Amavo il suo corpo, amavo il modo in cui la sua ombra si proiettava sulla parete quasi ad eclissare il mondo, amavo quando mi saliva sopra e mi prendeva fino in fondo, amavo il circolo vizioso del suo capezzolo, amavo leccarlo attorno.
Essere il suo Dio era una cosa sua che avevo solo io, spingevo dentro una volta, poi due, poi tre, sempre più forte fino a farle prendere tutto quello che avevo di me.
Si bagnava gemendo, e io avevo questa abitudine di lasciarla sopra in paradiso per poi trascinarla all'inferno, occhi bendati, polsi legati, la rigiravo a pancia in giù e dopo uno schiaffo sul sedere la prendevo da dietro, adoravo la sua schiena, adoravo passarci la bocca e tenerla per i fianchi mentre tremava con me dentro.
Infine, la slegavo, la giravo ancora a gambe aperte sempre con me al comando, completavo la mia bocca e il suo seno proprio come un puzzle, affondavo dentro di lei, come le sue unghie sulla mia schiena, come i miei morsi sul suo labbro, fino a venire insieme e crollarci addosso in un orgasmo.