La senatrice Amidala di Naboo era conosciuta per le sue vesti elaborati e per il suo raffinato gusto nella moda. Sull'holonet tutti la ammiravano, dagli uomini, affascinati dalla sua bellezza stupefacente, alle donne, che la osservavano forse con un punta di invidia. Nessuno l'aveva mai vista in disordine o in uno stato un filo più basso della perfezione.
Quella sera però, Padmè Amidala uscì dal suo bagno con un enorme accappatoio viola stretto intorno a lei ed un voluminoso asciugamano verde foglia avvolto intorno alla testa a mo' di turbante. A piedi nudi, zampettò fino alla sua camera per indossare la camicia da notte, ma, passando per il corridoio, intravide una figura seduta sul divano del salotto, ferma immobile a contemplare il vuoto.
Padmè si fermò ed aggrottò le sopracciglia, osservando suo marito con lieve preoccupazione. Quel pomeriggio, gli aveva portato una notizia meravigliosa e terrificante allo stesso tempo – un regalo che si erano fatti l'un l'altra. In quel momento ne era stato felice – euforico quasi – e un po' della tensione che si era accumulata dentro di lei da quando lo aveva scoperto si era sciolta.
Ora tuttavia, un'irrazionale paura si era impossessata di lei. E se avesse cambiato idea, ora che aveva avuto tempo per realizzare davvero cosa un bambino significasse, quali responsabilità portava? Il loro matrimonio non poteva più rimanere un segreto, e di conseguenza la sua carriera da Jedi sarebbe presto giunta al termine.
Padmè scosse la testa e si avviò verso il salotto, accarezzandosi piano il pancione. Anakin era seduto tra i cuscini color crema e fissava dritto davanti a sé con uno sguardo vitreo. Non sembrava stesse meditando, ma non essendo sensibile alla Forza, Padmè non poteva esserne sicura.
Quando entrò nel suo campo visivo, Anakin alzò gli occhi su di lei e sorrise, poi, notando il suo abbigliamento, alzò un sopracciglio. "Bel look."
Padmè alzò gli occhi al cielo, e cercò di trattenere un sorriso, fallendo miseramente. Anakin alzò leggermente un braccio, in un chiaro gesto di invito, e lei si accoccolò sul divano al suo fianco, lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio. "Non ti aspettavo per altre due ore minimo." Continuò Anakin, con tono volutamente leggero.
Padmè sbuffò, fingendosi offesa e voltò il viso, respirando l'odore tipico di Anakin, quel misto di metallo e sapone che adorava così tanto. "Mi sei mancato." Sussurrò.
Padmè avvertì le labbra di Anakin soffiarle un bacio leggero sulla tempio e sospirò. "Anche tu." Rispose dolcemente lui. "Non sai quanto." Le ultime parole uscirono in una specie di sibilo angoscioso che raccontava di estenuanti battaglie e di lunghe notte passate a guardare le stelle e a sperare di vincere una guerra che sembrava non avere fine, per poter finalmente tornare a casa. Padmè alzò la testa e si voltò per guardarlo in faccia.
"Stai bene?"
Anakin sbuffò ed evitò il suo sguardo. "Stavo solo... pensando."
Padmè si immobilizzò. "A cosa?"
"A... tutto. Alla guerra, ai Jedi, alla nostra vita. A nostro figlio." Anakin si sedette dritto e la fissò dritto negli occhi, incatenandola con l'intensità delle sue iridi azzurre. "Sono stato sul campo di battaglia per i primi cinque mesi della tua gravidanza. Non ero qua a sostenerti e a starti vicino. Vi ho già delusi."
Padmè lo fissò in silenzio per qualche lungo secondo, poi gli appoggiò una mano rassicurante sul braccio. "Ani... non ci hai delusi. Stavi combattendo per il bene della galassia. Stavi salvando delle persone innocenti dalla violenza dei Separatisti. Quello che fai è molto importante."
"Non più importante di mia moglie e mio figlio." Ribattè Anakin, in un modo così automatico, come se fosse una cosa scontata, che il cuore di Padmè mancò un battito. Aveva sempre saputo che Anakin la amava incondizionatamente, ma ogni volta che lo ribadiva non poteva fare a meno di sorprendersi quasi quanto la prima volta.