Capitolo 3

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Abbassai lo sguardo trovando improvvisamente interessante il pavimento.

«Prego si accomodi, iniziamo subito.» Affermai con voce forse troppo squillante indicandogli il tavolino già predisposto al centro della sala.

Accesi il piccolo registratore preso in prestito in redazione, decisa a terminare quell'intervista il prima possibile,  non solo per l'enorme figura di merda fatta prima ma anche perché dopo sarei dovuta andare a fare il lavoro per cui ero stata assunta che non era certo questo.

Paulo seduto di fonte a me aspettava paziente e molto più rilassato della sottoscritta che iniziassi con le domande.

L'intervista sarebbe durata circa mezz'ora, domande brevi e concise mi aveva detto Lorena.

Non fu affatto così.

Nelle due ore successive ci ritrovammo a parlare e a ridere di qualsiasi cosa. Mi raccontò di tutta la sua  vita, della sua famiglia e di  tutti gli amici lontani, poi del suo trasferimento a Palermo e infine a Torino. Gli occhi gli brillarono per l'emozione quando iniziò a parlarmi  a ruota libera di quanto fosse orgoglioso di giocare nella Juventus.

Paulo era espressivo.

A volte quando era preso da un'argomento o da una discussione si immedesimava totalmente in essa gesticolando come è tipico della cultura allegra ed aperta dei sudamericani. Si  lasciava andare facilmente alla sua risata contagiosa, ma anche alla tristezza, non nascondeva i suoi sentimenti mai.

«Quando giocavo in Argentina, era sempre mio padre ad accompagnarmi alle partite e agli allenamenti. Quando si è ammalato gli ho promesso che lo avrei reso orgoglioso di me, credo che ora lo sia ma non posso sentirmelo dire da lui e questo fa male.» Mi spiegò ad un certo punto.

Qualcosa nella sua espressione cambiò mentre pronunciava quelle parole e di suoi lineamenti sempre così allegri e distesi si indurirono lasciando spazio alla malinconia. Quell'immagine mi sconvolse oltre ogni  aspettativa, tanto che mi lasciai andare totalmente ad una confidenza inaspettata avvicinandomi e mettendogli una mano sulla spalla.

«Tuo padre sarà sempre con te, nonostante tu non lo veda Paulo lui c'è.» Furono le uniche parole mi sentii di dirgli.

«Grazie.» I suoi occhi verdi si scontrarono con i miei in un muto scambio di parole che non avevano bisogno di essere pronunciate.

Dopo qualche istante di silenzio per nulla imbarazzante, continuai con le domande scegliendo quelle più leggere e lontane dall'argomento appena affrontato e tornando al solito tono professionale.

«Ancora due domande e abbiamo finito, cos'è secondo lei l'ambizione Paulo?» 

«Credo sia svegliarsi un giorno con un obiettivo in testa e cercare di raggiungerlo, ti migliori solo se non smetti di provarci.» Affermò con un'italiano un po incerto ritrovando finalmente il sorriso. 

«E' difficile essere un calciatore del suo livello?»

«Si, le cose brutte che ti accadono influiscono su quello che vuoi diventare, per questo per me è difficile creer en le persone. »

Sorrisi per il suo miscuglio di lingue, quando sentivo piccoli pezzi delle sue interviste in TV  spesso notavo che mischiava ancora spagnolo e italiano.

Conclusi ringraziandolo mentre insieme ci dirigevamo salutandoci verso l'uscita.

Le sue parole mi avevano fatto scoprire qualcosa che la televisione non mostrava e mi sentivo enormemente fortunata per aver potuto conoscere quel lato buono e onesto che lo rendeva una persona così sincera. Si meritava l'amore dei suoi tifosi.


Mi accorsi di essere in ritardo mostruoso solo dopo essere arrivata alla fermata del bus .

«No ditemi che non è vero, non ci credo!» Sbuffai sonoramente alzando gli occhi al cielo quando constatai che vista la durata della chiacchierata ovviamente avevo perso l'autobus.

«Emily quanto tempo! Ti serve un passaggio?» La voce allegra di Paulo mi arrivò forte e chiara mentre cercava di trattenere una sorrisetto ironico guardandomi dal finestrino abbassato della sua jeep.

«La ringrazio ma non c'è bisogno, aspetto il prossimo.» Rifiutai educatamente.

«Perché mi dai del lei? Abbiamo la stessa età, su forza sali o domani ti troverò ancora qui congelata!»   

Non me lo feci ripetere due volte, infondo avevo bisogno di un passaggio era solo quello il motivo.

«Dove ti porto?» Chiese riavviando l'auto senza staccare gli occhi dalla strada.

«Va bene in centro, dove abiti tu poi me la faccio a piedi, grazie.»

Il viaggio fu rilassante e abbastanza silenzioso. Paulo di tanto in tanto canticchiava a bassa voce qualche canzone latina a me sconosciuta, mentre io mi godevo la vista del suo bellissimo viso concentrato alla guida. Ero segretamente e inaspettatamente felice per quella confidenza che si era creata in così poco tempo e che avrei custodito gelosamente, lontana dalle domande indiscrete di chiunque.

«Grazie per il passaggio, non credo che troverò mai un esemplare di Paulo Dybala ad aspettare l'autobus, ma se dovesse capitare ricambierò il favore.» Esordii nel maldestro tentativo di scendere elegantemente dell'auto senza ammazzarmi, ringraziandolo con un ampio sorriso.

«Figurati è stato un piacere nena, ci vediamo allora.» Mi sorrise rivolgendomi un'ultima occhiata come a voler ricevere conferma di quanto aveva appena detto, lo avrei rivisto? Ne avrei avuto ancora l'occasione?

Non lo sapevo ma avrei voluto.













Come bianco e nero - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora