sei la mia casa

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"Martha, ho detto di no!"
"Una sera soltanto!"
Kingsley roteò gli occhi. "Ho detto di no." ripeté.
"Ma perché no?"
"Perché no!"
"Che risposta è?"
"Ho detto di no."
"Me ne starei fuori dal castello e basta! Mi conoscete, cazzo, sapete che sono brava nel mio lavoro!"
Kingsley si fermò in mezzo al Quartiere Generale degli Auror. "Certo che lo so." Disse, con tono grave. "Sei una delle persone più competenti con cui io abbia mai lavorato, ma ..."
"Allora mandami a Hogwarts."
"Non posso."
"Si che puoi!"
"No."
"Manda Sirius."
"Non posso!"
"Kingsley, ho bisogno di sentirli vicini."
"Metterò Aaron."
Lei batté i piedi a terra. "Aaron! Aaron, sempre Aaron! Andiamo, Aaron non è nemmeno un Auror!"
"Aaron è più agile e più sveglio di quanto sembri."
"Lo so! Ma sono i miei figli!"
"E sono i suoi nipoti!"
"E non li conosce!"
"Sono irremovibile." Disse, allontanandosi. Poi, fermandosi, la guardò da lontano, in mezzo al via vai di tirocinanti terrorizzati. "E non provare a fare di testa tua."
Martha gli fece il verso con una linguaccia.

Remus mise i piatti nella credenza con un incantesimo veloce.
"Anche io ti avrei detto di no."
"Tu diresti di no a qualsiasi cosa." Si lamentò Martha. "Insomma, non ci pensi ai ragazzi?"
"Oh, ci penso eccome." Ammise Remus, fissando la finestra. "Lumacorno non li lascerà respirare."
"Non farmi pensare a cosa starà facendo passare a Robert e Kayla." si scoraggiò lei. "E quanto starà leccando il ..."
Remus indicò Nicole che giocava seduta nel box accanto con uno sguardo.
"Rose avrebbe ..."
"Rose odierebbe il fatto che tu ipotizzi come lei avrebbe cresciuto sua figlia."
Martha si bloccò. Aveva ragione, aveva dannatamente ragione. Per un attimo le parve di vederla, Rose, in piedi alla fine del tavolo con le mani sui fianchi e uno sguardo pieno di disapprovazione. Era ancora lei, era ancora la sua Rose, la sua certezza negli anni bui: era ancora Rose, con i capelli castani e i riflessi rossi, gli occhioni azzurri e quel corpo comunque da favola. Martha per un attimo vide sua sorella, in modo talmente nitido da fare quasi più male del previsto.
"C'è una cosa che di sicuro Rosalie sta odiando." Disse, poi. "Ed è non esserci più."

Kayla aveva imparato a guardare bene negli occhi le persone. Aveva imparato a scavarvi fino a trovare la verità, per quanto scomoda o brutale potesse essere. Aveva imparato a non avere paura che qualcuno scavasse nei suoi, di occhi. Aveva imparato a camminare a testa alta.
Però in quel momento, alzare gli occhi non le era possibile: era rannicchiata sul divano della Sala Comune verde e argento, mentre leggeva uno dei vecchi libri che aveva trovato tra le cose di sua zia. Nel divano accanto, ne era certa, c'era Draco Malfoy. E per quanto volesse farlo, c'era una vocina nella sua testa che le ripeteva di non alzare lo sguardo.
Sapeva che era stato Draco a ferire Harry, sul treno. Aveva litigato con Harry per l'imprudenza con cui si era messo ad origliare e anche per la sua ostinata idea che Draco fosse un Mangiamorte. Harry l'aveva ascoltata e poi accusata di 'non essere dalla sua parte', e lei aveva risposto dicendo che stava solo cercando di metterlo in guardia.
Perché, quando alzò lo sguardo e si trovò gli occhi immersi in quelli di Draco, sentì che non c'era nulla da temere. Vide due occhi buoni e impauriti in un viso dall'espressione arrabbiata ed agguerrita.
"A cosa stai pensando?" chiese lei, spiazzandolo completamente.
"Ti sembra una domanda da fare?" rispose lui.
"Assolutamente si."
"E perché?"
"Perché mi sembri preoccupato." Ammise lei, alzando le spalle.
"Ho ... ho un po' di preoccupazioni, sì." Disse lui, annuendo.
"E vuoi per caso parlarmene?" azzardò.
"Sei l'ultima persona con cui ne parlerei, Black."
"E chi è la prima?" chiese, infastidita dal ritorno all'uso del cognome.
Lui la scrutò per qualche secondo, conscio di non potersi assolutamente permettere di sentirsi così tranquillo in presenza della sorella di Harry Potter. Eppure, lei gli faceva quasi dimenticare tutte le sue preoccupazioni.
"Possiamo tornare al punto in cui tu leggi e io sto qui a godermi il silenzio?" chiese poi, senza mai distogliere lo sguardo da lei.
Kayla annuì quasi subito. "Non volevo ... beh, non volevo infastidirti, sai, ma alleggerirti." Disse poi, tornando a leggere.
"Lo apprezzo."
Lo apprezzo. Ma non posso permettermelo.
Furono le ultime parole che si scambiarono per il resto della serata. Lei andò avanti a leggere, e lui si perse ad osservare i suoi riccioli corvini. Quando si sentì abbastanza stanca, si alzò dalla poltrona e, senza dire una parola, prese le scale per i dormitori femminili. Lui rimase a osservare quelle scale, sperando che Kayla riapparisse. Quando si accorse dell'assurdità di quel pensiero, scosse la testa e corse verso la sua stanza.

Ti amo più di ieri e meno di domaniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora