto cercato di aiutarti forse adesso non riesci a capire ma un domani mi ringrazierai.»

Risi amaramente voltami per guardarlo in faccia.

«E sentiamo per cosa dovrei ringraziarti? Per aver venduto ai giornali una notizia falsa secondo cui mi starei frequentando con una modella o piuttosto per essere entrato nella mia vita pretendendo di gestirla come cazzo vuoi?» Non ero mai stato così duro con uno dei miei fratelli ma da quando pochi giorni prima avevo scoperto i suoi ultimi colpi bassi tutta l'ammirazione che avevo sempre nutrito per lui era scomparsa.

Sospirò ma sapevo che non era pentito di ciò che aveva fatto.

«Quindi è da lei che stai andando?» Chiese senza nascondere il fastidio.

«Si, quindi non aspettarmi, buonanotte.» Mi voltai senza degnarlo di ulteriore attenzione e uscii da quell'appartamento in cui mi sembrava ormai di soffocare sbattendo la porta.




Scendendo in garage visualizzai il messaggio del fratello di Emily in cui mi informava che lui e la sua famiglia stavano già cenando e che mi rimaneva circa mezz'ora per poter fare le cose con calma.

Non era stato facile mettermi in contatto con quel ragazzino e convincerlo  delle mie buone intenzioni con sua sorella, ma il fatto di essere il suo idolo e di avergli regalato le maglie autografate di tutta la squadra era servito per poterlo avere almeno un po dalla mia parte.

Se non fosse stato per lui non so quando avrei avuto l'occasione di chiarire con Em, era stato lui a darmi l'idea e forse anche il coraggio di fare ciò che appunto stavo per fare.



Arrivai circa dieci minuti dopo a casa di Emily e come d'accordo con suo fratello trovai una copia della sue chiavi di casa sotto lo zerbino. L'idea era quella di farmi perdonare per aver avuto paura e per essermi tirato indietro lasciandomi condizionare da chi mirava soltanto ad allontanarmi da lei.

Iniziai a sistemare le piccole candele lungo tutto il corridoio e quando arrivai nel salotto provai a predisporle come un piccolo cuore sperando si capisse, misi al centro qualche petalo di rosa e sopra posai la scatolina bianca che in quella precisa serata sarebbe stata la vittoria più grande, più bella  di qualsiasi mondiale.

Come bianco e nero - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora