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Le luci della sera erano calate su Sakaar. E assieme ad esse che intarsiavano quel cielo fuligginoso delle più disparate sfumature, anche l'interno del palazzo non era che rischiarato dalla tenue luminosità dei riflessi delle candele che erano state accese ad ogni dove.

Una nebbiolina sottile filtrava lungo i corridoi silenziosi e quel silenzio, in quel luogo dove echeggiavano sempre sonorità di ogni tipo, martellanti e ripetitive, appariva senza dubbio particolarmente singolare.

Soltanto una musica tenuta a basso volume, dal ritmo lento e sensuale, usciva dalle casse, alternata alla voce metallica che continuava ad annunciare la grande festa che il sovrano aveva deciso di dare quella sera e che di lì a poco, soltanto per una ristretta nicchia di eletti, avrebbe avuto inizio.

Thor cercò di affrettare il passo per dirigersi verso il luogo che gli era stato preposto, ma il suo corpo e in particolare le sue gambe sembravano non volerne sapere di obbidire ai suoi comandi.

Ogni muscolo sembrava essere gravato da un pesante macigno, trascinato a terra da una forza di gravità più densa del solito, ogni movimento era granitico tanto che per un istante gli sembrò di paralizzarsi sul posto, lì dove si trovava.

Lanciò un'occhiata torva alla cassa che ripeteva l'avvento della festa, si passò una mano tra i capelli, scoprendola sudata.

In realtà ogni parte di sé lo era. Esternamente non faceva affatto caldo, ma tanto più si avvicinava a quelle stanze dove si sarebbe svolto l'evento, tanto più la temperatura del suo corpo sembrava aumentare vertiginosamente.

La testa aveva preso a girargli, lo stomaco gli si contrasse in una morsa crudele e per un attimo, la vista gli si annebbiò. Dovette poggiarsi alla parete accanto e darsi il tempo di riprendere a respirare.

Credette che non sarebbe mai giunto alla fine di quel corridoio, là dove già intravedeva la porta della stanza dove sarebbe dovuto entrare.

Ebbe paura. Anche se solo per un momento, avvertì un'intensa paura, mischiarsi a quel sentimento di rabbia impotente che ormai lo accompagnava da diverse ore da quando Loki gli aveva comunicato che il Grand Master aveva acconsentito a dare quella dannatissima festa.

Già, Loki... Loki che dopo averlo raggiunto quella mattina, era poi scomparso nel nulla e soltanto il fatto di non averlo potuto vedere per tutto il giorno, lo aveva privato della stessa aria per respirare, così come l'idea di cosa avrebbe potuto trovare una volta varcata la soglia di quella porta.

Per un istante si disse che non ce l'avrebbe fatta.

Mai, nella sua vita di guerriero, aveva avuto attimi di scoramento come quello che stava vivendo. Mai aveva perduto il suo coraggio, né la sua caparbietà arrogante che l'aveva condotto e sorretto in imprese rischiose e potenzialmente letali in ogni angolo dei Nove Mondi.

Mai aveva messo in dubbio la sua natura di dio, sentendosi così invulnerabile, mai come in quel momento in cui si sentiva talmente fragile e confuso, esposto come quegli Uomini della sua amata Midgard, a lui tanto cara.

Tuttavia rialzò lo sguardo e, seppure a fatica, si scollò da quel muro e riprese a camminare, forzandosi un'andatura fiera, verso l'ignoto di quelle stanze, verso quel salto nel vuoto in cui si sarebbe giocata ogni cosa.

*

Loki si lasciò cadere la vestaglia di seta nera addosso, avvertendone la freschezza e il solletico sulla pelle nuda. Ne afferrò i lembi tra le dita e, in modo del tutto automatico come chi sembra abituato alla consuetudine di quei gesti, richiuse la cinta su di sé, lasciando esposto il torace nella stretta fenditura che si era andata a creare tra la stoffa.

LOST IN SAKAARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora