If You Could See Me Now

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Emma

Nel mio piccolo appartamento al terzo piano, ripercorro mentalmente l'elenco delle cose da fare prima di uscire: caffè, mettere nella borsa il fascicolo sul nuovo caso e...Ah sì, giusto...Accompagnare Olivia all'asilo. Sorrido mentre prendo la sciarpa rosa con i pon pon e gliela sistemo attorno al collo.
Lei si lamenta di doverla indossare e mette il broncio.
Quando fa cosi assume un'espressione che mi ricorda... Flavio.
Gli somiglia moltissimo e a volte, quando non riesco a dormire, ripenso a quando, quattro anni fa, nel bagno della facoltà di legge, feci quel maledetto test.
In realtà ne feci due, entrambi positivi.
Avevo paura ed, a peggiorare il tutto, c'era il fatto che tra noi le cose non andavano più.
Lui era stato destinato a troppi chilometri lontano da dove ero io. E quella distanza a poco a poco aveva spezzato il legame che ci univa.
Scoprii che vedeva un'altra.
Per questo decisi di non dire niente.
Sospiro, cerco di non dare troppo spazio a quel ricordo. A quel dolore.
Sono stata forte.
Non ho bisogno di lui.
Ho discusso la tesi con una pancia di sei mesi e solo dopo che ne passarono altri tre mi accorsi che il vero esame, quello più difficile, sarebbe stato un altro.
Ero sola, in ospedale, a piangere di dolore mentre Olivia veniva al mondo.
Ho sperato tanto di vederlo comparire sulla porta, di sentire la sua mano che mi dava coraggio, ma lui non c'era e forse era meglio così.
Mi era bastato vederla, stringerla tra le braccia per dimenticare tutto.

- Mamma, andiamo!

Mi tira per il cappotto e si infila lo zainetto, tenendo tra le manine un peluche di Stitch.
Adora quel coso, anche se è orribile. Anzi, forse le piace proprio perché è diverso da tutti gli altri.
In questo ha preso da me.
Aggrotta le sopracciglia scure, folte, dello stesso colore dei capelli di Flavio.

Prima o poi, mia figlia vorrà delle risposte.
Prima o poi dovró dirle tutto.
Ma al momento non sono davvero pronta a riaprire quella ferita. Quell'uomo mi ha distrutto il cuore e ora al suo posto c'è solo un palpitante cumolo di macerie.

Finisco la tazzina di caffè, la getto nel lavandino e finalmente esco di casa, pronta a concentrarmi sul lavoro e su mia figlia.
È una bambina eccezionale e adora la scuola.
La guardo sparire tra gli altri compagni e sorrido alla maestra ripromettendomi di arrivare in orario per l'uscita.

Dopo aver lasciato Olivia all'asilo il telefono inizia a squillare, ripetutamente.

- Ilenia?

Da un paio di settimane la mia migliore amica si è trasferita a Londra per lavoro.
Mi mancava sentirla.

- Hey, Emma! Come va?

- Non c'è male...

Mento, e già me la vedo a storcere gli occhi. Non se la beve.

- Non dico il lavoro. Dico te. Non voglio sentirti così giù nella settimana del tuo compleanno. Anzi, a dire il vero pensavo...

Il tono di Ile non promette nulla di buono.
Se la conosco come credo, sta tramando qualcosa.

- Sono oberata di lavoro allo studio...

- Lavoro, lavoro, lavoro...la tua vita ti sta scivolando via. Senti, io e anche i tuoi genitori in realtà, abbiamo pensato di organizzare un viaggio. Solo un paio di giorni...Per farti svagare un po'.

Devono pensare tutti che io sia una sfigata di dimensione epica, altrimenti non si spiega.

- E Olivia?

- I tuoi sono felici di tenerla. Lo sai che starà bene con loro.

Niente, è impossibile contraddire Ilenia. Quando si mette in testa una cosa è quella.

- Dove si va?
La sento ridere dall'altro capo del telefono.

- Dove vieni.

Mi coregge.

- Hai un volo per Gatwick domani alle sette. Vedi di non perderlo.

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