Capitolo 21

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Namjoon chiamò Jackson ancora una volta. Quando al decimo squillo non rispose e partì la segreteria, gli lasciò un messaggio lapidario: "Jackson, sono di nuovo bloccato al commissariato. Jen è stata trasferita in reparto. Chiama sua madre e dille che non posso andare all'ospedale. Nick ha un alibi di ferro e io sono nella merda".

Quando Jackson tornò dal suo consueto giro in bicicletta e ascoltò il messaggio rimase senza parole. La prima cosa che fece, fu di chiamare la madre di Jen. Rispose quasi subito segno che poteva tenere il cellulare con sé. Le spiegò brevemente la situazione, poi si mise a riflettere attentamente su come cercare di risolvere il problema di Namjoon.

***

"Mamma sai qualcosa di Namjoon? Mi hai detto che sarebbe venuto a trovarmi una volta trasferita in reparto" chiese Jen a sua madre più tardi quella sera.

"Sì. Mi ha detto che non potrà venire perché è stato trattenuto in un altro posto"

"Uffa io speravo tanto di vederlo"

Dora si passò le mani tra i capelli. L'unica persona che adesso avrebbe potuto salvarlo era proprio Jen, ma non potevano in alcun modo forzare la sua memoria correndo il rischio di creare gravi problemi cerebrali. Le dispiaceva non fare nulla, ma era importante che prima di tutto sua figlia stesse bene.

"Secondo te quando potrò uscire da questo posto?" le chiese a bruciapelo.

"Quando sarai completamente fuori pericolo e starai bene. Il tempo preciso non lo sanno neppure i dottori"

"Ma mi sto annoiando a morte. Adesso che il mal di testa è quasi passato non riesco a stare tanto tempo senza fare nulla"

"Ti capisco, ma devi stare tranquilla e far lavorare la tua testolina il meno possibile".

"Ok. Ti dispiace se provo a dormire un po'?"

"Affatto, tesoro. Quando ti sveglierai sarò qui ad aspettarti"

Jen chiuse gli occhi e, come le era successo spesso in quegli ultimi due giorni, scivolò velocemente nel sonno.

Sognò di trovarsi nel parcheggio di fronte al bar di Luigi. Era tutto immerso nell'oscurità più totale. Sapeva di camminare, solo perché sentiva le sue gambe muoversi e lo scricchiolio dei sassolini sotto le scarpe. Tutto ad un tratto aveva urtato con il ginocchio contro il parafango dell'automobile e dal dolore si era piegata in avanti sbattendo violentemente il naso contro il finestrino.

"Ciao troietta", le eccheggiò nelle orecchie, poi si svegliò di colpo. Si guardò intorno. La stanza era completamente silenziosa. Sua madre dormiva sulla poltroncina di fianco al suo letto con la testa reclinata dalla parte. Chi mi ha chiamata così? La voce non le ricordava nessuno in particolare, ma sentiva una sensazione di paura alla bocca dello stomaco. Chiuse gli occhi e si riaddormentò immediatamente.

***

Namjoon fu costretto a passare la notte al commissariato. Non chiuse occhio mentre passò tutto il tempo a riflettere su come uscire da quella situazione orribile.

"Buongiorno signor Kim, ha passato una buona nottata? Ha qualcosa da dirci? No? Venga con noi perché noi invece abbiamo alcune cose da discutere con lei"

Lo portarono ancora nello stanzino degli interrogatori.

"Allora, dunque, abbiamo contattato il consolato e abbiamo avuto una serie di notizie appetitose sul suo conto. Ha avuto una vita avventurosa, vero?"

"Mmh, avventurosa non mi sembra la parola giusta" rispose Namjoon di malumore.

"Pare comunque che non sia stata tanto tranquilla"

Oltre quel ponteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora