I Guardiani della Galassia.

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Morag, Galassia di Andromeda

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Morag, Galassia di Andromeda.
2019.
11:40 a.m.
Base segreta dei Sunrise.

Buio.
La prima cosa che vidi, quando aprii gli occhi, dopo aver sbattuto le palpebre più volte per capire se il buio che vedevo era dovuto alla stanza o ai miei occhi e constatai, con felicità, che era la prima opzione.
Provai a mettermi seduta ma un terribile mal di testa mi colse, costringendomi a mettere le mani sulla testa e a rimettermi sdraiata sul pavimento freddo di marmo.
Ci voleva anche questo!
Quando il mal di testa mi lasciò un po' di tregua, riuscii a mettermi seduta tenendomi su coi palmi posati per terra; guardai intorno a me in cerca di indizi: mi trovavo in una stanza quadrata non tanto grande, le pareti erano di un grigio scuro e avevano tutta l'aria di essere molto antiche.
Il pavimento di marmo era anch'esso di un grigio scuro, c'era una minuscola finestra rettangolare che si trovava molto in alto a cui non sarei mai potuta arrivare; c'era una porta in legno chiusa e, infine, c'era una piccola luce che proveniva da una strana torcia a forma di sasso, in mezzo alla stanza... non c'erano molti indizi su dove mi trovassi.

Con uno sforzo immane riuscii a rimettermi in piedi, tenendomi il fianco destro: tutto il mio corpo era dolorante e le mie gambe, probabilmente, non mi avrebbero retto ancora a lungo; solo allora mi guardai i vestiti.
Avevo una tuta di pelle nera sprovvista di maniche che mi fasciava perfettamente il corpo, un lungo pezzo di stoffa viola a farmi da cintura, dei guanti senza dita neri che mi arrivavano fino al gomito e degli stivali lunghi, neri, con un po' di tacco... come cavolo ero vestita!
Abbandonando l'idea su come ero vestita, mi avvicinai zoppicando alla porta, fiondandomi sulla maniglia che abbassai subito cercando di aprirla, ma non successe niente.
Ritentai altre tre volte e la presi a spallate ma niente da fare, era chiusa a chiave maledizione.
Scoraggiata, ritornai al centro della stanza e mi rimisi seduta stendendo le gambe doloranti e pensando a come uscire da quella tremenda situazione, in cui non sapevo com'ero finita.
Ci pensai, ma più cercavo di arrivare ad una soluzione più la testa mi doleva, così abbandonai non riuscendo ad arrivare ad una conclusione.

Dopo qualche minuto sentii la porta aprirsi e una luce mi accecò, costringendomi a mettere le mani sulla fronte per riuscire a vedere chi era entrato.
Riuscii a vedere chi fosse: Dalen Wayland, che mi si avvicinava tranquillo con sguardo impassibile.

Era un uomo sui 35 anni, alto 1.78, coi capelli corti nero ebano, occhi castano scuro, naso lungo e appuntito, labbra sottili e serie incorniciate da una barba rada nera.
Era vestito con giubbotto di pelle nera, lungo fino ai talloni, camicia marrone chiaro che lasciava trasparire un ciondolo argentato a forma di sole, pantalone marrone scuro e stivali neri.

Quando mi fu vicino disse, con voce seria «È ora del trattamento, dolcezza.»
Lo guardai negli occhi «Il trattamento? Cos'è?»
Lui sorrise serafico «Oh, lo vedrai presto.»
Con occhi di sfida dissi «Non ti aspetterai che venga con te di mia spontanea volontà dopo che mi avete rapita!»
Scosse la testa «Conoscendo il tuo carattere testardo, sapevo che non saresti venuta con me con le buone. Speravo tanto di essere cordiale, ma non mi lasci altra scelta.» detto questo mi prese le braccia tenendole così forte da farmi male e mi alzò facendomi protestare «Lasciami!» lui non badò alle mie proteste e mi portò fuori dalla stanza, trascinandomi per un intero corridoio illuminato da torce a forma di sassi che rendevano il tutto inquietante ai miei occhi... dove cavolo mi stava portando, e cosa voleva farmi?

The Avengers: The Phantom Shadow.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora