"Che posto è questo?"
"Quello che più amavi quando eravamo bambini."
Loki corrugò la fronte nel tentativo di ricordare, ma ancora la sua mente non era del tutto sgombra dalla confusione circa quelle memorie lontane.
Tuttavia nell'osservare quell'immensa radura che si stagliava davanti ai suoi occhi, dove numerose pietre, erose dall'acqua che doveva forse esserci stata un tempo, si erano ripiegate e accatastate in maniera naturale formando piccole grotte, le sue sensazioni iniziarono a muoversi, tramutandosi in immagini sfumate.
"Mi piaceva venire qui?" Chiese, lasciando che il suo sguardo si perdesse nel lontano orizzonte.
"Oh si, me lo chiedevi quasi tutti i giorni." Rispose l'altro, mettendosi a braccia conserte a guardare il paesaggio assieme a lui.
Sì voltò verso Thor, guardandolo con stupore.
"Venivo qui con te?"
Il dio sorrise.
"Con chi sennò?"
Loki sospirò e scosse un poco la testa.
"Non so che darei per ricordarmi queste cose in modo chiaro, ma è come se ci fosse ancora una porta sbarrata nella mia mente oltre cui non posso andare, una porta che mi divide a metà, tra quello che sono oggi e chi ero allora."
"Forse non è poi così necessario che le ricordi come sono state esattamente un tempo." "Come puoi dire una cosa del genere?" Esclamò il giovane, infastidito da quel commento "È anche questo parte di me e credimi che mi fa male non poter ricordare."
"Intendevo..." riprese Thor, con dolcezza "che forse la tua mente non vuole farti un torto, ma al contrario vuole esserti di aiuto e farti vivere su Asgard come qualcuno di completamente nuovo." Si voltò appena per guardarlo "Farti vivere al mio fianco in un modo del tutto nuovo." Aggiunse, non potendo evitare di sottolineare quelle ultime parole.
"Sì, forse hai ragione, perdonami." Si affrettò a replicare l' altro, scostandosi da lui e avanzando di qualche passo.
Ma il dio lo raggiunse, facendoglisi nuovamente vicino.
"Loki, ci sono molti luoghi su Asgard che non conosci e in cui siamo stati bambini insieme. È proprio perché comprendo ciò che mi dici e comprendo quanto possa far male sentirsi... divisi tra più parti... che voglio condurti in ognuno di essi, affinché tu possa lentamente ricordare." Accennò un sorriso, ancora "Questo che vedi oggi non è che il primo..."
Il tono carico di dolcezza con cui Thor gli parlò gli fece strozzare il cuore in una morsa. Si voltò di scatto verso di lui e lo guardò con un' emozione profonda.
"Non sono certo di voler ricordare!" Disse d'impulso, per poi ritrarsi subito dopo. "In realtà... non sono più certo di molte cose, ormai." Si lasciò andare, infine e serrò la mascella nel vedere un'ombra attraversare il volto del compagno.
"Che intendi?" Mormorò infatti l'altro, sondandolo con attenzione.
"Che forse... che forse hai ragione, che forse non è poi così necessario ricordare e potrei stare già bene così, con quello che c'è, senza dover... senza pensare troppo..." Si ritrovò a farfugliare debolmente, cercando di negarsi a quello sguardo intenso e indagatore.
Ma il dado era tratto. E con esso, i demoni erano tornati. Il tarlo di recuperare i pezzi della sua vita e assemblarli insieme, anche. Erano tornati tutti, insistenti, impazienti, subito dopo l' orgasmo, subito dopo l' amore di quella notte, subito dopo il sesso selvaggio che si erano concessi quella stessa mattina, ogni volta, subito dopo, irrevocabili, dopo la quiete.
No, Sakaar non era in quel loro abbraccio e nel perdersi della loro passione, non poteva essere in quel bollente gioco di ruoli in cui Loki si era illuso di potersi sentire lo schiavo che era stato, l' identità più conosciuta, quella più a lungo vissuta.
Sakaar era su Sakaar e non sarebbe mai potuta essere su Asgard. Mai sarebbe riuscito a ritrovarla lì.
Così come il giovane bellissimo favorito del sovrano che era stato laggiù, il cui unico compito era il diletto e il piacere, l'accrescere le abilità amatorie che aveva appreso nel tempo alla corte e nel talamo del Grand Master per lunghi, infiniti anni, non poteva essere il dio della magia e delle astuzie che si stava scoprendo in quel nuovo regno. Né l'amante perfetto del figlio di Odino, né quel compagno così a lungo cercato, né il fratello e il figlio ritrovato. Così come, allo stesso modo, su Asgard, niente aveva a che fare con la sua discendenza al trono di Jötunheim e allo sguardo di Laufy che forse, da qualche parte tra le ombre dei ghiacci, lo osservava anch'egli da sempre, così come aveva fatto il Padre degli Dei, così come aveva fatto Frigga, sua madre, fin dal primo momento.
Qualcosa, nello scorrere ineluttabile del tempo, doveva essere lasciato andare. Ma come era possibile farlo se si sentiva di appartenere a più luoghi della stessa, intera galassia?
E poi... poi le ultime parole del Grand Master mentre lo liberava dalla prigionia di quelle catene, dalla prigionia di quella scomoda e, al contempo, familiare identità, mentre lo liberava e lo faceva suo, amandolo come mai aveva fatto prima, con quell'intensità che gli si era impressa dentro, inevitabile, come se il suo signore avesse custodito per anni, in segreto, quel sentimento autentico e reale con cui l'aveva infine invaso un'ultima volta.
Non voglio che tu resti per obbligo e per dovere, tanto meno per paura. Sei libero, Loki, di scegliere se andare o restare.
Oh se se le ricordava bene quelle parole! La libertà di scelta. Forse era questa la più grande e difficile catena da spezzare. Qualcosa che non aveva mai conosciuto. Qualcosa che non aveva mai imparato a gestire. Qualcosa che lo rendeva del tutto confuso e vulnerabile. Sapeva perfettamente come farsi amare da qualcuno, aveva visto negli anni molti uomini e molte donne perdere la testa per lui. Sapeva perfettamente cosa fosse l' unione, il tenere insieme i frammenti di un piacere scomposto, di un corpo che si sconquassa nell'estasi perenne e in essa si annulla, tutti i pezzi del grande mosaico della sua vita.
Ma della separazione? Ne sapeva qualcosa? Di quel momento in cui l' unione termina e al calore appena provato si sostituisce il freddo del vedersi lasciare andar via e prendere strade diverse? Di quel momento doloroso e acre che ha a che fare sì con una nuova vita, ma anche con l' abbandono?
No, non sapeva niente di tutto questo, Loki.
E in cuor suo avrebbe voluto appartenere a Thor per sempre e al contempo non dover essere obbligato a lasciar indietro, per sempre, il suo antico signore.
Doveva tornare su Sakaar un' ultima volta e in quell' ultima volta comprendere cosa Sakaar significasse ancora per lui. E un ultimo saluto a colui che, in un modo o nell'altro, aveva pur amato.
Su Sakaar tutto ha avuto inizio e su Sakaar tutto dovrà terminare.
Questo gli aveva detto Madre soltanto il giorno prima e anche questo era stato per lui così difficile da capire. Una madre che lascia il figlio libero di scegliere, una madre che gli apre il cammino affinché possa allontanarsi e scoprire se stesso.
No, niente era facile per lui in quel momento. Niente lo era mai stato per qualcuno abituato ad appartenere, qualcuno abituato ad essere legato fin dall'inizio. E quella libertà tanto agognata ora non stava mostrando altro che il suo volto d' ingestibile angoscia.
"Raccontami, Thor, raccontami di quando eravamo bambini e di quando venivamo su questa radura insieme." Disse d' un tratto, come ultimo, disperato appiglio a quel passato che aveva preceduto ogni cosa.
Ricordare lì. Ricordare su Asgard. Farselo bastare. Senza dover andare a cercare altrove. "Ero felice qui con te?"
"Moltissimo." Rispose il dio, emozionandosi ancora e, dopo essersi andato a sedere su un masso, iniziò così a narrare.
*
"Amavi così tanto nasconderti in quelle grotte laggiù che mi facevi uscire pazzo perché non riuscivo mai a ritrovarti!" Disse infine, ridendo e perdendosi in quegli ultimi ricordi lontani. "Così, dunque, a quanto pare... tu finivi sempre per cercarmi..." Ammicco' Loki con dolcezza.
Thor si mosse, rialzandosi dal masso e gli si fece nuovamente vicino.
"Pare di sì." Ammise in un sussurro. Sollevò una mano con l'intento di fargli una carezza, ma di colpo si arrestò, vedendo che l'espressione sul volto del compagno era mutata ancora.
"Che succede? Ho detto qualcosa di sbagliato?"
Loki scosse la testa e si strinse un poco di più tra le proprie braccia, cercando di evitare il suo sguardo.
"No, no tu... non hai sbagliato nulla..." mormorò, incupendosi e non potendo fare più nulla per poterlo evitare.
Anche il racconto della loro infanzia che l'aveva pervaso con la sua dolcezza e a cui si era aggrappato invano, sforzandosi di ricordare a sua volta, sforzandosi di farselo bastare, non aveva fatto altro, invece, che accrescere quel senso di malinconia profonda, vuoto, tassello mancante sotto ai suoi piedi e l'inevitabilità della sua decisione.
"Thor io..." s' interruppe di nuovo, mordendosi le labbra. Sarebbe mai riuscito? Al solo pensiero di ciò che gli avrebbe provocato con quelle parole si sentì morire. Prese un lento respiro e proseguì, le lacrime erano tornate a velare i suoi occhi. "C' è. .. c'è una cosa che devo dirti." Sì abbandonò infine.
"Sì, c'è qualcosa che devi dirmi." Gli fece eco il dio, dopo un momento. "Lo so. Lo vedo, da giorni. E credo non abbia a che fare né col nostro essere fratelli, né con la tua pelle che si fa blu, né con Jötunheim, né con... la tua memoria perduta."
Loki annuì velocemente, sempre evitando di guardarlo e piuttosto si mise a sondare un punto lontano oltre la linea dell'orizzonte, mentre un vento leggero si sollevava, andando a scuotere i loro mantelli.
"No, infatti, non ha niente a che fare con tutto questo." Ammise, sentendosi sprofondare, inchiodato lì, su quel suolo che tentava disperatamente di accoglierlo, per ricevere soltanto il suo ennesimo rifiuto.
Con la coda dell'occhio vide l'altro allontanarsi lentamente, per tornare a sedersi sul masso vicino e lo ringraziò in silenzio per quel gesto. Se avesse continuato a sentire il calore del corpo di Thor su di sé non ce l'avrebbe mai fatta ad andare fino in fondo.
"Ho tentato..." iniziò, deglutendo a fatica, labbra secche, gola arida "ho provato ad estirparla dalla mia mente e considerarla una follia, ma... ma non c'è stato nulla da fare, così credo che quando un pensiero si fa persistente, questo diviene bisogno e finché non viene soddisfatto, non ti lascia più in pace." Ancora un sospiro. Uno sguardo di sfuggita al compagno, rimasto a sedere sulla pietra, fiero nella sua immobilità.
"Un pensiero che diventa bisogno? Cos'è di cui hai bisogno? Loki?"
Un sussurro. Un soffio quasi timoroso di venire pronunciato. L' attesa di una risposta che indubitabilmente avrebbe fatto male. E questo, il dio del Tuono, lo sapeva. Lo sapeva perfettamente.
Continuò a non muoversi. Continuò a restare lì e a guardare colui che amava di più al mondo, senza fretta, sospeso, col petto scoperto e vulnerabile, pronto ad essere ferito.
Avvertì tutto questo, il giovane, mentre sollevava la testa per osservare quel cielo di primavera, il cielo degli Dei, per cui avrebbe soltanto dovuto sollevare una mano per poterlo sfiorare con le dita e renderlo suo, per sempre.
"Ho deciso di tornare su Sakaar." Disse infine e quelle parole fendettero l'aria circostante come il più acuminato dei coltelli.
Silenzio.
Improvviso. Siderale. Assordante. Doloroso.
Prevedibile.
Inevitabile.
"Hai... deciso di tornare su Sakaar?" Ripeté il dio, parlando per primo, dopo quel momento che sembrò interminabile ad entrambi. "E' dunque questo il tuo bisogno, Loki?"
Timbro di voce metallico, neutrale, quasi irreale.
"Un' ultima volta."
Gli occhi a scrutare l' orizzonte, pregni di malinconia e di una sorta di nuova, strana, convinzione.
Silenzio. Nuovamente.
Siderale. Assordante. Doloroso.
Prevedibile.
Inevitabile.
Un secondo, infinito, lungo momento di separazione. Incolmabile distanza.
"Perché?"
Eccola, la domanda. In un soffio spezzato.
"Perché, Loki?"
La voce a incrinarsi e tremare un poco e in quella vibrazione tutta la forza di un bolo scomposto e dirompente da tenere duramente sotto controllo. Tutta la necessità, superflua, illogica di spiegazioni, per una decisione già presa, per una decisione che suonava come una ferita inferta gratuitamente.
"Perché sento che laggiù c'è ancora qualcosa di me. E se non vado a rintracciarlo, se non me lo porterò via di li, non potrò più continuare ad andare avanti qui come vorrei..." si voltò finalmente verso di lui. Lo sguardo lucido "Ad andare avanti qui, con te."
L' espressione sul volto del dio gli apparve ancora neutrale, come se una maschera fatta di emozioni silenziate fosse appena scesa su di lui. Al di sotto di essa imperversava, furente, la tempesta.
"Con me?" Gli fece eco Thor, con malcelato sarcasmo "Sei proprio certo di voler andare ancora avanti qui, con me?"
"Ti prego..." mormorò Loki, chinando la testa, in totale scoramento, in totale resa.
Sapeva che non sarebbe stato facile. Sapeva che avrebbe dovuto affrontare qualcosa di eccessivamente doloroso nel vedere il dolore dell' altro. Ma tutto si era aspettato fuorché quella calma sinistra in lui, quella sorta di implacabile indifferenza.
Avrebbe soltanto voluto schiodarsi di li e gettarsi sul compagno, su colui che un tempo aveva chiamato fratello e abbracciarlo, unicamente per tranquillizzarlo e, con una carezza, dirgli che tutto sarebbe andato bene. Ma il suo corpo era immobilizzato, incastrato su quella terra che l' aveva visto correre bambino, che l' aveva visto giocare con lui, quella terra che l'aveva nascosto, soltanto per farsi trovare da lui, sempre, così, da sempre, così, se solo avesse voluto, per sempre.
Tornò a voltarsi verso Thor e lo guardò intensamente, senza parlare. Forse, soltanto i suoi occhi, ormai gonfi di lacrime e di una bellezza inaudita fatta di smarrimento e fermezza, potevano operare qualcosa, rivelargli almeno quale fosse la verità del suo cuore, benché le sue azioni sembrassero mostrare l' esatto contrario.
Incontrò quelli blu del dio e il vento si sollevò ancora.
"Sai che lui, una volta tornato, non ti lascerà più andare?"
Era vero. Poteva esserlo. Era molto probabile. Un rischio inevitabile che avrebbe dovuto correre.
Ma Loki scosse la testa.
"Non è per lui che voglio tornare," ribadì "non è per aprire qualcosa di chiuso ormai. È per me stesso, per quel giovane schiavo che ancora su Sakaar trova il suo senso, un senso che non voglio più che esista. Torno laggiù per dire addio a quel Loki, definitivamente."
Thor lo squadrò lentamente e con attenzione, come a volergli leggere nella mente, come a voler sondare in maniera reale le sue intenzioni.
"Non sto dicendo che tu voglia tornare da lui," riprese "ma che lui, nel momento in cui ti rivedrà, farà tutto ciò che sarà in suo potere per trattenerti con sé." Un'ombra lo attraversò, densa e cupa. "È una follia."
"Sì, lo è. Ma è una follia talmente persistente che è diventata una realtà che devo vivere."
Al che, il dio sollevò gli occhi al cielo con rabbia e colpì il palmo della sua stessa mano con un pugno.
"Razza di bastardo!" Tuonò, pericolosamente in un sibilo "È stato abile. È stato astuto. Ti ha tolto con facilità le catene fisiche, perché sapeva perfettamente che ti avrebbe tenuto legato a sé con altre catene, ben più difficili da spezzare."
"No, non..."
Loki s'interruppe nel replicare, perché ciò che Thor diceva era vero, drammaticamente vero.
Era proprio così. C' era ancora qualcosa che lo legava al Grand Master ed era qualcosa d' invisibile, qualcosa fatto dei troppi anni vissuti su Sakaar, qualcosa fatto del troppo tempo trascorso con lui in cui l'altro era, in qualche modo, diventato il suo tutto, qualcosa che si era mischiato alle sue cellule ed era fluito assieme al suo sangue nelle interminabili notti in cui il giovane si era concesso al suo signore, notti in cui la loro pelle e i loro umori si erano fusi insieme in un modo così difficile da distinguersi, notti cariche di estasi e invasioni bagnate, dentro, sempre dentro, inconsapevolmente, nelle viscere e oltre, tanto da trasformarsi nella sua stessa identità.
In quell'istante Loki comprese che era esistito nella misura in cui il Grand Master gli aveva concesso esistenza.
E soltanto tornando su Sakaar e strappandogli quell'esistenza dalle sue mani, come egli gli aveva strappato il chip di dosso, illudendolo di averlo reso libero, che avrebbe potuto cessare, una volta per tutte, di essere realmente uno schiavo.
Non riuscì a terminare quei pensieri e riprendersi da quella sorta di illuminazione che, d'improvviso accadde qualcosa di completamente inaspettato.
No, il cielo sopra di loro non si fece di colpo livido e nero, né l'elettricità iniziò a percorrerne il pianale, né il rombo del tuono sconquassò la quiete nel regno degli Dei. Il cielo rimase limpido e terso, azzurro come azzurri e limpidi erano gli occhi che non avevano mai smesso di guardarlo fin dal primo momento, senza che lui se ne accorgesse.
Si sentì cingere, da dietro. Si sentì stringere, con forza. Le dita a intrecciarsi in un incastro perfetto sul suo ventre, il respiro calmo sul profilo del suo volto, poi contro la nuca, tra i capelli neri, e quel calore, pulsato fuori da un cuore battente, che iniziava, senza domande, senza chieder permessi, a sciogliere lentamente tutta la sua angoscia trattenuta per giorni, lungo la sua schiena.
"Cosa fai...?" Ebbe soltanto la forza di chiedere. O forse unicamente di pensarlo.
Chiuse gli occhi, stanco, ora, disarmato davvero.
E per un attimo, in quell'abbraccio inatteso e salvifico ebbe la sensazione, ebbe la certezza che no, nulla sarebbe andato perduto, nulla dissolto, nessuna rovina, nessuna maceria e che, in un modo o nell'altro, se il tempo glielo avesse concesso, sarebbero potuti restare lì, sospesi, in quell'istante d'eterno. Ancora un istante insieme. Ancora uno. Uno soltanto.
Così Loki sentì il respiro di Thor lambirgli la nuca, la pelle del collo, facendola subito raggrinzire e, in accordo col vento, le sue labbra a poggiarsi gentili in ogni spazio scoperto ovunque potessero arrivare.
"Lascia almeno che ti accompagni."
Un sussurro. Una richiesta. A scivolargli lentamente dentro. Un bisogno, forse, carico di tutte le paure e di tutto il coraggio necessario.
"Lasciami venire con te."
"Thor..."
Ancora il suo respiro a solleticarlo di quel calore insostenibile, le palpebre a farsi pesanti, bisogno d'abbandono. Abbandonarsi contro il suo torace. Essere stretto, rendersi prigioniero tra quelle braccia possenti per nulla intenzionate a lasciarlo andar via.
"Se è vero quello che dici, che non vuoi tornare su Sakaar per lui, lascia che ti guardi le spalle nel caso dovesse accadere qualcosa." Un bacio sul profilo del suo volto, quel poco sufficiente a farlo tremare "Permettimi di proteggerti."
Al che Loki, chiedendosi da dove provenisse quella briciola di forza rimastagli, riaprì gli occhi e si voltò lentamente verso di lui. Sollevò una mano e gli sfiorò la fronte corrugata da troppi timori, carezzò gli occhi umidi e arrossati, sostenendone sui polpastrelli tutta la bellezza e tutta la paura.
"È qualcosa che devo fare da solo." Gli sussurrò sulle labbra. Sospirò, soggiacendo a quella tremenda e rinnovata vicinanza tra loro. "So che ti sto chiedendo molto. So che ti sto chiedendo troppo e..."
Ma non ebbe il tempo di finire che Thor gli prese il volto tra le mani e lo baciò con ardore.
Un bacio intenso e denso di tutto il suo sapore, di tutte quelle emozioni troppo a lungo trattenute, pregno di rabbia e di dolcezza, attraversato da quell'inevitabile paura.
Il dio gli spinse la lingua nella bocca, con la veemenza che era nella sua natura, quella veemenza che l'aveva avvolto e travolto la prima volta che si erano incontrati, quella veemenza che aveva sconquassato ogni gioco, ogni orpello, ogni abilità fittizia appresa negli anni, riducendo ogni cosa all'essenza, a due corpi nudi e accaldati, uniti, spogliati di ogni illusione.
Loki lo assecondò e lo accolse, non facendo nulla per resistere a quell'assalto, ma al contrario, prendendo ogni cosa su di sé, ogni cosa per sé, come se ciò che Thor gli stava donando in quel momento, nel sapore salato delle lacrime e in quello devastante di quel bacio, sarebbe divenuto la sua corazza.
Poi, il compagno, così come l'aveva preso, lo scostò bruscamente da sé e lo fissò profondamente negli occhi.
"D'accordo va'. Fa' ritorno su Sakaar e va' a riprendere ciò che senti essere tuo. Io ti aspetterò per il tempo di quattro lune. E se per allora non avrai fatto ritorno, verrò a cercarti e..." s'interruppe, mentre un bagliore attraversò il suo sguardo fatto di un'indicibile emozione "ti ucciderò." Concluse, riattirandolo a sé e imprimendogli un ultimo bacio. Selvaggio. Letale.
Quando lo allontanò ancora, Loki indugiò anch'egli su di lui un'ultima volta. Nei suoi occhi velati, un'emozione identica e contraria.
"Così sia."
Quindi scivolò lentamente fuori da quell'abbraccio, fuori da tutte le sue certezze, fuori da quel calore di cui aveva bisogno più della stessa aria e, indietreggiando, si allontanò da lui.
Fece qualche passo a ritroso, fin tanto che poté sostenerlo, fin tanto che poté sostenere quegli occhi carichi di tutto addosso. Poi si voltò e senza più indugi abbandonò quella radura, in cui, da qualche parte ancora, correvano felici, bambini, fratelli, insieme.
Soltanto dopo, quando ormai distante e prossimo al ponte arcobaleno del Bifrost, le lacrime presero a scivolare sul suo volto e si concesse finalmente di piangere, Loki poté vedere altre lacrime rigare il cielo, un cielo caricatosi infine di fulmini e livide nubi, quel cielo in cui la primavera era appena scomparsa, il cielo degli Dei, per cui avrebbe soltanto dovuto sollevare una mano per poterlo sfiorare con le dita e renderlo suo, per sempre.
**TBC**

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LOST IN SAKAAR
FanficTutte le cose perdute e non volute finiscono, presto o tardi, su Sakaar, il regno dell'assurdo. Anch'egli, ' cosa perduta e non voluta' in un lontano tempo senza memoria, a Loki, il favorito del Grand Master, sovrano di quel mondo, è affidato un com...