La verità è che io e lei eravamo due teste di cazzo ingestibili.
Tutte le nostre litigate erano solo un pretesto per avere il sesso per fare pace.
Il sesso però era l'unica cosa che ci riusciva bene, e fidatevi quando vi dico che compensava tutto il resto.
Iniziava sempre con niente, spesso bastava letteralmente un dettaglio; io con gli occhi altrove e lei con le sue gelosie, io con le battute sconce e poi lei sulle labbra mie.
Il nostro sesso era pura poesia aggressiva, ogni posto andava bene per farlo, inciderle addosso i brividi che poi avrei inciso su una pagina, come quando le slacciavo il reggiseno, e sembrava le uscisse fuori l'anima.
Per tenerla a bada mi piaceva tenerle sempre i polsi fermi, fino a scaldarle il collo con i baci, e le spalle con i denti freddi.
Si ribellava sempre con me perché voleva lei il comando, ma il fatto che non glielo concedessi ci rendeva più aggressivi: cane e gatto, morso e graffio.
Per impedirle di reagire, la giravo sempre di schiena, contro il mio petto. Il braccio sinistro andava attorno al collo, e mentre quello destro si aggrappava al seno le mordevo il lobo delicato, per poi passare al collo, e farle capire chi comanda, chi ha ragione per davvero.
A quel punto mi lasciava fare, ma pur sempre dandomi dello stronzo. Sorridevo, e decidevo di darle un motivo in più per chiamarmi così.
Con la mano destra dal seno le scivolavo lungo il petto, all'inizio sfiorando e scendendo premendo, fino a puntare con due dita dentro i jeans, dentro le mutande, dentro di lei.
Mi dicevano spesso che non era amore questo, eppure finché non lo si prova, nessuno può saperlo; il nostro sesso non era come una sveltina in paradiso, ma più che altro fare l'amore all'inferno.