Parla con me

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Martina che sorride.
Martina che balla.
Martina che canta.
Martina che vive.
Jorge guardò attorno a se, in un angolo della stanza, la vide tremante ed impreparata torturarsi le labbra e ripassare le battute del primo copione in assoluto.
Rivide quell'audizione, circondato da quelli che un giorno sarebbero diventati per lui, per loro, una seconda famiglia. La rivide mentre si dimenava, i lacrimoni agli occhi, le labbra tremanti. Martina sembrava diventare un tutt'uno con Violetta quando recitava. Avvertiva ogni singola emozione, quasi come se questa l'attraversasse, impadronendosi di lei. Dischiuse le labbra, lanciando un ultimo disperato grido d'aiuto, e quel "Mamma" su quelle labbra peccaminose, eppur pure al tempo stesso, scavò un brivido nei muscoli di chiunque la circondasse.
Con quell'urlo disperato, Martina, aveva dimostrato quanto una persona potesse essere il bisogno, la dipendenza di un'altra.
Martina sensuale.
Martina bambina.
Martina innocente.
Martina sicura.
Si voltò ancora, e stavolta la intravide di sfuggita stringersi forte a Francisco, quasi come un abbraccio potesse sprigionare tutto il bene che aveva da offrire. Sorrideva, gioiva e piangeva. Mille emozioni contrastanti che solo lei avrebbe potuto sopportare.
Solo una piccola, forte, indistruttibile donna.
Martina arrabbiata.
Martina sincera.
Martina curativa.
Martina drogante.
Indispensabile. Indispensabile per tutto, o forse niente. Ecco cos'era Martina, era dinamite pura, la benzina necessaria a far partire un'auto, l'acqua indispensabile nel deserto.
"Mi chiamo Martina" la rivide allungargli timidamente la mano, con un indelebile sorriso sul volto, uno di quelli capace di riaccendere i tuoi di sorrisi. Avvertì ancora quella scossa prepotente lungo la spina dorsale.
Poi si voltò, era tutto buio, Martina rideva e correva, sorrise, provò a raggiungerla, ma quel sorriso si spense..occhi da cerbiatta non c'era più.


Jorge cercò di attutire le grida contro il morbido cuscino, infossando le nocche oramai bianche cadaveriche nel materasso. Ansimante accese l'abat-jour al suo fianco, guardando con gli occhi lucidi e spaventati l'iPhone nero riposto sul comodino di fianco al letto. L'afferrò titubante, premendo la cornetta verde in corrispondenza del nome dell'unica persona che avrebbe potuto calmarlo in quel momento, non gli importava che non si sentissero da mesi, non gli importava che di fianco a lei, in quel letto, ci sarebbe potuto essere qualcuno che non era lui, non gli importava che lì dove si trovava l'angelo dagli occhi castani fosse tarda ora, aveva bisogno di sentirla.

"Mh.. Pronto?!" Mugugnò una voce impastata dal sonno, dall'altro lato della cornetta.

Il cuore prese a scalpitare, perforandone la gabbia toracica.
"Tini?" La richiamò con voce spezzata.

L'argentina si sedette confusa, avvertendo un aggrovigliarsi all'altezza dello stomaco. "J-Jorge? Sei tu?" Balbettò, lanciando nuovamente uno sguardo allo schermo del suo cellulare. "Perché mi hai chiamata con lo sconosciuto?"

"Non lo so, avevo paura non mi rispondessi, io-io.. Non lo so" tremò, le gambe aperte e piegate, i piedi piantati contro il morbido materasso, una mano tra i capelli color grano.

"Che succede, Jorge?" Domandò l'altra rabbuiata ed allarmata.

"Non lo so, okay? Non lo so, c'era questo fottutissimo sogno e ti vedevo ovunque, e poi quando provavo a raggiungerti tu eri già sparita. Io ho..ho avuto paura che potesse esserti successo qualcosa"

Rabbrividì, avvertendo quella voce rauca e profonda, incrinarsi. "Sto bene, davvero." Lo rassicurò poi. "Vuoi parlare un po'? Ti va?"

"Sì, per favore" la supplicò.

Passarono quella notte a raccontarsi, a riscoprirsi, ad amarsi con le parole, con un sospiro nascosto, con le labbra insanguinate per quanto avevano parlato. Quella notte gli Jortini nacquero di nuovo, quella notte realizzarono che gli Jortini non si erano mai spenti.

Jortini o LeonettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora