La mia ottima scelta

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-E', è qui che abiti?- mi chiede Brian, facendomi leggermente sussultare.
-Oh, io...- tentenno, guardandomi intorno -Si, si abito laggiù, quel palazzone grigio-

Persa nei miei pensieri non mi ero accorta che siamo già arrivati. Purtroppo -Quasi quasi, davvero avrei dovuto dirgli che abitavo a Cambridge- penso sarcastica.

La Jaguar percorre brevemente i pochi metri che ci separano dal mio palazzo, Brian parcheggia accostando al marciapiedi del lato opposto e spegne il motore. Un gruppetto di ragazzi ci guarda incuriosito, non è da tutti i giorni vedere a Strand una Jaguar.

-Somiglia all'Arabellahaus il tuo palazzo lo sai?- commenta Brian, osservando attentamente l'alto monolite grigio, spento e deteriorato in più punti, che forse in passato avrà conosciuto tempi migliori.
-Beh, in effetti fa un po' schifo, non è il massimo, ma è vicino all'università e questo mi basta-
-Ci vivi da quando sei nata?-
-No, no qui ci abito da circa un anno con Maggy e Bess. Da piccola abitavo a Queen's Gate con i miei, quando iniziai l'università venni ad abitare sempre qui a Strand ma in un altro palazzo, con il mio ex, poi ci lasciammo e...-
-... e hai dovuto cercare un'altra casa-
-Esatto. Maggy e Bess cercavano una coinquilina perché la ragazza che c'era prima si era laureata ed era tornata in Scozia, nel suo paese- gli spiego, abbassando leggermente il finestrino per far cambiare un po' l'aria nell'abitacolo, troppo viziata ora per i miei gusti.

-Anche Maggy e Bess studiano?-
-No, no, loro lavorano da Harrod's, in casa sono io l'unica che studia, almeno fino a oggi-
-Come fino a oggi? Hai finito gli esami?-
-Si, questo di oggi era l'ultimo, ora devo scrivere la tesi e... e soprattutto devo cercarmi un lavoretto. I soldi della borsa di studio sono finiti e di sicuro tra libri, tasse di laurea e altro dovrò affrontare molte spese in questo periodo-
-I tuoi non ti aiutano? Cioè, scusa se m' intrometto, so che non sono fatti miei...-
-No, no ma che dici, io e te abbiamo già superato abbastanza la soglia del confidenziale-
-E questo ti dispiace?- mi domanda lui guardandomi.
-No, non mi dispiace ma, ma penso che ormai tutti questi formalismi tra noi non hanno più senso dopo quello che c'è stato-
-Forse hai ragione, solo che io sono fatto così, sono troppo...-
-...troppo perbene?- concludo un po' sarcastica.
-Eh, si, troppo perbene- conviene Brian, accarezzando con dolcezza la mia guancia destra. Io chiudo gli occhi e trattengo il fiato, così riesco a godere appieno di questo momento a cui io stessa, inaspettatamente per lui, pongo fine, scostandomi dalla sua delicata carezza e riaprendo gli occhi.

-Comunque...- riprendo -Io e i miei genitori abbiamo litigato quando ho deciso di andare a convivere col mio ex, per questo non mi aiutano-
-Questa storia mi sembra di averla già sentita- replica Brian, a bassa voce, forse ancora un po' scosso dal mio improvviso separarmi da lui.
-Come? E' successo anche a te?-
-Si, in parte si. Mio padre non ha mai voluto che facessi della musica un lavoro e quando poi andai a vivere con Amalia senza sposarci... non mi ha parlato per anni-
-Davvero? Non posso crederci che tu e lui..-
-Eh già, io e lui invece.. Ma sai com'è, mio padre è un uomo tutto d'un pezzo, di una certa morale, non ti dico quando vide Freddie per la prima volta sul palco... oh cavolo, Freddie!-

Stavolta è la sua imprecazione a fare sussultare me. Velocemente Brian accende lo stereo dell'auto e come un forsennato gira la manopola delle frequenze -Dimmi che non è finita, dimmi che non è finita...- si ripete, dimenticandosi completamente della mia esistenza, ma io non ci faccio caso: so che è tipico di Brian.

-Grazie al cantante dei Queen per averci concesso quest'intervista...-

L'affermazione dello speaker radiofonico fa sospirare affranto il chitarrista dei Queen -E adesso chi glielo dice a Freddie che mi sono perso la sua intervista?- mi domanda, staccando fiacco la mano dalla manopola dello stereo.

-Ah, era questa che cercavi come un disperato?-
-Si, mi ero totalmente dimenticato che era stasera l'intervista sul tour-
-Quando partirete?-
-A metà Novembre, andremo prima in Irlanda e poi gireremo un po' l'Inghilterra, ma la maggior parte delle date le faremo qui a Londra, quindi... quindi potremmo vederci ancora se vorrai-

Abbasso la testa e non gli rispondo. Cosa dovrei dirgli? Che in realtà vorrei stare sempre con lui. No, non posso, non possiamo. Apro lo sportello, scendo dall'auto e infilo a tracolla il mio zainetto, ma quando sto per attraversare la strada Brian mi ferma.

-Aspetta Lilibeth, aspetta ti prego- urla, scendendo anche lui dalla Jaguar.

Mi accascio all'automobile e lui mi raggiunge -Scusami, scusa se... se ho insistito, ecco- mi sussurra, poggiando entrambe le mani sui miei fianchi. E' vestito semplicemente, pantaloni neri e un giubbotto beige con colletto di pelliccia, sicuramente finta, al di sopra di quella che suppongo essere una camicia bianca. Sotto le luci dei lampioni le verdi venature dei suoi occhi brillano, brillano come quella sera sotto le luci al led dello Sugar Shack.

-Brian, chi, chi mi dice che tu non mi abbia cercata solo perché sei solo, solo perché Amalia se n'è andata- gli chiedo, infondo a qualsiasi donna non piace l'idea di essere solo un temporaneo riempitivo.

-Lilibeth, se avessi voluto, sai da quante altre ragazze sarei potuto andare a consolarmi qui a Londra- mi rivela, anche se di questo non ne ho mai avuto dubbi -Invece sono venuto da te, ho scelto te, perché non vuoi capirlo che io...-
-Lilibeth! Lilibeth!-

Non appena odo gridare il mio nome mi volto di scatto alle mie spalle, verso il portone del mio palazzo. Dall'altra parte della strada, Emily, la figlioletta di circa quattro anni della mia vicina di casa, mi sta salutando agitando la manina, sorridente come sempre, ogni volta che mi vede. E' con sua madre, probabilmente stanno rincasando da una passeggiata pomeridiana.

-Emily!- la saluto a mia volta, staccandomi da Brian per raggiungerla. Faccio qualche passo più in là sul marciapiedi, ma le due hanno già attraversato la strada per venire da me. Emily, avvolta in un cappottino rosa che la fa sembrare un confetto e con i capelli raccolti in due lunghe trecce bionde, corre da me e mi abbraccia forte.

-Lilibeth, lo sai che mamma mi ha fatto vedere la bambola che mi comprerà per il compleanno- mi racconta, la gioia che sprizza frizzante dai suoi occhi azzurri che scintillano spensierati.
-Davvero? Guarda che poi voglio vederla anche io questa bambola, sono davvero curiosa- le rispondo, carezzandole con dolcezza le guance rosee.
-Si, si Lilibeth, ma domani posso venire a casa tua per giocare insieme?-
-Emily non disturbare sempre Lilibeth il sabato mattina- interviene sua madre, che ci ha appena raggiunte, bella e raggiante come sempre. Annabelle ha circa trent'anni, ma ne dimostra una ventina, alta, magra, bionda come sua figlia e con un paio di occhi verdi che accecherebbero anche a un cieco, una delle donne più modeste che abbia mai conosciuto.

-Ma che dici Annabelle, per me è sempre un piacere lo sai-
-Grazie Lilibeth, grazie davvero-
-E di che Annabelle, sai che con me non devi farti proprio problemi- la rassicuro, prima di rivolgermi ancora a Emily -Allora piccola, ci vediamo domani mattina-
-Si, domani mattina. Posso portare anche la casa delle bambole?-
-Certo che la puoi portare, ti aspetto, a domani- la saluto, dandole un bacio sulla fronte
-A domani Lilibeth- ricambia Emily, donandomi un bacetto sulla guancia
-A domani Lilibeth, ti aspetto per il tè delle cinque sempre che... sempre che tu non abbia ancora da fare con quello stupendo giovanotto che ti sta aspettando appoggiato a quella magnifica Jaguar- ammicca Annabelle -Complimenti, ottima scelta amica mia, domani voglio conoscere tutti i dettagli-
-E' una storia lunga però...- l'avverto imbarazzata, facendo qualche passo indietro verso la mia ottima scelta.
-Io non ho impegni domani sera...-
-Come vuoi, a domani allora-
-A domani Lilibeth- mi saluta Annabelle, afferrando la manina di sua figlia per attraversare con lei la strada.

Io nel frattempo torno da Brian, rimasto a osservare la scena poggiato, appunto, alla sua Jaguar.

-Scusami, ci tenevo a salutare la piccola Emily-
-Non ti preoccupare, anzi, è stato bello vederti con quella bambina, sei... sei molto dolce-
-Io? Io dolce?-
-Si, tu, tu sei molto dolce e non solo con i bambini- mi sussurra, posando ancora entrambe le mani sui miei fianchi.
-Non so nemmeno se voglio averne bambini- gli confesso.
-Perché? Per me saresti una madre stupenda-
-Ma per essere una madre stupenda bisogna avere accanto un padre stupendo- rispondo sarcastica -Ma, ma ora è presto per parlarne, mi reputo ancora abbastanza giovane per...per avere un figlio- concludo e cala di nuovo il silenzio tra noi.

Chi dei due avrà il coraggio di ricominciare?

Allo Sugar Shack (A Brian May Fanfction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora