12.

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I giorni avevano preso a scorrere rapidi, come rapido e intenso è il tempo quando si vive felici. Le ore erano pregne di possibilità e nuove scoperte, nuovi modi di stare al mondo fino ad allora non vissuti. Poi giungeva la notte e la notte era riservata all' amore, a quegli abbracci indolenti e infiniti in cui era possibile trovare rifugio, a quel flusso e riflusso di carne, liquidi e anima che esplodeva in piacere apicale, come se non fosse mai stato sperimentato. Ogni volta era la prima. Ogni modo che il dio del Tuono trovava per amarlo era costante sorpresa.
Loki stava lentamente smettendo i panni dello schiavo e si aggirava fiero in vesti eleganti per il Palazzo Reale. Non era più in obbligo a dovere niente a nessuno, né ad utilizzare trucchetti e strategie per assicurarsi benevolenza, possibilità di sopravvivere. Dal giorno in cui era stato portato su Asgard non aveva più abbassato la testa.
Era tempo di pace nel Regno degli Dei e Thor poteva restare al suo fianco e vivere il loro amore senza doversi assentare in lunghi periodi lontano da casa, né andarsene per combattere qualche battaglia o sedare rivolte. I confini di Asgard, come aveva detto ad Odino, erano al sicuro. Così i giorni trascorrevano lenti e sereni ed erano fatti di piacevoli distrazioni, battute di caccia, banchetti e grandi prospettive per il futuro. I Mondi della galassia erano sotto il controllo dell' unico occhio capace di sondare ogni cosa, l' occhio del corvo, l' occhio del Padre e sebbene Odino stesse invecchiando e presto sarebbe caduto nel suo sonno abdicante lasciando il trono a suo figlio, tutto sembrava procedere nella più totale tranquillità.
Loki aveva imparato a combattere. Ma anche questo era per puro diletto. Aveva appreso l' arte del fendente prediligendo come arma i coltelli e il suo allenamento quotidiano procedeva rapidamente, mostrando anche in questo grandi abilità. Thor presenziava a tutti gli allenamenti, anche perché conosceva il maestro d' arme, suo caro amico, ma di cui sapeva ogni debolezza in particolare per i giovani allievi. E nel momento in cui Loki gli era stato presentato, era rimasto letteralmente folgorato dalla sua rara bellezza e dalle sue sopraffine capacità di apprendimento e di lotta.
"Sei indicibilmente geloso!"
Lo prendeva in giro il compagno, ogni volta che terminava un allenamento.
"Lo sono? No, nient' affatto, sono solo interessato a conoscere come procede la tua iniziazione alle armi. Magari un giorno dovremo combattere insieme."
Gli rispondeva l'altro, per poi scovare il primo angolo libero e nascosto mentre facevano rientro a palazzo, un muro, una parete contro cui schiantarlo e, divorandogli le labbra, dargli prova che, sulla gelosia, avesse perfettamente ragione.
Loki, nel corso del tempo aveva scoperto di possedere anche altri doni, doni preclusi allo stesso Thor, doni che erano più sottili della veemenza del tuono e della tempesta, ma altrettanto efficaci. Aveva scoperto che per lui era semplice leggere nella mente delle persone se queste non erano in grado di schermarsi, era facile percepire un qualche evento che dopo poco, con certezza matematica, accadeva e aveva altresì scoperto di avere nelle proprie mani una sorta di energia luminosa, un' energia capace di trasformare gli oggetti a suo piacimento e, a suo piacimento, trasformarsi in altre creature, distaccandosi dal proprio corpo per essere altrove quando non voleva stare in un luogo. Cosa alquanto divertente e che probabilmente si sarebbe potuta rivelare utile un giorno. In definitiva, il giovane, aveva scoperto essere ciò che sulla terra chiamano mago, ovvero colui capace di immaginare qualcosa che non esiste ancora e così crearlo con il solo potere dell' intenzione. Così come aveva creato, pur inconsapevolmente, l' intero percorso che l aveva condotto da Thor.

L' aria era particolarmente fresca quella mattina, l' alba era sorta da poco, portando con sé ancora i residui di una brina leggera. Il silenzio permeava ogni cosa attorno, mentre Asgard tutta restava immersa in un sonno profondo.
Una sagoma immersa nella nebbiolina si aggirava pacata nei giardini del Palazzo Reale, mani dietro la schiena, passo lento e meditabondo, il lungo mantello verde e nero scosso dalla brezza appena accennata che soffiava tra gli alberi e i fiori.
Nel regno degli Dei era costante primavera.
Dopo un momento, la sagoma si fermò ai piedi di un piccolo ruscello che scorreva indisturbato, conferendo a quella quiete un rinnovato senso di pace intensa.
Loki rimase immobile per un lungo istante a fissare un punto nel vuoto dinanzi a sé, ascoltando il dolce suono dell' acqua e lasciandosi attraversare dal vento come a volersi far confortare dalla sua carezza discreta. Sospirò e strinse un poco le dita delle mani fra loro. Nonostante tutto procedesse nella serenità più totale, diversi pensieri affollavano la sua mente e quella notte non era riuscito a dormire. Dopo che Thor, col quale condivideva il talamo ormai d'abitudine, al contrario, era sprofondato in un sonno profondo, lui era rimasto sveglio a guardare ora il cielo colmo di stelle fuori, ora il compagno che riposava indisturbato, alternando respiri leggeri a un sonoro russare. Aveva sorriso più volte e gli aveva impresso carezze sul volto e tra i capelli d' oro, senza correre il rischio di svegliarlo. Lo amava, con tutto se stesso, di questo ne era più che certo, come amava ogni cosa su Asgard, sebbene Asgard, al contempo, richiamasse in lui qualcosa che aveva a che fare con uno strappo indefinibile, qualcosa che aveva a che fare con il dolore, un luogo che non era la prima volta ad averlo accolto e da cui, forse, un giorno si sarebbe nuovamente dovuto separare. E Loki ne aveva abbastanza di separazioni. Ora che aveva trovato il suo posto accanto all' uomo che amava e per cui aveva sacrificato tutto, o quanto meno un pezzo di vita importante, avrebbe soltanto voluto fermarsi. Eppure la sua sensibilità era tale che qualcosa gli diceva che non avrebbe dovuto abbassare la guardia, mai, mai del tutto e sapeva che l' irrequietezza che stava provando non doveva essere ignorata, perché aveva sempre presagito a qualche cambiamento difficile da accettare.
Sollevò lo sguardo al cielo, sentì la piccola ruga tra le sopracciglia inspessirsi e sospirò ancora.
"Vorrei solo trovare un po' di pace..." pensò tra sé e sé. "Non c'è più niente che mi manca, ormai..."
D' un tratto, come in risposta, avvertì un fruscio nell' erba, come se una veste troppo lunga avesse preso a sfiorarne i fili. Non si voltò, ma si limitò a riabbassare la testa e guardare in avanti, verso la piccola boscaglia oltre il ruscello.
"Il sole sorge presto anche per te, dunque..." disse, parlando con l' interlocutore che si era appena arrestato alle sue spalle "posso capirlo, questo è il momento più bello di tutta la giornata e non mi riesce difficile pensare che se lo è per me, possa esserlo anche per te... madre."
Finalmente decise di voltarsi, senza fretta e incontrò lo sguardo della donna che si era fermata a poca distanza.
La vide sorridere, come Frigga era ormai solita fare con lui, dal primo momento di qualche indefinibile mese prima quando Loki e Thor erano giunti nella sala del trono al cospetto di Odino.
"È singolare che tu ora mi stia chiamando con questo appellativo." Rispose la donna, senza scomporsi e mantenendo gli occhi nei suoi. "Non l'hai mai fatto prima d'ora, voglio dire, espressamente."
Al che il giovane fece un passo e le fu davanti, sorridendole a sua volta con aria gentile. "Posso avere un'enorme confusione nella mia mente e la mia memoria è ancora senza dubbio nebbiosa, ma," il suo sguardo si fece intenso, intimo, velandosi di un'emozione profonda e sottile "un figlio riconosce sempre colei che lo ha accolto fin dal primo istante senza indugi."
"Oh Loki..." Mormorò la regina, commossa e, sollevata una mano, andò a carezzargli il volto con dolcezza.
L'altro arrestò quella carezza, ma solo per portarsi quella mano alla bocca e baciarla con devozione, mentre i suoi occhi s' inumidivano in modo del tutto reale.
"Anche se mi è stata svelata l'origine della mia infanzia su Asgard e mi è stata narrata la storia dei miei pochi anni qui, quando ti ho vista quel giorno... il mio cuore l'ha capito fin da subito, molto prima della mia mente. Ti ho sentita, non appena sei scesa verso di me e mi hai guardato a fondo, dandomi così il tuo benvenuto, o forse dovrei dire... bentornato."
Frigga lo fece a malapena finire di parlare, quindi lo accolse nel suo abbraccio e benché Loki non fosse più un bambino e fosse più alto di lei, si lasciò sprofondare nell'incavo del suo collo che, in pochi attimi, si inumidì di lacrime.
"Ho atteso questo momento da così tanto tempo..." mormorò la regina, iniziando a carezzargli la testa, le dita sottili ad insinuarsi tra i suoi capelli "e non ho mai smesso di credere che questo giorno sarebbe giunto, che tu, presto o tardi, saresti tornato a casa."
Il giovane, a quelle parole, si strinse ancor più a lei.
Poi, lo scostò dolcemente da sé e gli prese il volto tra le mani, sfiorandogli la pelle umida con i pollici.
"Ma ora sei qui e sei diventato un uomo bellissimo, forte, intelligente e con dei doni assolutamente rari."
"La magia?" Esclamò Loki, d'istinto "La magia e tutto ciò che ho scoperto di poter fare è. .." "È stata la mia eredità, sì." Finì Frigga per lui. "Da quando...da quando Odino ha dovuto lasciarti andare... da..." s' interruppe un istante come a voler trovare le parole più giuste per dirlo "io non mai smesso, neppure per un momento di pensare a te. Sapevo bene che i salti dimensionali cancellano parte della memoria, ma non del tutto, così ogni giorno, a volte assieme allo sguardo di Heimdall e a volte da sola nella notte, ho cercato di connettermi a te e trasmetterti quel residuo di quelli che erano stati i tuoi pochi anni vissuti su Asgard, affinché non dimenticassi, la natura della tua mente, il tuo potere, affinché, al momento giusto, avresti potuto ricordare."
"Thor?!"
"Sì, Thor... lui, senza saperlo e giungendo su Sakaar ha permesso che quel momento arrivasse, che tu potessi iniziare a tessere i fili del tuo passato, riportandoti infine qui."
"Già." Commentò Loki e, senza un motivo preciso, per un istante s'incupì, una luce liquida attraversò i suoi occhi macchiandoli di un'inaspettata malinconia.
"Vieni, andiamo a sederci laggiù." Disse la madre, osservando attentamente la sua reazione. Raggiunsero una panchina in marmo prezioso e si sedettero sotto un bellissimo albero di pesco. Dinanzi a loro il ruscello continuava a scorrere ininterrottamente e pacato come a voler portar via nel suo flusso ogni turbamento.
La regina sollevò di nuovo una mano e andò a scostargli i capelli, scoprendo il profilo del suo volto.
"So che molti dubbi e molta confusione affollano la tua mente, Loki," iniziò "niente, in tutti questi anni è stato giusto nei tuoi confronti, niente è stato facile e comprendo che ora tu ti stia ponendo delle domande."
Al che il giovane abbozzo' un sorriso amaro e si voltò guardando la regina con occhi tristi.
"Chiederti come fai a sapere tutto questo sarebbe inutile, non è vero, madre?" Disse, vedendola annuire. Sospirò, cercando di rintracciare il filo di un lungo discorso che non poteva più essere celato . "È molto più che un porsi delle domande," riprese "molto più del dubbio e della confusione. Io... mi sento diviso a metà, o forse sarebbe meglio dire mi sento diviso in tanti pezzi diversi. Per tutta la vita sono stato diviso tra qualcosa che amavo e la paura di perderlo. Ho dovuto scegliere, molte volte, e nel farlo ho dovuto rinunciare ad almeno una parte importante di me. E ora, dove sono finite queste parti che ho lasciato indietro non so dirtelo. .."
Frigga seguitò semplicemente a guardarlo senza fretta alcuna, restandogli accanto, sostenendo insieme a lui il silenzio, i timori, la mancanza di risposte e le emozioni sfumate che quelle parole avevano appena lasciato.
Navigare a vista.
"So del colloquio che hai avuto ieri con tuo padre...." riprese la regina, solo dopo un momento.
"Lui non è mio padre." Salto su allora l'altro, stringendo le mani a pugno e non potendo fare nulla per impedirsi di venire travolto ancora da quel bolo scomposto di emozioni contrastanti. Una nuova carezza. L' indice a raccogliere quella prima, inevitabile lacrima. Nessuna resistenza. "È tutto ciò che un padre non dovrebbe mai essere," proseguì con rabbia, impossibile da arginare "tutto ciò che un padre non avrebbe mai fatto." Sentenziò. "Se mai ho avuto un padre, o qualcuno che ha agito come tale, certo non è stato Odino."
"Sei molto duro con lui, Loki," mormorò la regina "ma ti comprendo. Ti ha però salvato da morte certa, un neonato inerme abbandonato nella notte e tra i ghiacci."
Al che il giovane si voltò verso di lei. Un'indefinibile luce a baluginare nei suoi occhi velati. Le labbra sottili scosse da un leggero e costante tremore.
"Sì, mi ha salvato, per abbandonarmi, soltanto poco tempo dopo, ancora una volta!" Quasi gridò, per poi ritrarsi e tornare a fissare il ruscello davanti a sé.
"Ci sono delle cose che non ci sono date sapere," replicò Frigga, dopo un momento "c'è sempre un disegno in ogni scelta che Odino fa, seppure possa sembrare incomprensibile, un esito che poi si rivela il più giusto per ciascuno di noi."
"Ah davvero?" Riprese Loki, con malcelata acredine "E il mio quale sarebbe stato? Quello di trascorrere una grande fetta della mia vita ad aver vissuto come schiavo in un mondo folle e alla mercé di richieste folli? Scelto, preso, comprato come un oggetto? Usato come tale e nel momento in cui avevo accettato quella condizione, lasciare che tutto si stravolgesse ancora! Partire, di nuovo dovermene andare e lasciare qualcosa che beh... paradossalmente mi era diventato caro, qualcosa di conosciuto, qualcosa che per tutti gli anni in cui il grande re degli Dei non c' è stato per me, mi ha protetto e a modo suo amato! E... ed ecco che giungo qui, lui non vuole neppure che resti, vivo i miei giorni a fianco dell'uomo che amo e che scopro essere tecnicamente mio fratello, li vivo ancora una volta quasi da clandestino, per poi venire nuovamente convocato ad un nuovo colloquio, ad una nuova, enorme rivelazione... obbligato a fermarmi ai piedi di quella dannata scalinata, mentre lui siede sul suo trono e mi guarda dall'alto e mi parla, ancora una volta non come un padre, ma come un padrone, come un giudice pronto a gettare sulla mia testa l'ennesima condanna! Così scopro che la mia pelle è capace di cambiare colore, diventare blu e rivelare che le mie origini sono ancora altre, che un altro è il mondo a cui appartengo e a cui sono stato strappato, che no, uno schiavo non lo sono mai stato in realtà, benché abbia vissuto come tale, ma al contrario sono il legittimo erede al trono del Regno, se possibile, il più acerrimo nemico di Asgard!" Esplose, parlando tutto d un fiato, gli occhi sgranati, le lacrime a rigargli il volto, lo smarrimento su di esso e la paura, la paura circa il suo destino e il suo futuro ad attanagliargli il cuore. "Cosa sono, dunque, madre? Solo una reliquia? Il prezzo di uno scambio per garantirsi la pace tra i regni? Dove sono i miei sentimenti? Dov'è il mio cuore? Dov'è tutto ciò di cui ho bisogno? Almeno... almeno su Sakaar ero qualcosa di... di certo, di vero, di reale. Almeno laggiù ero cercato, voluto e amato se non fosse altro per questo mio corpo. Ma qui, o per Jötunheim che cosa sono? Chi sono? Ti prego di dirmelo, perché a me sembra di impazzire e giorno dopo giorno allontanarmi da ciò a cui, ora, tengo di più al mondo."
La regina rimase in silenzio ad ascoltarlo per tutto il tempo. Non smise di guardarlo neppure per un momento. Restò con lui nello sciabordio ininterrotto di quel lacerante flusso di consapevolezza. Poi sollevò la testa e lo guardò, se possibile, ancor più profondamente, con aria fiera, con determinazione.
"No, Loki, tu non sei una reliquia, non sei il semplice prezzo per la garanzia della pace. Ma sei tutto ciò che hai detto. Sei tutto questo. E posso sentire sulla mia stessa pelle quanto male possa fare, quanto male possa fare il non riuscire a comprendere quale sia il tuo posto nel mondo." Fece una pausa per riprendere un istante dopo "Sei figlio di Laufy, erede al trono di Jötunheim, sei figlio di Asgard, fratello di Thor, al suo pari erede del trono di Odino, sei un re per diritto di nascita e sei un dio perché tra gli Dei sei cresciuto e dagli Dei hai ricevuto doni, ne hai appreso la natura. Ma," riprese a sfiorargli il volto con una carezza "sei anche mio figlio e io ti amo come tale, sei l' uomo che l' altro mio figlio ama e a cui è legato da un sigillo ben più tenace del sangue, un sigillo e un sentimento che non sarebbero mai nati se tu fossi rimasto qui e cresciuto con lui come un fratello e come un pretendente al trono, un trono per il quale sareste divenuti inevitabilmente rivali e mai avreste potuto vivere ciò che vi ha unito e vi ha ricondotti qui, insieme."
Una nuova emozione, ben più dolce e più fragile del dolore e della rabbia, si dipinse ora sul volto di Loki. Sentì il proprio cuore gonfiarsi nel petto e un senso di smarrimento e paura avvolgerlo, contro cui era impossibile lottare.
"Thor è il legittimo futuro re di Asgard, quando Odino cadrà nel suo sonno eterno." S'interruppe, obbligandosi ad arrestare quelle maledette lacrime. " Allora Thor salirà sul trono e... prenderà la sua regina al suo fianco... magari Sif, magari quella mortale di cui una volta mi ha parlato... e allora non ci sarà più posto per me, qui. Sarà di nuovo abbandono. Sarà di nuovo separazione." Serrò con forza la mascella, conficcandosi le unghie nelle mani chiuse brutalmente a pugno "C'è un solo trono per Asgard."
"Oh Loki, Loki, sei così perspicace per gli altri e così poco per te stesso..." mormorò la regina, dopo un istante, riattirando l'attenzione del figlio su di sé. "Ti sbagli, non c'è un solo trono per Asgard e al fianco di Thor non ci sarà una regina, ma soltanto colui che il suo cuore sceglierà."
Il giovane scosse la testa. Fece per replicare, ma non riuscì ad emettere una sola parola.
Gli parve di non riuscire a comprendere, non comprendere ancora, come se ci fosse un inevitabile pezzo mancante. La confusione riprese ad ingrossarsi nella sua mente e gli sembrò che niente potesse procurargli un po' di quella quiete, di quel riposo, di quell'accettazione di cui aveva così disperatamente bisogno.
Era troppo, infinitamente troppo anche per lui. E per un istante rimpianse la vita ben più semplice che aveva condotto su Sakaar. Dinanzi agli occhi gli ritornò, dopo lungo tempo, l' immagine creduta dimentica del Grand Master, colui che un padre per lui lo era stato davvero, per poi diventare altro, per poi diventare tutto, il suo confortante tutto, la misura di ogni cosa. E la nostalgia lo invase.
Riprese a guardare un punto lontano, invisibile, oltre la soglia dell'orizzonte.

LOST IN SAKAARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora