tutto ha un inizio

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<< Dannazione Martina, perché diavolo sei così fredda? >> strilla mentre un lampo echeggia nell'aria. << Non sono fredda >> sussurro abbassando lo sguardo trovando davvero interessanti le mie converse. << Non sei fredda? >> ridacchia sbalordito. << Mi prendi per culo? Non mi rivolgi parola da più di 2 mesi >> << Ma che cazzo te ne
frega? >> un tuono. << Sei la mia migliore amica, la persona con cui mi confido e quella che cercherei di salvare dalle fiamme. È lecito, che mi preoccupi, no? >> mi fa notare con ovvietà. << Allora?! >> << Ma non ci arrivi? Davvero? >> un lampo. << Cosa dovrei capire,eh? Cosa non so? >> << Mi sto innamorando >> le iridi dei suoi occhi si allargano e lo vedo deglutire. << Di uno Stronzo. Di un ragazzo che non mi ama né mai lo farà. Mi hanno detto che non mi merita perché non sa apprezzare il mio valore, ma io oramai ci sono troppo dentro. Dentro fino al collo >> << Quanto vorrei sapere di chi si tratta per urlargli contro che è un Coglione e che non capisce un cazzo. Ma già lo so. Lo so che non mi dirai di chi si tratta. Ma fai in modo che io non lo scopra Martina perché altrimenti sarà un uomo morto >> mordo le labbra per evitare di prenderlo a schiaffi. Davvero, non capisce? Scuoto il capo con vigore. 'Suicidati allora Jorge, perché lo Stronzo senza cuore sei tu. Il cieco, il codardo, quello che pensa ad infilarsi nelle mutande della prima che capita. Sei tu' << Ti odio Jorge. Non capisci nulla. Non mi capisci, più >> un tuono. Occhi dentro occhi. Un altro. << Che vuoi dire? >> << Nulla. Ma abbracciami ti prego, ne ho bisogno >> le sue braccia possenti si stringono intorno alla mia vita che a parer suo e dei miei amici si assottiglia sempre di più. << Ora andiamo in una bella pizzeria e voglio che ti ingozzi fino a stare male. Devi recuperare tutto ciò che hai perso >> mi ordina premurosamente. Annuisco abbassando il capo e la sua mano si stringe alla mia. Chiudo gli occhi. Cazzo, se fa male. Non si accorge neanche del dolore che mi provoca. Pian piano mi circonda con un braccio cercando di riscaldarmi e stringendomi a se. Il suo cellulare squilla. << No dolcezza sono impegnato, ora >> posso sentire chiaramente dall'altra parte la voce di un'oca starnazzante protestare con voce calda un 'Ma io sono più importante,vero?' Il cuore smette di battere. << No >> dice solo per guardarmi cercando nei miei occhi qualche traccia. Pensa o almeno spera che io non abbia sentito. Mi scosto velocemente dalla sua presa stringendo un braccio intorno alla mia vita. Lo odio.
Mi lascia entrare per prima aprendo la porta. E odio quando fa questi gesti da gentiluomo. Lo odio tanto. Mi siedo velocemente senza permettergli di scostarmi la sedia. Ci manca solo questa. Tolgo di mezzo il mio cappotto accavallando le gambe. Quando il cameriere arriva ordino una pizza Margherita mentre Jorge ordina la sua alle patatine fritte rivolgendogli un'occhiataccia. Continua a farlo nonostante l'altro sia corso via intimidito. Gli lancio un calcio sotto il tavolo e lui si volta a guardare me con quella stessa espressione corrucciata mentre io lo guardo male. << Smettila di guardare male il cameriere >> << Lo farò quando tu smetterai di mettere magliette così scollate >> lancia uno sguardo fugace verso il mio maglioncino e mi sento come traffitta, oltrepassata dai suoi occhi. << Non è scollata >> protesto incrociando le braccia sotto il seno. << Ti ci hai infilato gli occhi dentro per un buon quarto d'ora >> sbuffo guardando altrove. Rimaniamo in silenzio fino a quando le pizze non raggiungono il nostro tavolo. Ringrazio con un sorriso il cameriere questa volta coprendomi con una mano e facendo attenzione al posarsi del suo sguardo. Jorge sorseggia la sua birra nervosamente pensando a chissà cosa. << Me ne dai un pochino? >> << Te lo puoi scordare >> << Ne ho una scorta a casa Jorge, la berrò comunque >> scrollo le spalle mentre lui mi passa la bottiglia. << Non. Esagerare >> scandisce bene le parole Facendomi roteare prontamente gli occhi. Ne prendo un lungo sorso sentendola arrivare giù nello stomaco amara e spietata. Nel frattempo si può sentire un tuono riecheggiare fuori dal locale. La luce nel locale viene e va. Comincio ad agitarmi sulla sedia e Jorge prova a tranquillizzarmi con il suo sguardo. << Signore e signori mantenete la calma, è tutto sotto controllo >> il cellulare di Jorge squilla ancora una volta. << No Mariana tranquilla Martina è in pizzeria con me, non usciremo da qui fino a quando non sarà terminato il temporale >> sento la pioggia ticchettare contro i vetri freddi del locale. Ripone il cellulare nei suoi jeans rubandomi la birra. << Tu basta bere >> << Sembri mio padre >> << Sono il tuo migliore amico è come se fossi tuo fratello maggiore >> avete presente quando mille lame ti trafiggono? Bene, pensate a quel dolore e moltiplicatelo all'infinito. Cosa ne viene fuori? Lui sembra notare il mio malumore. << Ho per caso detto qualcosa di sbagliato? >> scuoto il capo. << No, devo andare alla toilette >>. Mi alzo senza avere una sua risposta ed entro nel bagno poggiandomi con le braccia alla superficie fredda del lavandino. Mi guardo allo specchio. Devastata. L'unico aggettivo che potrebbe descrivermi in questo momento. Una lacrima solca il mio viso e silenziosamente comincio a singhiozzare odiando il mio riflesso. Una delle cabine del bagno si apre ed un'anziana esce fuori di lì per poi notare la mia presenza e avvicinarsi. Si sciacqua le mani senza proferire parola. << Tutto bene bambina? >> sorride dolcemente riempiendomi il cuore di dolcezza. Pura. << Fa male, qui >> indico il cuore mentre lei sorride dolcemente << E questo dolore ha un nome? >> << Jorge. Jorge Blanco. Il mio migliore amico ed il mio incubo peggiore. Non sa nemmeno cosa provo per lui. Crede che sia innamorata di un altro >> non so neanche io perché mi sto confidando con una sconosciuta. << Jorge Blanco, dici? Quel bel ragazzone dagli occhi verde smeraldo? Immagino che tu sia la dolce Martina >> indietreggio spaventata << Lei come fa a sapere che.. >> << Sono la nonna di Jorge >> mi tappo la bocca dandomi mentalmente della stupida. Maledetta me e la mia stupida impulsività. << Non glielo dica la prego >> << Io non ho visto né sentito niente, non so a cosa ti riferisci >> sorride carezzandomi una guancia e abbandonandomi lì da sola. Mi ricompongo tornando da Jorge che paga il cameriere prendendo il mio cappotto per raggiungermi, posarmelo sulle spalle, infilarmelo e farmi uscire di lì, con irruenza. << Jorge sta piovendo e c'è il temporale che diavolo..? >> << Ci rifugeremo in quel palazzo >> indica davanti a se una struttura enorme. << Ah si, e come pensi di entrarci? >> mi indispettisco. << Con queste >> tira fuori dalla tasca un mazzo di chiavi. << Da quando i tuoi hanno una casa qui? >> inarco un sopracciglio << Da prima che io nascessi, ma me la lasciano. È il mio spazio >> serro le labbra. Il suo spazio? Per scopare? Lo raggiungo correndo coperta dal cappuccio del mio cappotto.

Jortini o LeonettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora