Capitolo 1

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"Mi sono proprio divertita stasera!" esclamò Jen mentre percorreva il vialetto che portava verso l'entrata di casa sua.

Era una notte di inizio primavera, ancora piuttosto fredda ma serena e nell'aria ferma si iniziava già a sentire il profumo dell'erba e dei primi fiori selvatici.

Fece un rapido dietrofront e camminando all'indietro si rivolse al suo accompagnatore. "E tu?" chiese. Poi, senza aspettare risposta, si rigirò ancora, piroettando come una ballerina, e continuò: "Dai, non c'è bisogno che mi accompagni fino alla porta, ormai sono al sicuro!".

Si sentiva vagamente euforica, aveva bevuto solo un paio di birre ma, per una praticamente astemia, era un quantitativo già più che sufficiente per scatenare l'allegria e per sciogliere un po' i freni inibitori.

Ad essere totalmente sincera, le aveva fatto piacere che fosse stato proprio lui ad offrirsi di accompagnarla a casa, dato che ormai da alcuni mesi aveva un debole per il bel coreano che era stato assunto nella sua stessa azienda. Lavoravano fianco a fianco, in perfetta armonia, ma lui era sempre così serio, sembrava che nulla potesse distoglierlo dal suo dovere.

Era rimasta decisamente sorpresa, quindi, quando lo aveva invitato a cena, con tutti gli altri colleghi, per festeggiare il suo compleanno e lui aveva accettato con entusiasmo. Ed era rimasta ancora più meravigliata, quando aveva scoperto che aveva un gran senso dell'umorismo e una risata bella e contagiosa. Pensava che fosse, senza alcun dubbio, l'uomo più sexy che avesse mai incontrato e, di uomini, lei ne aveva incontrati proprio tanti.

Quando arrivarono davanti all'uscio, iniziò a frugare nella borsetta per cercare le chiavi e quando le trovò, si girò trionfante verso di lui, ridendo. Non si aspettava minimamente di trovare il suo viso così vicino, né che lui le sfiorasse le labbra con la punta della lingua. Si ritrasse, sorpresa. Lui continuò a rimanere in silenzio e la guardò con un sorriso malizioso.

Jen sentiva il cuore nel petto battere all'impazzata.

"Vuoi entrare a bere qualcosa?" chiese, abbassando gli occhi timidamente.

"Certo, perché no?" rispose lui con tono neutro.

Lei si girò per inserire la chiave e avvertì la mano di lui sfiorarle un fianco per poi scivolare lungo la piega dell'inguine e fermarsi tra le sue gambe. Lo sentì avvicinarsi e premere il suo corpo contro di lei.

Non sapeva come reagire, avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma non sapeva cosa e poi la situazione la stava talmente eccitando che non riusciva a pensare a nulla di sensato.

"Se non apri la porta subito temo che dovrò prenderti qui fuori" le sussurrò in un orecchio.

La sua voce le fece esplodere un dolore sordo nello stomaco e mille brividi lungo la schiena. Le mani le tremavano convulsamente e non riuscì a centrare la toppa fino a che non vide la mano di lui chiudersi sulla sua per aiutarla a infilare la chiave in quella maledetta serratura. Un angolino della sua mente si permise di ridere di tutti quei doppi sensi ma, in generale, quell'attesa non faceva altro che amplificare il desiderio che provava.

Finalmente, la porta si aprì.

"Prego, accomodati" gli disse, cercando di mantenersi calma, anche se sentiva i sensi in fiamme.

"Grazie" rispose lui, tranquillo, come se le parole che aveva pronunciato pochi secondi prima fossero state dette da qualcun altro. Entrò educatamente e si fermò in mezzo alla stanza guardandosi intorno quasi timidamente, poi esclamò: "Bella casa! Piccola ma accogliente!".

"Sì è piccola, ma quando devo pulire sembra che sia enorme!" ribatté lei con una risata, sentendosi sollevata per il fatto che lui le rimanesse a distanza di sicurezza.

Oltre quel ponteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora