L'amore non è mai una cosa scontata

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ATTENZIONE: IN QUESTO CAPITOLO C'E' UNA SCENA DI SESSO, VI AVVISO NEL CASO NON VOLESTE LEGGERLA :)

L'ascensore non è pieno, ci sono poche persone così come ce n'erano poche nella hall dell'albergo, ma visto che io e Brian dobbiamo raggiungere l'attico ben presto rimaniamo soli. Lui si volta a guardarmi, io faccio lo stesso e penso che tra meno di cinque minuti sarò tra le braccia di quest'uomo che ha dieci anni più di me. E questo mi spaventa, mi spaventa a morte perché sento di non avere abbastanza esperienza per lui che, oltre che essere un uomo e non un ragazzo, ha avuto chissà quante avventure con ragazze più preparate di me -Non avere paura Lilibeth, andrà bene e sarà bellissimo vedrai, con lui non potrebbe essere altrimenti- penso, avvertendo l'ansia aumentare man mano che la pulsantiera dell'ascensore mi ricorda, grazie alle sue lucine lampeggianti riportanti i numeri dei piani, che ci stiamo avvicinando all'ultimo -Andrà tutto bene vedrai, andrà tutto bene-

Tin...

Le porte dell'ascensore si aprono.

-Prego Lilibeth- Brian fa uscire prima me e mi indica la porta della sua camera, infondo al corridoio a destra. C'è silenzio sull'attico dell'Arabellahaus, un silenzio strano, quasi spettrale. Forse Brian ha ragione quando dice che questo posto è deprimente, ci saranno una trentina di camere su quest'attico eppure c'è un silenzio che fa paura. L'unico rumore percepibile è solo quello ovattato prodotto dal calpestio dei miei tacchi sulla moquette polverosa del corridoio.

-Siamo arrivati- mi annuncia, infilando la chiave nella toppa della camera numero 639.
-Il 39 ti perseguita Brian- lo prendo in giro io.
-Si, beh, è vero, hai ragione- sorride lui e dopo aver aperto l'uscio anche stavolta si sposta leggermente alla sua destra per far entrare prima me.

Non appena varco la soglia, Brian alle mie spalle chiude la porta, accende la luce e poggia le chiavi sul tavolinetto che c'è alla sinistra della porta d'ingresso, il rumore del pesante portachiavi in metallo che entra in contatto con il legno della consolle produce un suono grave e ovattato. Comincio a guardarmi intorno incuriosita, d'altronde non sono mai stata nella suite di un albergo di lusso, ma ho solo il tempo di adocchiare la stupenda specchiera in legno laccato lucido posta in un angolo dell'ingresso. Brian ha già afferrato i miei polsi tremanti e mi sta portando con lui nella camera da letto. Io lo seguo, senza fiatare, stregata come il serpente che ode il suono del flauto del suo incantatore, rapita come la falena che segue la luce, unica fonte di vita. Il mio cuore ormai batte così forte che sento i suoi palpitanti ticchettii pulsare freneticamente nel mio petto e il mio respiro è irregolare, ansimante.

-Finalmente Lilibeth, non ce la facevo più ad aspettare- mi sussurra appena raggiungiamo il bordo dell'imponente letto matrimoniale della sua camera. Toglie il giubbino, lo lancia su una delle poltroncine poste dinanzi la pediera del letto e mi abbraccia forte -E' da quando ti ho vista entrare allo Sugar Shack che desidero fare questo-

Mi bacia, ma i suoi baci ora non sono più dolci e teneri come quelli che ci siamo scambiati fino a dieci minuti prima in auto, no. Sono baci ardenti, infuocati, impetuosi, sento le sue labbra scendere lentamente sul mio mento, poi sul collo e raggiungere così il mio torace semicoperto dal bolero nero che con dolcezza sfila dalle mie spalle e lascia cadere a terra. Anche il mio abito dopo pochi secondi casca, silenzioso e leggero, sulla punta delle dita dei miei piedi. Con indosso solo il mio completino nero di pizzo e le autoreggenti color carne avverto il senso di vergogna crescere in me terribilmente, pudore che accresce quando Brian smette di baciarmi e mi guarda estasiato, ammaliato.

-Sei bellissima Lilibeth, sei un sogno- mormora, afferrando le mie mani e portandole sul suo petto -Adesso tocca a te- mi tenta e insieme sbottoniamo la sua camicia, poi la cintura e infine i pantaloni. Tutti ormai fanno compagnia al mio abito sulla moquette bordeaux che riveste il pavimento. Brian si siede al bordo del letto e mi spinge con dolcezza verso di lui, afferra la mia gamba sinistra e appoggia il mio piede sulla sua coscia. Le sue dita afferrano la frangia in pizzo della mia calza e lentamente la lasciano scendere giù, ma ogni centimetro della mia pelle che viene scoperto dalla seta dell'autoreggente viene coperto di baci e io, bacio dopo bacio, sento il fremito crescere sempre più in me. Lo stesso trattamento Brian lo riserva per la mia gamba destra, dopodiché le sue mani scivolano delicatamente sui miei fianchi, stringono i lembi merlettati dei miei slip e con lentezza mi sfila anche questi. Ma non si ferma, le sue mani risalgono, cariche di voglia e sensualità, sui miei polpacci, le mie ginocchia, le mie cosce, e raggiungono il mio fondoschiena, la parte del mio corpo che odio di più. Che io odio di più, ma lui a quanto pare no, tant'è vero che lo stringe forte e così facendo mi trascina su di sé, a cavalcioni su di lui.

Allo Sugar Shack (A Brian May Fanfction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora