CAPITOLO 11

56 15 1
                                    

"Ragazzi!!! Ho una notizia bomba!!!" urlò Cecilia entrando in ufficio tutta eccitata "ero giù in officina a cercare il capo quando ho visto passare Jen!"

Sentendo il suo nome anche Namjoon alzò gli occhi dai suoi fogli per prestare attenzione.

"Mi ha fatto solo un cenno e poi se ne è andata, così, per curiosità, sono entrata da Erica e lei mi ha detto che è venuta qui solo per portare la lettera di dimissioni!!!"

"Cosa??? Ma stai scherzando? Se ne va via? A me ha detto che era ammalata!" ribatté Lucy meravigliata.

"Quando torna? Dovrebbe lavorare durante il preavviso se non mi sbaglio" chiese Namjoon partecipando per la prima volta ad un discorso tra colleghi in ufficio. Le altre due si girarono a guardarlo come se non l'avessero mai visto prima.

"Erica mi ha detto che non tornerà. Userà le ferie per coprire i giorni di preavviso" rispose Cecilia dispiaciuta "ha anche detto che ha già parlato con il capo e che non ha trovato un altro posto di lavoro. Ti ha lasciato nelle grane con i clienti, vero?"

Namjoon fece un gesto stizzito poi esclamò: "Non mi lasciato in nessun pasticcio! Abbiamo sempre lavorato insieme!" poi si alzò di scatto lasciando la stanza.

Cecilia e Lucy si guardarono perplesse chiedendosi se quella mattina tutto il mondo avesse deciso di impazzire nello stesso momento.

Namjoon si diresse ad ampie falcate verso il bagno. Appena entrato si appoggiò con la schiena alla porta, tirò fuori il cellulare dalla tasca destra dei jeans e compose il numero di Jen nervosamente. Uno, due, tre, quattro squilli a vuoto poi la segreteria. "Maledizione! Perché non risponde?" si chiese, incrociando il suo stesso sguardo nello specchio. L'ultima volta che si era guardato in quello specchio, lei era lì con lui. Lei così calda e inebriante. Lei così divertente e disponibile per lui. Lei. Chiuse un attimo gli occhi e sentì il suo sapore sulle labbra, il suo odore particolare, inconfondibile, insostituibile. Stava impazzendo? Si prese la testa tra le mani: doveva parlarle, doveva assolutamente impedirle di rovinarsi la vita per colpa sua, le aveva già fatto abbastanza male, non voleva aggiungere altre voci alla già lunga lista di cose per cui rammaricarsi. Provò ancora a telefonare, ma gli squilli a vuoto lo innervosirono ancora di più. Si rimise il cellulare in tasca e uscì dal bagno come una furia.

Jen salì in macchina per tornare a casa. Prese il telefono dalla borsa e vide le due chiamate di Namjoon. "Le notizie volano in fretta" si ritrovò a pensare con un sorriso. Appoggiò il telefono sul cruscotto poi mise in moto.

Il resto della settimana passò velocemente. Jen rispondeva al telefono solo quando le chiamate provenivano dall'ufficio, sapeva infatti che Namjoon era troppo onesto per usare l'apparecchio della ditta per fare telefonate private. Lui provò un paio di volte a chiederle qualcosa di personale, ma entrambe le volte lei gli spense il cellulare in faccia. Le mancava terribilmente, ma era ancora troppo arrabbiata per ascoltarlo.

I primi giorni al bar di Luigi furono disastrosi. Jen non sapeva nulla di quel lavoro, quando portava i vassoi colmi di bicchieri e tazzine era terrorizzata perciò risultava lenta ed impacciata. Al mattino aveva troppo sonno e il pomeriggio non passava mai. Le mancava il suo vecchio impiego e aveva i piedi pieni di vesciche. Il giorno peggiore in assoluto fu quando sua madre passò per prendere un caffè e la trovò dietro al bancone.

La situazione sarebbe anche stata comica se si fosse fermata solamente alla sua espressione sbalordita, accentuata dalla "o" perfetta che aveva formato la sua bocca nel vederla ma, in realtà dopo pochi secondi si era trasformata in una vera e propria tragedia.

"Ma tu cosa ci fai qui?" le chiese con un tono di voce troppo alto per non essere udito anche dagli altri clienti che si trovavano all'interno del bar e probabilmente anche da quelli a due o tre isolati di distanza.

Oltre quel ponteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora