Capitolo III

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Arrivato di fronte ad Alrisha lasciò la mano della bambina che avanzò verso sua madre; Asmita si inchinò leggermente verso Alrisha sorridendole leggermente. Sembrava che la stesse guardando pur avendo le palpebre chiuse,era pur sempre un uomo affascinante pur indossando una semplice tunica da monaco buddista. Asmita in realtà riusciva a 'vedere' e di fatto guardò Alrisha. Aveva mille domande da porgerle ma non era ancora il momento giusto. Così si volse per andarsene seguito dagli altri cavalieri della Vergine che avendo finito di mangiare si erano alzati da tavola. Il tutto fu interrotto dalla risata cristallina della Dea Athena, che avendo assistito alla scena, ne rimase piacevolmente colpita. Conosceva bene i suoi cavalieri, ancor di più quelli della casa della Vergine; erano i cavalieri più 'pericolosi'. In tutti i sensi. Avevano un modo tutto loro di percepire il mondo e la vita. Ciò che li contraddistingue dagli altri cavalieri d'oro .

La cena era finita e Antares e Shijima erano appoggiati al tavolo completamente addormentati. La giornata era stata stancante per i due bambini. Alrisha si intenerì nel vederli, le dispiaceva svegliarli per ritornare alla Dodicesima casa. Ma non sarebbe riuscita a portarli tutti e due nelle braccia. Si avvicinò a Shijima per prenderla in braccio.

Albafica aveva visto Alrisha dirigersi verso i bambini. Aveva bisogno di una mano, lasciò silenziosamente la cerchia di uomini, in cui era finito a sua insaputa, per dirigersi verso Alrisha. Prese Antares nelle braccia lanciando un fugace sguardo ad Alrisha come a dirle di avviarsi. Senza spiaccicare parola i due si diressero verso la casa dei Pesci. Arrivati al gran portone, Alrisha sorpassò Albafica così da fargli da guida verso la sua stanza. Nella sua stanza, Alrisha mise Shijima sul letto togliendole le scarpe per metterla sotto le coperte, lo stesso fece Albafica con Antares. Dopo aver controllato il tutto, si allontanarono dalla stanza per andare nel salotto.

Stanca dalla giornata appena passata, Alrisha si buttò sulla soffice poltrona accanto la finestra. Albafica, guardando la scena, sorrise; andò verso il frigo e prese una birra, la aprì e si andò a sedere di fronte Alrisha. Albafica iniziò a guardarla. Il viso rilassato, labbra rosee e carnose, lunghi capelli neri con ciocche blu scuro, un corpo proporzionato e sinuoso. Una donna incantevole. Alrisha non stava dormendo, sentendosi osservata aprì gli occhi mostrando uno sguardo caloroso sottolineato dal color nocciola scuro delle sue iridi. Albafica la stava osservando. Non osò abbassare lo sguardo. No. Voleva affrontarlo. Lo guardò. Capelli cerulei e lunghi, occhi color ghiaccio, labbra sottili e delicate, un corpo statuario ed allenato come se fosse stato scolpito da Michelangelo. Un uomo stupendo. Era una lotta continua. Nessuno dei due voleva cedere.

-Vogliamo continuare fino a domattina Albafica?-

La voce di Alrisha era calcolata, ma sentir il suo nome pronunciato da quelle labbra, era come puro piacere.

-No, mia cara-

-Allora smettila. Non è educato fissare una donna.-

-Smetterò solo quando ne avrò abbastanza.-

Albafica non demorse. Voleva studiarla, capirla, analizzarla nel profondo. Era da quando l'aveva vista nelle sale della Dea Athena che il suo animo aveva iniziato ad essere in subbuglio. Quella ragazza lo attraeva. Non andava bene. Per niente. Lui era un uomo solitario, era sempre stato solo.

-Non ce la faccio più. Smettila di fissarmi.-

-No!-

Indignata dalla sfacciataggine di Albafica, Alrisha si alzò andando diritto davanti a lui. Si abbassò leggermente guardando Albafica negli occhi. Si sentiva accaldata ma il suo intento era un altro, gli sfilo la birra dalla mano e se ne andò bevendola. Albafica rimase immobile. Non si aspettava una reazione del genere. Era ufficiale. Quella ragazza aveva fegato.


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