Le sue gambe cominciavano a tremare sulle mie spalle, e lei era così bagnata che il naufragar m'era dolce nel suo mar.
Tendeva a sfuggirmi, a scivolare dalle mie braccia, ma io, deciso, non la lasciavo andare, legavo il mio braccio sinistro al suo corpo passando sopra la gamba e afferrando il lato destro del suo bacino, poi con due dita dentro mi aggrappavo a lei.
A letto ero il suo Lucifero, le piaceva essere posseduta da me.
Il suo fiato eccitato mi cadeva addosso come una cascata, facevo dentro e fuori con le dita a mo' di pistola, per spararle dentro certi orgasmi di cui non si sarebbe mai dimenticata.
Gridava il mio nome da far tremare la casa, ma dopo voleva sempre invertire i ruoli, alzandomi lo sguardo con le mani mi sussurrava "fammi avere il controllo", e io glielo concedevo, uscendo con le dita e sdraiandomi per farla sedere sulla mia faccia. Mi piaceva da matti tenere il suo sapore di acqua salata sulle labbra, e a lei piaceva bendarmi gli occhi con le mani e ondeggiare sulla mia bocca come il mare su una spiaggia.
Eravamo il cibo e la fame l'uno dell'altra, ci piaceva morderci, assaggiarci; viziarci e mai saziarci.