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Mancavano pochi giorni al Torneo dei Campioni e Sakaar tutta era pervasa da un senso elettrizzante di eccitazione e attesa.

Le strade esplodevano di gente danzante e canzoni inneggianti il Campione Verde, Hulk, che si narrava fosse l' imbattuto da sempre. La musica, il rumore assordante dei tamburi e gli schiamazzi in lingue multiformi e sconosciute non cessavano mai, né di giorno né di notte, impedendo a chiunque lo scorrere di una vita quantomeno normale.

Ma nulla era normale su Sakaar. Era il regno dell' eccesso per eccellenza, del caos, della perdita del controllo, in cui l' unica regola era quella di non averne, almeno in apparenza.

Loki osservava la moltitudine festante e chiassosa dal grande balcone del palazzo, lasciando che una leggera brezza scuotesse il suo abito e i suoi capelli sulle spalle.

Tuttavia la sua attenzione non era attirata dal movimento giù nelle strade, quanto da uno spiazzo a poca distanza di lì da dove veniva alzato un nugolo di polvere e terra a causa di movimenti veloci.

Thor, il nuovo Contendente, si stava allenando.

E di tanto in tanto sollevava lo sguardo nella sua direzione, al solo scopo di intercettargli il suo e strappargli un sorriso accennato, contenuto, nella piena complicità silenziosa che si era andata a creare tra loro durante il tempo trascorso insieme.

L' allenamento, voluto dal Grand Master come unica richiesta per averlo lasciato libero di muoversi su Sakaar, era iniziato qualche giorno prima, con l'obiettivo di renderlo più preparato per quell' incontro. Non che mancasse di forza o ne avesse bisogno, tuttavia nessun contendente sarebbe mai stato mandato senza armi alla pari nell' arena.

O quanto meno, questo era ciò che gli era stato detto, era ciò che il giovane favorito del reggente gli aveva dovuto proporre, invitandolo ad accettare, rendendo così ancor più credibile il fatto che tutto ciò che avveniva sul pianeta non era altro che un modo del grande sovrano per esprimere la sua benevolenza.

Non era stato facile per Loki, fingere ancora, fingere su più piani.

In verità non lo era più stato fin da subito, mantenere le redini di quella strategia, fin dal loro primo incontro, quella mattina di ormai dieci giorni prima e, come se si fossero conosciuti da sempre, Thor gli si era insinuato dentro simile ad un marchio invisibile, sciogliendolo, volta dopo volta, lentamente, con dovizia, con dolcezza, dall'interno.

Già... con dolcezza... con quell'emozione che il giovane aveva imparato a conoscere con lui, con quell'emozione che non si sarebbe mai dovuto permettere di vivere.

Perché Thor, dopo i loro incontri, gli riservava sempre qualcosa di nuovo, qualcosa di mai sperimentato prima, qualcosa che era sempre in grado di stupirlo. Lo richiamava a sé, appena dopo l'orgasmo, se lo innestava tra le braccia e lo proteggeva col suo calore, riportandolo ad una quiete che doveva pur essere esistita un tempo, che richiamava qualcosa di bello e di lontano.

"Parlami di lui, parlami di tuo fratello." Gli aveva chiesto una notte.

Così, una domanda spuntata dal nulla, senza un perché, eppure mossa da un innegabile e quantomeno singolare bisogno di sapere.

Al che l'uomo aveva sospirato, essendo quell'argomento fonte costante di dolore, ma nonostante tutto aveva iniziato a raccontare.

Così Loki aveva chiuso gli occhi e si era immaginato quel bambino, nato libero in quel mondo irradiato di luce e d'oro che veniva chiamato Asgard e con lui l'aveva percorso, gettandosi lungo gli sterminati campi verdi senza fine, tuffandosi nell'acqua cristallina del mare attorno in cui si rifrangeva il sole, per poi camminare attraverso i bellissimi giardini del palazzo abitato dal Re di tutti gli Dei, Odino, dalla sua famiglia e dalla sua coorte. Aveva partecipato alle sontuose feste e ai banchetti che ricorrevano per celebrare vittorie e momenti importanti. Aveva presenziato alle riunioni segrete con i compagni d' imprese, sognando battaglie e pianificando fughe clandestine attraverso il raggio arcobaleno del Bifrost, il portale verso gli altri mondi conosciuti e verso quelli ancora insondati quando, un giorno, sarebbero stati abbastanza grandi per poterlo fare.

LOST IN SAKAARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora