Capitolo XI

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'Inferi'

Il Dio Ade si trovava nella terrazza della sua stanza a sorseggiare il tè, continuando ad accarezzare il suo amato cane, Cerbero. Il suo piano stava per attuarsi. Non aveva mai pensato che quell'insulsa bambina, sarebbe diventata la sua nemica più temuta, dopo la Dea Athena. Aveva il sangue di Artemide nelle vene. Se non i suoi poteri. Era un vantaggio il fatto che la ragazza stessa non ne fosse a conoscenza. –Mio Signore.- Pandora comparve al suo cospetto disturbando il flusso dei suoi pensieri. –Sai che non desidero essere disturbato quando non sono nella sala. - disse con voce calma il Dio degli Inferi non degnando di uno sguardo la sua fedele servitrice. –Mio Signore, il dio Ares è arrivato.- Pandora, non guardò il suo Signore, mantenne il viso basso inginocchiandosi. Ade, compiaciuta dalla lieve notizia si alzò affacciandosi versò il suo regno –Fallo venire qui. Parleremo con l'ombra di questo meraviglioso paesaggio.- -Sì, mio Signore.- dicendo ciò, Pandora uscì per condurre il dio della guerra da lui. Non c'era luce negli Inferi. Ogni luogo era dominato dall'oscurità, le urla delle anime facevano da sfondo ad un luogo tetro e profondo come colui che lo regna.

-Zio Ade, sono millenni che non ti vedo.- il Dio della guerra fece il suo ingresso nella terrazza in tutta la sua strafottenza. Pur avendo più di 2.000 anni, rimaneva il solito ragazzino bamboccio e capriccioso. –Usi ancora i corpi degli umani per reincarnarti? Patetico.- Ade lo squadrò guardandolo schifato. Perché non usava la sua vera forma? Usare gli umani come recipienti non era sempre una buona idea. –Oh andiamo zietto, non essere così cupo. Abbiamo una guerra da vincere. Non vedo l'ora. Sono secoli che non combatto.- -Potresti avere un po' di contegno almeno in mia presenza? Stupido moccioso.- il Dio della guerra, rise a crepapelle. Adorava dare fastidio.

-Per tua informazione, è meglio che tu sappia che a questa guerra ci sarà anche la bambina.- Ade non guardò in faccia il Dio della guerra ma, sapeva perfettamente che ora il suo sguardo era diventato serio –Quella bambina?- chiese Ares tornando a sedersi. Il Dio degli Inferi annuì, quella bambina fu una disgrazia per tutti. Artemide non doveva intromettersi. Non era che un'altra matassa da aggiungere alle altre. Ciò che voleva più di tutto era riportare in vita la sua amata : Persefone.

Athena ed Artemide gli erano d'intralcio, l'anima di quella bambina era perfetta per riportare in vita la sua Amata per poi conquistare il mondo. Conquistare il posto che gli era sempre spettato. Governare su tutti gli esseri viventi. –Sai che dovrai andare in contro ad Athena ed Artemide?- chiese Ade guardando Ares –Certo che lo so. Che domande sono? Non aspetto altro da secoli.- Ade, compiaciuto dalla risposta del caro nipote, con un gesto della mano lo liquidò. Ares si congedò dirigendosi verso le sue stanze, non avendo idea del piano di cui faceva parte.

-Mio Signore.- Pandora disturbò, ancora una volta, la quiete del suo padrone –Gli Specters mandati al Grande Tempio, sono qui a fare rapporto.- disse non alzando la testa per guardare il suo Signore. Ade si volse leggermente per guardarla –Hanno ciò che avevo chiesto?- -Sì, mio Signore. L'hanno portata nelle segrete.- non dicendo una parola, il Dio degli Inferi si diresse alla sala del trono, lasciando Pandora nella terrazza. I suoi amati Specters erano davanti a lui inginocchiati, aspettando un suo ordine per poter parlare –Radamante! Ebbene?- disse alzando la voce per farsi udire chiaramente. Radamante di Wyvern si fece avanti facendo rapporto al suo Signore.

-Molto bene, Minos, Aiacos e Radamante. Vi voglio nella sala delle costellazioni tra meno di un ora.- comandò Ade, uscendo dalla sala del trono. Doveva dare il benvenuto alla nuova ospite.

Le segrete non erano altro se non un luogo buio, orribile. Ade non amava recarvisi, lo riteneva un posto inutile, anche per dei prigionieri. Preferiva esiliarli nei vari gironi dell'inferno, così che avessero potuto patire la pena per l'eternità. La porta nel quale era la vittima, era sorvegliata. Congedò lo Specter di guardia ed entrò nella cella. Un posto davvero orribile. Non riusciva a vedere la vittima. Shijima, aveva sentito l'arrivo di qualcuno e si era andata a rannicchiare nell'angolo più buio della cella, voleva tornare da sua madre, riabbracciare suo fratello, riprendere gli allenamenti. Voleva andare via da quel posto orribile.

Ade scrutava attentamente la stanza. Con uno schiocco di dita illuminò la stanza, trovando un esile corpicino e dei capelli rosso scarlatto. Lei tremava, ma non emetteva un fiato. Era una bambina. Si inginocchiò alla sua altezza. La bambina alzò piano il viso, era spaventata; le lacrime solcavano le sue guance. Ade la guardò, studiò il suo viso. Si alzò tendendole la mano, la bambina non si mosse –Non avere paura, non ti farò del male. Lasciati curare.- disse il dio degli Inferi. Shijima, ancora spaventata, prese la mano dell'uomo di fronte a sé.

'Grande Tempio'

-Lo sapevate mia Signora. Non è vero?- domandò il Grande Sacerdote. Non era una coincidenza che avessero preso Shijima. –Con tutta la franchezza, Saga, Shijima è la reincarnazione del cavaliere della Vergine mancante. Non ci hai fatto caso?- Saga si girò verso la sua Dea. Athena, a sua volta, lo guardò in viso –Non chiedermi altro Saga. Non sono a conoscenza dei piani degli Dei dell'Olimpo. I miei fratelli saranno qui a momenti. Dobbiamo andare ad accoglierli.- disse la Dea sorridendo dolcemente. Non avendo nient'altro da dire, Saga si congedò. Aveva lasciato il posto da cavaliere dei Gemelli a suo fratello Kanon, quando fu eletto Grande Sacerdote dalla Dea in persona, non poteva crederci. Lui, che aveva coltivato il male, lui, che aveva ucciso la Dea stessa sotto suo ordine. Non poteva ancora crederci. Lui che dopo tanto tempo, ciò che provava era amore e non più odio. Voleva salvare il mondo. Ade e Ares non potevano prendere il potere. Alrisha non poteva sacrificarsi. Antares e Shijima. Ade non faceva altro che distruggere ogni tipo di felicità. –Gran Sacerdote!- Demetra del Sagittario era lì in attesa di essere ricevuta dalla Dea Athena e dal Gran Sacerdote, ed alla vista di quest'ultimo, si inchinò come forma di rispetto –Alzati, Demetra, siamo in veste informale ora!- il cavaliere del Sagittario, si alzò sorridendo dolcemente. –Mi avete fatta chiamare, vorrei saperne il motivo.- disse, Saga, senza dire una parola, la condusse al di fuori del palazzo. –La situazione è grave, Demetra. Tu sei l'unica che conosce molto bene Alrisha. In questo periodo lei è incontrollabile. Ho bisogno che tu le stia accanto. Lei è la nostra salvezza.- -Perché?- -Non posso dirti altro Demetra.- Demetra, non soddisfatta delle spiegazioni, si congedò ugualmente, abbandonando il Grande sacerdote ai suoi pensieri.

- Athena, mia cara, è da un po' che non ci vediamo- erano arrivati. Due figure dalle caratteristiche opposte si mostrarono ad Athena. Una donna dai capelli bianchi impreziositi da fili d'argento, due occhi grigi, un corpo esile ma imponente. Indossava una tunica greca, monospalla su cui si adagiava un mantello rosso cremisi. Un uomo dai capelli rossi con fili d'oro, due occhi dorati, un viso delicato ed un corpo statuario e perfetto. Artemide ed Apollo fecero il loro ingresso nel Grande Tempio. Erano solo loro tre. Athena aveva preferito non radunare i cavalieri. Prima aveva bisogno di parlare con loro da sola. –Sapete il motivo della vostra presenza qui. Non voglio girarci intorno. Voglio avere delle risposte immediate.- la Dea Athena scrutò attentamente i due Dei di fronte a sé. Fu la Dea Artemide a spezzare il silenzio, sorrise dolcemente verso Athena –Io sono disposta a darti una mano, d'altronde qui c'è la mia protetta. Non posso lasciarla proprio adesso.- entrambe si girarono verso Apollo, attendendo una sua risposta. Il Dio Apollo, in passato aveva tentato di distruggere la Dea Athena, ma era stato soggiogato. Ora più che mai doveva sdebitarsi verso la sua pietà. –Sono dei vostri. In fondo ti ho dato una mano nel risuscitare i tuoi guerrieri. Sarebbe da sciocchi abbandonare proprio adesso.- -Molto bene allora, stasera conoscerete i miei amati cavalieri. Il banchetto di stasera sarà in vostro onore. Andate a riposarvi, le mie ancelle vi guideranno nelle vostre stanze.- li congedò, così che anche lei potesse avere un momento di pace. Questa guerra la stava prosciugando.

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