io di te non mi stanco

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Robert tirò le maniche di quel vecchio maglione fin sopra il gomito, e con un panno bagnato, pulì i bicchieri di vino rimasti sopra al lavello. Gli sembrò quasi di sentire sua madre che diceva a suo padre che faceva sempre le cose a metà. Puliva i bicchieri, e poi li lascia gocciolanti da qualche parte.
Passando delicatamente il panno sul cristallo, si figurò il ghigno di suo padre, mentre prendeva quel richiamo come un gesto d'affetto. Quei due erano stati in grado di rendere accogliente persino un posto come Grimmauld Place.
Robert odiava i turni di guardia in Grimmauld Place, perché era profondamente convinto che nessuno avrebbe più preso in considerazione quel posto. Kreacher li aveva traditi, ormai la casa era più che esposta in piazza, ma nessuno ci faceva caso. Da quando Rose era morta, nessuno aveva più pensato di metterci piede. Ma Malocchio era convinto, profondamente convinto che Piton prima o poi avrebbe cercato di tornare, e per questo aveva semplicemente decretato che andasse inserito nei turni di guardia. E tanti cari saluti alle ore di sonno obbligatorie. Che razza di mentore era, se non lasciava le ore di sonno necessarie ad avere i riflessi pronti? Poi pensò a quanto fossero eccellenti come Auror Martha e Tonks, formate da lui. Ecco, forse, lui aveva capito il trucco.
Robert si sedette a capotavola di quel lunghissimo tavolo di quercia.
Chissà se Martha e Tonks avevano sempre saputo di voler essere Auror, nella vita.
Tirò fuori la bacchetta dalla tasca posteriore dei vecchi jeans e la tenne in bilico tra i due indici. Stava riflettendo su cosa potesse fare lui, della sua vita, desiderando semplicemente che ci fosse Hermione, che stesse bene, e che anche Harry e Ron se la cavassero. Che Kayla riuscisse a cavarsela a Hogwarts e che Anastasia, Nicole e Gabriel non dovessero mai vivere nulla del genere.
Scattò in piedi prima di sentire le serrature sbloccarsi. Spense la luce con un colpo di bacchetta e si posizionò dietro la porta socchiusa della cucina, respirando appena. Quando sentì chiaramente il profumo di Hermione arrivare fino a lui e tre paia di piedi prendere posto nel piccolo ingresso, gli venne quasi da sorridere.
«Siete sicuri?» domandò la ragazza sottovoce.
Rimase fermo, immaginando Harry che si guardava attorno con la bacchetta ben stretta in mano, come aveva insegnato Rose ai suoi nipoti.
«Sempre meglio di niente» rispose Ron, con il tono di qualcuno che scrolla le spalle.
Ecco, lui sicuramente la bacchetta non la stava tenendo alla Redfort.
«Vi pensavo più furbi» sogghignò il primogenito Black, accendendo la luce, aprendo la porta e mostrandosi a loro, con un sorriso stanco ma sincero.
A Hermione si spezzò il respiro. A lui bastò allargare leggermente le braccia, e lei vi si tuffò.
E fu come tornare a casa.

Kayla era ormai più che convinta che i corridoi di Hogwarts fossero diventati più freddi, cupi e immensamente lunghi da quando si sentiva così sola. Malediva quelle scarpe 'da giovane strega' ad ogni passo, perché facevano rumore, e sembrava che quei muri freddi, cupi e immensi la osservassero, pronti a giudicarla. Le mancavano terribilmente le sue Converse, così comode e silenziose. Ma Severus Piton aveva deciso che non poteva più portarle, perché la professoressa Carrow, insegnante di Babbanologia, diceva che erano scarpe da Babbani, e i babbani erano un pericolo, una minaccia, qualcosa da odiare.
E questo lo diceva l'insegnante di Babbanologia.
Ogni tanto le sembrava di vedere davanti a suoi occhi le espressioni che avrebbero fatto Fred, George o Robert davanti a certe affermazioni.
L'insegnante di Babbanologia.
Entrò nella sua Sala Comune scuotendo la testa, dissentita. Nel momento in cui entrò, i brusii si fermarono, e chiunque fosse presente nella stanza, prese a fissarla come si fissa un animale allo zoo. Lei, senza spostare lo sguardo da quelle dannate scarpe, continuò dritta per la sua strada, raggiungendo le scale che l'avrebbero portata alla piccola stanza che condivideva con Astoria Greengrass, che come ogni sera da ormai un mese, non le avrebbe rivolto neanche la parola.
Che colpa avesse poi, lei, di essere la figlia di Sirius e Martha o la sorella di Harry, ancora non lo aveva capito. Ma a quanto pare era una colpa imperdonabile. Non che avesse intenzione di rinnegare tutto questo o di vergognarsene: pensava semplicemente che, essendo che non si trattava di una sua scelta, fargliene una colpa fosse quantomeno sciocco.
Aprì la porta della stanza, trovando Astoria quasi disperata, con la salvietta in testa e un libro di Pozioni da preparare in casa aperto sotto al naso. Era avvolta in un elegante pigiama rosa cipria, mentre i suoi vestiti erano sparsi per tutta la stanza.
«Sei zanne di serpente, 4 Lumache Cornute, 3 aculei di porcospino ... oh, ciao, Black.»
«Due.» sospirò lei, posando il zaino sul letto e sfilandosi quelle dannate scarpe.
«Come dici?»
«Due aculei di porcospino, per la pozione scacciabrufoli. Con tre, rischieresti più prurito che altro.»
Astoria la guardò con un po' meno disprezzo. «Oh.» disse, osservano il suo vecchio libro. «Beh, ehm ... grazie, Black. Non ... non sei così male, forse.»
Kayla alzò le sopracciglia, pensando che fosse roba da primo anno, ma che lei fosse così stupida da non aver mai prestato attenzione neanche allora. Si girò verso di lei e le fece un mezzo sorriso, più che convinta che quella sera avessero parlato fin troppo. Le fece segno di dover usare il bagno, e Astoria ne uscì quasi con aria gentile. Kayla si infilò in doccia e cercò di immaginare che nella stanza accanto ci fosse la piccola casa di Rose, che ora era sua, e dove usava rifugiarsi con Fred quanto prima. Si concesse di pensare a quel loro ultimo bacio in stazione e si maledisse per una lacrima che le rigò il viso, anche se non l'avrebbe mai saputo nessuno. Uscì dalla doccia, si asciugò velocemente, e con addosso una vecchia maglietta dei Beatles si infilò a letto, senza nemmeno pensare di preoccuparsi per Astoria ed il suo brufolo. Sapeva che avrebbe dormito poco e male, e non aveva voglia di preoccuparsi di un brufolo o di tutti i vestiti che quella principessa viziata aveva lasciato in giro.
Chiuse gli occhi e si impose di immaginare di essere altrove.
Ormai aveva capito che quello era l'unico modo per sopravvivere.

Ti amo più di ieri e meno di domaniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora