io nel torto, tu nella ragione

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Kayla era seduta in cucina a pensare, quando sentì suo fratello Robert scoppiare a ridere. Non era una semplice risata, e lei lo sapeva: non era quella risata Malandrina che aveva con Fred e George, non era quella risata intenerita e paterna che aveva quando giocava con Gabriel, Zoe o Anya, no, non aveva niente a che vedere con quelle.
Era la risata che aveva quando era con Hermione. Era quella risata che permetteva a Kayla di capire che il cuore di suo fratello era pieno, in quel momento. Si alzò e andò verso la porta, notando all'ingresso che Hermione era a venti centimetri da terra, tra le braccia di Robert, e sorrideva con lui. Quando smisero di ridere, ignari del fatto che Kayla fosse sull'uscio della cucina e che Tonks, Rose e Remus fossero sulle scale, Robert la rimise con i piedi a terra, per prenderle il viso tra le mani e baciarla.
Tonks si schiarì la voce, interrompendoli. Loro si girano a guardarla.
"Ben trovata, Hermione." Disse loro Rose. "Pensavamo fossi in montagna con i tuoi."
"Lo sci non fa per me." Si giustificò lei. "Robert mi aveva detto che sarei potuta venire qui in ogni momento, quindi ..."
"Certo che puoi stare qui." Intervenne la voce di Sirius, da dietro il magico trio. "C'è ancora il tuo letto in camera di Kayla. A proposito, qualcuno l'ha vista?"
"Sono qui, papà." Sbuffò lei.
"Uh!" replicò lui entusiasta. "Principessa! Dammi un altro libro!"
Lei alzò gli occhi al cielo. "Un altro, papà?"
"Si! Non ne hai più di Freud?"
"Li hai già letti tutti, papà."
"E non ne ha scritti altri?"
"No."
"Perché?"
"Perché è morto!" sbuffò lei, rientrando in cucina. Non poté fare a meno di pensare che, se fossero stati al castello, sarebbe potuta sgattaiolare verso il suo piccolo rifugio e chiedere al Dottore di ... i ricordi dell'ultima avventura con Jack e il Dottore le fecero venire brividi lungo tutta la schiena.
No. Si disse. Non pensarci.
Il Dottore l'aveva avvertita. Le aveva detto che non tutti i pianeti erano gradevoli. Le aveva detto che non sempre tutto andava bene.
Si bagnò il viso con dell'acqua, concedendosi di osservare il livido ormai di colore verdastro alla base dell'avambraccio. Era nascosto sotto al maglione grigio, ora, ma lei non poteva dimenticarlo. E così Fred e George.
Non devi nemmeno battere le palpebre, George, e per voi umani è pressoché impossibile.
Le parole del Dottore la graffiavano da dentro. Lei aveva battuto le palpebre. Non l'aveva fatto apposta, ma era buio, c'era una bufera di neve, le prudevano gli occhi ed era sicura che a pochi metri da loro ci fossero almeno due Dissennatori.
"Kayla?" domandò la voce di suo padre dalla porta.
Lei si voltò di colpo. "Sì?"
"Va tutto bene, principessa?"
"Sì, certo." disse.
"Lo sai che ... beh, per qualunque cosa ... puoi contare su di me, si?"
Lei annuì sorridendo. Fece qualche passo verso di lui, per poi abbracciarlo.
Lui da prima rimase stupito da quel gesto, poi ricambiò l'abbraccio, accarezzandole i capelli. "Va tutto bene." Le disse.
Lei avrebbe voluto dire di no, che non andava tutto bene, che non riusciva più a dormire, che era tornata ad avere paura del buio, e che Jack e il Dottore erano al castello senza avere loro notizie e lei era preoccupata, che essere grande non le piaceva affatto e che quel Natale era molto meno Natale di quanto avesse bisogno, ma semplicemente, scoppiò a piangere.

"Mi piacerebbe esserci stato."
Martha si girò verso il marito, mentre si infilava un maglione pesante. "Di che parli?" si posizionò davanti allo specchio e iniziò a spazzolarsi i capelli.
"Di Kayla, ovviamente."
Martha si sporse dalla porta del bagno quanto bastava per guardarlo stranita.
"Avrei preferito esserci stato e sbagliare tutto, piuttosto che non esserci stato."
Lei ripose la spazzola, scuotendo la testa, per uscire dal bagno e sedersi sul lettone accanto a lui. "Cosa è successo?"
"Voi tutti vi ricordate il giorno in cui è nata. Per me è stato un giorno come un altro."
Martha annuì, capendo che ormai suo marito stesse parlando da solo.
"E adoro il fatto che tu abbia tenuto un sacco di foto da parte per me, ma nessuna foto mi ridarà mai indietro il tempo perso."
"Non è stata colpa tua." Disse, con decisione, ma senza riuscire a nascondere un leggero tremolio nella voce. "Questo sarebbe un discorso accettabile se tu mi avessi lasciato per scappare con la prima che passava, ma non è un discorso accettabile per un uomo innocente che è stato in carcere dieci anni a scontare la pena del suo amico."
"Non importa del motivo, ora il motivo non conta, Redfort, io non ci sono stato. Ed è questo che conta." Rispose lui, prendendole una mano tra le sue. Lei posò la testa sulla sua spalla.
"Sai cosa conta, cosa conta davvero, Sirius? Contano i momenti in cui tu e Kayla vi guardate negli occhi e vi capite, contano i momenti in cui ridete insieme e conta l'amore che entrambi sentite quando vi abbracciate. Questo, e solo questo conta."
"Quando ero ad Azkaban, io ..."
Sentì Martha trattenere il respiro.
"Non fare così. Si deve parlare dei proprio traumi, e ..."
"Devi smetterla con quei libri." Rispose lei, alzandosi. "Abbiamo parlato abbastanza di quel trauma, Sirius, abbiamo parlato per notti intere della tua Azkaban, appena sei tornato, e non hai mai davvero considerato che anche io sono stata in carcere dieci anni. Avevo Robert e Kayla, ma ogni volta che li guardavo, vedevo te. Avevo mia madre che mi guardava come se fossi stata l'ultimo esemplare di una specie in via d'estinzione, e poi c'erano Remus e Rose che sparivano a turni. Ero in carcere anche io, Sirius, la mia cella era un po' più grande della tua, ma non solo tu sei stato dieci anni senza di me, anche io sono stata dieci anni senza di te, svegliandomi ogni mattina sperando che non mi arrivasse un gufo che mi diceva che mio marito, l'uomo che amavo e di cui stavo iniziando a dimenticare alcuni piccoli dettagli, fosse morto! Sono stata in carcere anche io, Sirius, e se tu sei pronto a parlarne con una facilità davvero disarmante, io non lo sono!"
Martha aveva le lacrime agli occhi.
Sirius si alzò per trovarsi alla sua stessa altezza. "Perché non ne abbiamo mai parlato?"
"Perché fa male!" disse lei, lasciandosi andare al pianto. "Anche se sono passati cinque anni, fa male!"
"Fa male anche a me, Martha." Disse, con voce tremante. "Ma non smetterà mai di fare male se non tiri fuori tutto quanto."
"Ma se fosse troppo da tirar fuori?"
"Allora non abbiamo passato abbastanza notti a parlarne."

Ti amo più di ieri e meno di domaniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora