SEVENTEENTH

466 21 0
                                    

Alberto ha ricevuto la maglia rossa.
Gliel'ha data Maria, durante la diretta di sabato.
Alberto ha incassato il colpo stoicamente.
Da una parte mi ha detto di essere contento della maglia rossa, perchè cosi avrà modo di esibirsi tantissimo questa settimana e perchè anche lui stesso è consapevole delle sue debolezze e del fatto che negli ultimi tempi si è perso un po' come cantante.
«Con la maglia rossa avrò modo di capire se sono un leone forte o un leone debole!», ha detto in sala relax, subito dopo aver ricevuto la maglia rossa.
Dall'altra, ovviamente, ha paura di non riuscire a dimostrare le sue capacità e qualità.
Abbiamo passato quasi tutta la notte di sabato a parlare, io e lui, in camera mia. Abbiamo parlato sopratutto della maglia rossa e delle nostre paure; ma abbiamo anche chiacchierato di cose piacevoli. Alberto mi ha raccontato della sua famiglia, delle sue vacanze, dei suoi migliori amici, del studi al conservatorio.
Io ho ascoltato tutto con attenzione, ridendo per le cavolate che mi raccontava e cercando allo stesso tempo di dargli tutto il mio appoggio e la mia vicinanza.
Ora siamo in sala relax per l'intervallo.
Dopo pranzo ci sarà la sfida di Alberto.
Stamattina Alberto era stranamente tranquillo e rilassato, ma ora vedo che sta cominciando ad agitarsi e a innervosirsi. Lo capisco dal suo modo frenetico di muovere le gambe quando è seduto e dal fatto che continua a torturarsi i capelli, chino sul suo quaderno delle canzoni.
Mi scuso un secondo con Mameli e Miguel, seduti accanto a me sul divano e vado da lui.
Gli siedo accanto e gli accarezzo i capelli, senza dire nulla e lasciandolo studiare.
Lui mi fa un mezzo sorriso e torna a concentrarsi sui suoi testi. Sento però che le mie carezze funzionano, perchè Alberto piano piano si rilassa. Afferra la mia mano sotto il tavolo e la stringe forte.
Mentre lui studia io rimango a guardarlo.
Non mi capacito mai di quanto sia insolentemente affascinante questo ragazzo. Ogni volta che mi fermo a guardarlo..i suoi capelli spettinati, gli occhi azzurri,la bocca piena e perfetta. Ogni volta mi rendo conto di quanto io sia fortunata ad averlo tutto per me.
Forse sentendosi osservato, Alberto alza lo sguardo su di me.
«Non mi riconosci più, Tish?», chiede, con l'ombra di un sorrisetto insolente.
Gli faccio la linguaccia ma non gli rispondo, perchè la nostra attenzione viene catturata da Carolina, che sbuca con la testa nella sala relax.
«Alberto tra poco ci sarà la tua sfida, tieniti pronto!», esclama, spuntando una voce nella lista che tiene tra le mani «I cantanti tra venti minuti in sala 4. I ballerini rimangono qui a seguire la diretta!».
Carolina sparisce dietro la porta veloce come è arrivata.
Alberto si alza in piedi e va in bagno. Umberto, Giordana, Vincenzo ed io lo seguiamo. «Oh Albe! Mi raccomando! Stai tranquillo, che tanto è solo un'esibizione per il pubblico! Non corri nessun rischio, assolutamente!», gli dice Giordana, posandogli un braccio sulla spalla e tirandolo a se.
«Si, Albe, stai sereno e vedrai che sarà una passeggiata! C'è anche il pubblico, appunto perchè questa è solo un'occasione in più per farti conoscere!», aggiunge Vincenzo, passandogli l'asciugamano per la faccia.
«Vedrai che ti farà cantare Indispensabile e la fai benissimo!», rincara la dose Umberto, dandogli delle pacche sulla spalla.
È bello vedere che i legami che si creano in questa scuola non sono soltanto dettati dalla convenienza, ma sono legami veri...di amicizia sincera. Ed Alberto non poteva trovare amici migliori di loro, per quanto cazzari che siano.
Alberto annuisce serio a tutti i suoi amici, rispondendo agli abbracci e alle pacche sulle spalle.
Io mi avvicino e gli stringo la mano, senza dire nulla.
Quando torniamo in sala relax, la televisione è già accesa e Lorella ha appena fatto il suo ingresso in studio insieme al giudice esterno.
«Alberto se ci senti siamo pronti per la tua sfida!», esclama Lorella, dal televisore.
Immediatamente iniziano le urla di incoraggiamento di tutti.
«Dai Albe!»
«Vai, Alberto!».
«Tranquillo, andrà benissimo!».
«Forza, spacca tutto!».
Alberto distoglie lo sguardo dal televisore e si stringe a me. Gli do un bacio veloce sulla guancia e lo stringo forte per un secondo.
Poi rimango a guardarlo scomparire dietro la porta che conduce allo studio.
Anche se so che Alberto andrà benissimo e che il giudice non potrà fare altro che ridargli la maglia nera, l'agitazione e la paura cominciano a farmi tremare.
«Dai, Tish, vedrai che tra meno di dieci minuti sarà di nuovo qui in maglia nera!», mi dice Miguel, per tranquillizzarmi.
Comincio a mangiarmi le unghie, pronta a piazzarmi davanti al televisore e a morire di paura per tutto il tempo, ma Carolina me lo impedisce.
«I cantanti a lezione!», esclama a voce alta, lanciando un'occhiata particolarmente significativa verso di me «Mi dispiace ma dovete andare tutti!».
In realtà è una fortuna che ho le lezioni di canto da fare, altrimenti passerei tutto il tempo a preoccuparmi costantemente per le persone a cui voglio bene.
Per il quarto d'ora successivo, sono costretta a concentrarmi solo sul pezzo che dovrò cantare sabato: Lips are movin.
Poi però, presa dall'angoscia di non sapere cosa sta succedendo, faccio capolino con la testa dall'aula e chiedo a Carolina se posso andare in bagno.
Lei mi guarda esasperata, dato che sa perfettamente che non è quello il vero motivo per cui voglio tornare in relax.
«Cinque minuti, Tish, non uno di più!».
Le sorrido raggiante e faccio per spiccare una corsa verso la sala relax.
Nello stesso momento, la porta dello studio si apre e appare Alberto,con un sorriso a tremila denti sul viso e la maglietta nera sgargiante addosso.
Lancio un urletto di gioia e gli corro incontro.
«Yess!!»,gli urlo all'orecchio, praticamente arrampicandomi sopra di lui.
«Che paura,ragazzi!»risponde lui tra i miei capelli,stringendomi forte.
«Tish se non fili in bagno entro due secondi ti mettiamo in punizione!».
Dal corridoio arriva la voce inflessibile di Carolina.
Mi scambio un'occhiata divertita con Alberto ed insieme torniamo in sala relax.
Lascio Alberto ai festeggiamenti dei nostri compagni,che lo abbracciano e lo prendono quasi a pugni dalla contentezza, e filo in bagno,anche perchè con tutta l'agitazione che ho in corpo rischio di farmela addosso tra due minuti.
Poi stampo un bacio veloce sulla guancia di Alberto,che sta ascoltando i commenti degli altri sulla sua esibizione e sfreccio di nuovo in sala canto.
Ora che sono molto più rilassata e felice che Alberto sia di nuovo in nero, mi viene più facile dedicare tutti i miei pensieri al lavoro e al pezzo.
«Devo dire che mi ha fatto bene ricevere la maglia rossa!», commenta Alberto qualche ora più tardi, sulla via di ritorno al residence «Ho finalmente ritrovato me stesso e mi sono lasciato alle spalle queste due settimane infernali».
«Sei meno nervoso, adesso?», gli chiedo, sorridendo.
Lui mi mette un braccio intorno alle spalle e ricambia il sorriso «Si, assolutamente!».
Mi squilla il cellulare e interrompo un secondo Alberto per cercarlo nella borsa e rispondere.
«Si, pronto? Oh, ciao Andre, come stai?».
Alberto mi lancia un'occhiata sospettosa che faccio finta di non notare.
«Io sto benissimo, si! Si, è vero, ma sono stata super impegnata in questi giorni! Non sento nemmeno mio fratello da una settimana! Cosa? Stasera? Ah...si, certo, aspetta che chiedo!».
Mi volto verso Alberto che sembra non essersi perso nemmeno un istante della mia conversazione.
«È Andrea, un amico mio e di mio fratello. Ha chiesto se vogliamo andare a cena da lui stasera!».
Alberto, che alle parole "amico mio e di mio fratello" ha tirato un respiro di sollievo, annuisce contento.
«Va bene, Andre! Ci saremo, grazie mille! Per le otto e mezza? Va benissimo! A dopo, un bacione!».
Chiudo la telefonata e sorrido ad Alberto.
«Sei sicuro che non ti scoccia?».
«Dato che è un amico di tuo fratello non ci sono problemi! Se era solo amico tuo cominciavo a preoccuparmi!», risponde lui, scrollando le spalle.
«Ma guarda che sei una roba incredibile! E se fosse stato solo amico mio, dato che ha invitato tutti e due, avresti passato la sera a guardarlo in cagnesco?»chiedo, metà esasperata e metà divertita.
«No, ma avrei guardato in cagnesco te se osavi staccarti da me anche un solo secondo!», ribatte lui, senza alcun esitazione.
Alzo gli occhi al cielo e scoppio a ridere.
«Guarda non dico nulla solo perchè oggi è una bella giornata!». Gli faccio una smorfia e mi arrampico di colpo sulle sue spalle «Però per punizione devi portarmi in spalla fino alla mia stanza!».
«Ma se pesi un quintale e mezzo!Vuoi farmi venire l'ernia del disco?»protesta Alberto,gemendo sotto tutto il peso mio e delle nostre due borse.
«Ma se sono un fringuello!»ribatto,dandogli una leggera botta dietro la nuca.
«Si,ma la tua borsa piena di cambi e vestiti sudati fradici no!».
«E basta lamentarti sempre! Risparmia il fiato per portarmi in stanza!».
«Vuoi vedere che ti faccio cascare con il sedere per terra?».
«Dai,fallo,così ti denuncio per tentato omicidio!».
«Io invece potrei denunciarti per sfruttamento del fidanzato!Dovrei creare un sindacato,chissà quanti altri ragazzi hanno il mio stesso problema!».
Smetto di ascoltarlo blaterare e sorrido tra me e me.
Si è autodefinito fidanzato.Non ragazzo, o tipo, o compagno.
Ha detto proprio fidanzato!
Affondo la faccia nel suo collo e respiro il suo profumo.
«Beh?Cos'è questo voltafaccia?Fino ad un secondo sembravi la bisbetica domata!»esclama Alberto,che probabilmente non si è nemmeno reso conto del significato delle sue parole.
Mi accorgo che tra un battibecco e l'altro siamo già arrivati davanti alla mia camera.Faccio per scendere a terra ma Alberto mi trattiene. «Eh no,signorina!Passami le chiavi!».
«Alberto fammi scendere subito!»ordino,perentoria,cominciando a scalciare. «Tu passami le chiavi!»risponde Alberto,stringendo la presa per impedirmi di muovermi da lì.
«Giuro che se ti approfitti di me come al tuo solito mi metto a urlare!».
«E non dire queste cose,che poi la gente pensa che sono un maniaco!»
«Ma infatti lo sei!»ribatto,porgendogli le chiavi mio malgrado.
Alberto apre la porta e entra nella stanza.
Mi preparo ad essere scaraventata sul letto come un sacco di patate ma, invece,Alberto tira dritto verso la porta del bagno,molla le borse nell'angolo e si infila nella doccia.
Capisco le sue intenzione con qualche secondo di ritardo che mi è fatale. Alberto apre il rubinetto e il getto d'acqua ci prende in pieno entrambi.
«ALBERTO! Ma sei cretino?Sono tutta vestita!»urlo,già bagnata fradicia e con tutta l'acqua che gocciola dal cappotto e dal cappello.
«Oh,ma ci mettiamo subito a spogliarci!»risponde lui con un ghigno,sfilandosi la giacca.
«Chiudi subito l'acqua!»sbraito, cercando di coprirmi gli occhi con la mano per trovare i rubinetti.
«Se no che fai?», sussurra lui,ad un centimetro dal mio viso.
«Mi metto ad urlare fino a che non ti portano fuori dalla stanza a calci!», strillo, ma ormai sono completamente priva di forze per oppormi ad Alberto. Smetto di calciare e mi limito a fissarlo con aria truce.
Lui sembra accorgersi della mia resa, perchè si avvicina ancora di più a me e sorride.
Devo sforzarmi di rimanere arrabbiata e non lasciarmi ammaliare dal sorriso di questo stronzo!
Ma non ce la faccio.
Ovviamente.
Rimaniamo a guardarci in silenzio per qualche minuto, con solo lo scrosciare dell'acqua a separarci.
Poi Alberto avvicina le labbra alle mie e mi da un bacio leggero.
«Ma non dovevi urlare fino a farmi portare fuori dalla stanza a calci?», sussurra,sulla mia bocca.
Gli mordo il labbro più forte che posso e sorrido all'urlo di dolore che ha lanciato, colto di sorpresa.
«Ma guarda te che...», Alberto non termina la frase e comincia a farmi il solletico. Questa volta sono io ad urlare per la sorpresa, mentre le sue mani cominciano a solleticarmi tutti i punti deboli che lui conosce benissimo.
«Chiedimi scusa!», ordina,perentorio.
«Mai!»urlo, tra una risata e l'altra.
«Chiedimi scusa, ho detto!», riprova, togliendomi con un colpo deciso la giacca per avere più carne da solleticare.
«Non ci penso nemmeno!»ribadisco, ormai in ginocchio dal troppo ridere.
«L'hai voluto tu, Tish!». Alberto mi prende in braccio e mi fa il solletico sotto i piedi. Poi però, forse per i miei continui scalci o per la doccia troppo scivolosa, roviniamo a terra tutti e due in un groviglio di jeans bagnati.
Cominciamo a ridere come due cretini e per un bel po' non riusciamo a smettere.
Cerchiamo di districare l'intreccio delle nostre gambe, ma ridiamo talmente tanto che nessuno dei due ha più la forza di fare niente. La doccia poi è così piccola che a malapena riusciamo a muoverci.
Sono completamente sopra di lui, le mie gambe intrecciate alle sue e i nostri visi ad un centimetro di distanza.
Alberto mi guarda sorridendo e fregandosi del macello che stiamo combinando accorcia le distanze tra di noi e mi bacia con decisione.
Cerco di resistergli più che posso, ma chissà come mai mi ritrovo a ricambiare il bacio con lo stesso entusiasmo e la stessa voracità.
I vestiti sono talmente appiccicati alla pelle che facciamo una fatica immane a toglierli, ma non ce ne preoccupiamo, presi come siamo a divorare l'uno le labbra dell'altro.
Credo che passerei volentieri il resto della mia vita in questa doccia insieme ad Alberto. Non potrei chiedere niente di più al mondo che i suoi baci caldi e profumati, le sue mani che percorrono ogni centimetro del mio corpo e i nostri corpi intrecciati.
È come un passo a due dalla bellezza devastante.
Ci rendiamo conto della situazione soltanto parecchi minuti dopo, quando usciamo grondanti dalla doccia e guardiamo il macello di vestiti bagnati che abbiamo ammucchiato in un angolo.
Ci scambiamo un'occhiata, metà imbarazzata e metà divertita.
«A che ora hai detto che ci aspettavano, i tuoi amici?», chiede Alberto, guardandomi con un sorrisetto malizioso.
«Otto e mezza!», rispondo,laconica.
«Mmm...». Alberto guarda da me alla stanza per qualche secondo. Poi pesca il mio cellulare dalla borsa e compone un numero.
Io sono troppo presa a cercare di capire dove cominciare a ripulire tutto quel disastro e non mi accorgo di nulla se non quando sento la voce di Alberto esclamare «Ciao, sono Alberto! Ascolta, ci hanno trattenuto più del dovuto a scuola, credo che non ce la facciamo ad arrivare per cena! Ok, ci vediamo direttamente per il dessert! Il dolce lo portiamo noi! Grazie, a dopo!».
Alberto chiude la chiamata con aria soddisfatta.
«Scusa, potresti cortesemente dirmi con chi stavi parlando?», chiedo, distaccata.
«Con tuo fratello! Ci aspettano dopo cena! Ha detto di fare con calma...».
Alberto avanza verso di me con un'espressione Albertescamente maliziosa.
«Alberto...no!», protesto debolmente, ma le parole sono alquanto inutili se le mie mani sono già aggrappate alle sue spalle.
E ricominciamo da dove abbiamo smesso nella doccia.

indispensabile.🖇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora