Sophie arrivò a casa molto tardi quella notte. Fece la strada dalla birreria "The Red Lion" alla sua abitazione lentamente a causa del dolore alla caviglia. Per riuscire a sostenersi in piedi si servì di un bastone che era stato lasciato al locale alcuni giorni prima da un signore della borghesia, lo mise sotto ad una ascella e appoggiandosi su di esso lo utilizzò come una gamba, in quel modo riuscì ad evitare di appoggiare la caviglia dolorante e gonfia al suolo. Giunta a casa aprì la porta in legno con cautela per non fare rumore per poi richiuderla alle sue spalle. In quel periodo dell'anno la stanza era molto fredda e non differiva molto dall'ambiente esterno, il luogo migliore in cui stare era il letto, coperto dalle poche coperte di cui disponevano. Lei viveva solo con suo padre che a quell'ora notturna era già coricato, sua madre invece era morta quando lei aveva solo pochi mesi di vita.
Si sedette a tavola e mangiò un pezzo di pane duro, in quella giornata era riuscita a mangiare solamente alcuni avanzi dai piatti dei clienti del "The Red Lion", altrimenti non metteva nulla sotto ai denti dalla sera precedente mentre un vero pasto non lo vedeva da settimane. Ormai era abituata alla fame e di certo non se ne sarebbe mai lamentata perché sapeva che suo padre faceva sempre tutto il possibile per sfamarla, tant'è che a volte rinunciava lui al pasto. Inoltre era anche consapevole che c'erano bambini, anche più piccoli di lei, che vivevano in condizioni peggiori privi di famiglia e di un tetto sotto al quale dormire. Ringraziava ogni giorno Dio per ciò che le aveva donato.
«Sophie, sei tornata...» mormorò il padre aprendo leggermente gli occhi e osservandola sdraiato nel letto che si trovava nell'angolo della stanza. Sophie mandò giù l'ultimo boccone di pane per poi andare anche lei nel letto con il padre, era l'unico che avevano e lo dovevano condividere.
«Non volevo svegliarti, scusa papà.» esclamò Sophie dandogli un affettuoso bacio sulla guancia, dopodiché si mise fino a coprirsi il naso curvo sotto alle coperte, il suo sguardo era assorto nei pensieri.
«Non scusarti figlia mia, sono felice di vederti finalmente a casa», disse il padre avvolgendola di più nella coperta, «Mi sembri pensierosa, c'è qualcosa che ti turba?»
«Un uomo che ho battuto a scacchi questa sera sembra aver preso a cuore la mia situazione e ha espresso la volontà di volermi adottare.» rispose Sophie sorridendo lievemente, le sue parole parevano quasi uno scherzo.
«Dici sul serio? Chi è quest'uomo?» disse di scatto il padre alzandosi con la schiena dal letto.
«Un uomo dal portamento nobile e dal carattere particolare.» rispose Sophie restando sdraiata, molto stanca dalla giornata. Fece due colpi di tosse e poi aggiunse: «Ritiene che io meriti un'istruzione e vuole anche offrirmi delle cure. Ma ora non guardarmi così, papà, lo so cosa vuoi dirmi. Anche se forse mi resta poco da vivere io non voglio lasciarti solo.»
«Sophie non devi pensare a me, io voglio che tu sia felice. Sembra che Dio ti abbia voluto donare un'altra possibilità, non sprecarla...» disse il padre iniziando ad accarezzarle la chioma corvina e scompigliata, «Se ritieni che di questa persona ci si possa fidare vai con lui, forse riuscirà a darti le cure che meriti e che io non sono mai stato in grado di pagarti.» aggiunse l'uomo con gli occhi lucidi. «Sei una brava ragazza, Sophie.» aggiunse abbracciandola.
Sophie si strinse di più in quell'abbraccio, tra le braccia esili del padre che in quel momento apparvero molto più calde di tutte le coperte del mondo. «Grazie papà, ti voglio bene... Ti prometto che ti verrò a trovare, studierò e mi impegnerò per raggiungere una posizione tale da potermi prendere cura di te.» disse Sophie.
«Ti sei sempre presa cura di me. Riposa ora, figlia mia, buonanotte.»
«Buonanotte papà.»
Il mattino seguente Sophie salutò ancora il padre, lo abbracciò e lo baciò nella promessa che sarebbe sopravvissuta e tornata al più presto da lui. Dopodiché si recò al "The Red Lion" dove comunicò alla signora Taylor, la proprietaria della birreria, che lasciava il lavoro. Infatti oltre le scommesse scacchistiche, che erano comunque la sua maggiore fonte di guadagno, lavorava anche come cameriera alla birreria solo che essendosi lussata la caviglia dopo una brutta caduta sulle scale del locale negli ultimi tempi era diventata quasi inutile e la sua paga esigua. Non sapeva a che ora sarebbe arrivato il signor Vincent, e non aveva nemmeno la certezza che sarebbe arrivato davvero, però rimase nei dintorni del locale certa che era l'unico posto in cui si potessero trovare. Rimase seduta all'angolo della strada perché non riusciva a stare per molto tempo in piedi. Il bastone che aveva utilizzato negli ultimi giorni per camminare lo lasciò alla birreria, si era ripromessa che lo avrebbe preso solo in prestito e che nel momento in cui avrebbe rivisto il signore che lo aveva dimenticato glielo avrebbe ridato, siccome non avrebbe più avuto la possibilità di vederlo decise appunto di rimetterlo dove lo aveva trovato.

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Anime Affini
Ficção Histórica(COMPLETA) Inghilterra, 1880. Vincent Jenkins è un giovane borghese tormentato da un oscuro passato. Freddo e razionale, si mostra indifferente al mondo che lo circonda. Sempre alla ricerca di novità che possano smuovere la sua vita dalla monotonia...