Third part.

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Nuova alba sorgente, nuovo dì inaspettato.
E così emozioni ignote da vivere, ricordare e conservare nel cuore, a un punto tale da giungere sino al suo meandro più profondo; proprio lì, nell'anima.
Volti nuovi, nuovi occhi, posti sconosciuti e nuove avventure.
"Al momento, ti trovi a un vero punto d'inizio, senza più alcuna astrazione. È giunto il momento in cui è d'obbligo tirar fuori tutta la grinta che possiedi, e altresì, di far vedere loro ciò di cui sei capace, Alaska" mi raccomandai con un fare molto autoritario.
Un primo accenno di esortazione mentale fu un chiaro segnale del fatto che già ero ben predisposta a dar vita a un'altra giornata.
Con il pretesto un po' banale di avvertire qualcosa che colpiva il mio volto, aprii gli occhi.
Una luce, foca, trapelava dall'avvolgibile e sembrava baciarmi dolcemente. Ebbene, stavolta, era proprio il momento giusto: mi misi in posizione eretta seduta sul letto, stiracchiandomi nel silenzio più assoluto. Mi guardai attorno e rigirai più volte, come se stessi cercando di ricollocarmi nello spazio fisico.
Con mio grande stupore, fu proprio in quel frangente che i miei occhi caddero sulla sveglia segnante, appena, le 05:15 del mattino.
Ciò forniva, in effetti, una valida spiegazione al colore scuro che tinteggiava il cielo e che contrastava, come fosse lo Yin dello Yang, il colore rossastro nascente e l'immagine di un'alba nuova.
Decisi di scender giù dal letto per mirare, nel migliore dei modi, quello che da sempre è stato, a mio avviso, una delle più grandi meraviglie della natura.
Mi avvicinai alla finestra, in punta di piedi. Scostai la tenda che copriva l'avvolgibile e uno spettacolo mozzafiato prendeva piena vita dinanzi la mia vista; tutto d'un tratto, difatti, sentii mancare il fiato dal petto.
*Non sarò mai solita a così tanta bellezza, sarà sempre la stessa emozione, se non crescente volta per volta.*
Il cielo d'un rosso scarlatto, nel quale s'intravedeva il sole scorgere, tra qualche nuvola dispersa nel cielo, quasi come se fossero sprazzi di fantasie colorate.
Presi immediatamente la mia Canon ed iniziai ad immortalare una delle albe più stupefacenti, mai viste in vita mia sinora.
E come mio solito fare, in realtà, tra uno scatto e l'altro, arrivai a 30 senza farci troppo caso.

...
Erano già le 6:15 quando rivolsi, nuovamente, uno sguardo alla sveglia, ed essendo in ritardo sulla tabella di marcia, decisi di correre verso il bagno cosicché da far subito una doccia bollente.
Una volta entrata nel box, aprii l'acqua e lasciai che accarezzasse ogni singola cellula del mio corpo, scivolando lentamente sulla mia pelle.
Allo scorrere di ogni piccola goccia, prevaleva in me una sensazione di sollievo crescente.
Una volta uscita, optai per una t-shirt perfettamente abbinata ai jeans neri e alle mie solite converse All Star. Raccapezzai tutte le mie energie per poter dare un'acconciatura ai capelli e un tocco di luce al mio volto, grazie all'aiuto di un po' di mascara, affinché potessi donare una maggiore profondità al mio sguardo.
Scesi le scale di premura dato l'orario: 07:05.
Il mio primo colloquio di lavoro, per una caffetteria di Forks, sarebbe stato alle 08:00, e sarei arrivata proprio a quell'ora, traffico permettendo.
["50 minuti sono perfetti, forza Alaska!" dissi.]
Presi le chiavi di casa e della moto, il casco e chiusi la porta.
...
Salii sulla sella della mia z900 e a tutto gas mi avviai verso Forks più speranzosa che mai, consapevole che ce l'avrei fatta questa volta e che tale giornata sarebbe stata sinonimo, per me, di un nuovo inizio e di un punto di non ritorno.
Sarebbe stata una svolta definitiva, a tutti gli effetti. O almeno auspicavo.
[...]
Durante il tragitto il piccolo senso di trepidazione, compresente con la speranza, svanì, probabilmente sostituita da una forte scarica di adrenalina, che sentivo scorrere nelle mie vene, alla velocità della luce.
Un sentore di libertà assoluta mi pervase.
...
Arrivata a destinazione, erano appena le 07:56.
["Prossima alla formula 1, mia cara Alaska, sei proprio bravissima" pensai, iniziando a ridacchiare].
Scesi dalla moto, tolsi il casco, e cominciai a dirigermi verso il luogo dell'appuntamento che si trovava a circa 400 metri da lì.
Una volta raggiunto il luogo, l'orologio segnava le 08:00 esatte, ciononostante, nessuna traccia di quello che, se mi avessero assunta, sarebbe stato il mio futuro datore di lavoro.
Decisi, allora, di prendere un tavolo e gustare un cappuccino lungo, così da riuscire a svegliarmi ed essere in grado di percepire il tempo in maniera molto più rapida. O almeno speravo. Questo era il piano e difatti, ero in attesa di qualcuno che prendesse la mia ordinazione.
Il tavolo che scelsi era situato vicino a un jukebox che riproduceva una delle mie canzoni preferite in assoluto: "Everybody wants to rule the world";
senza accorgermene la iniziai a canticchiare.

D'improvviso, la mia attenzione venne distolta da una ragazza che si palesò dinanzi i miei occhi, coatta coatta.
A guardarla, aveva proprio un aspetto particolare: Capelli color corvino, occhi neri come la pece, e carnagione olivastra. Il viso ornato di piercing e il corpo di tatuaggi, entrambi piuttosto particolari.
Indossava una divisa piuttosto inusuale: gonna e camicia nero opaco e una cravatta rossa.
A dirla tutta, feci anche un balzo appena la vidi, e lei accorgendosene, scoppiò in una fragorosa risata, contagiando pure me.
Mi scrutò per pochi secondi e immediatamente rivolgendomi un sorriso più che cordiale mi disse: «Buongiorno, io sono Amélie, cosa desideri ordinare?»
Sentii in un batti baleno l'accento francese prender vita in ogni sua singola parola, e un sorriso si animò nel mio volto, pensando a quanto questa lingua da sempre abbia avuto la capacità di attirarmi a sè, sin da quando ero qui, sulla Terra.
«Ciao, prendo un cappuccino lungo, grazie».
Estraendo uno strano aggeggio tecnologico, segnò il mio ordine, e volgendomi il suo sguardo gentile, andò via.
Neanche dopo una decina di minuti, la rividi spuntare con il mio cappuccino. Aveva un aspetto più che invitante, per fortuna.
«Ecco a te, miss balzo in aria», disse porgendomi il recipiente che conteneva la mia fonte di salvezza.
Poi aggiunse: «Eccoti due donuts, offre la casa"».
Ma fui colta così tanto alla sprovvista da quel gesto che mi feci scappare un verso di stupore, subito seguito da: «Grazie mille Amélie, io sono Alaska, piacere di conoscerti».
Sul suo viso notai subito un espressione di sgomento all'udire il nome Alaska. Dunque, spinta da una grande curiosità, chiesi: «A cosa devo quest'espressione? Cos'è che ti ha fatto restare senza parole?»
«No, nulla, lascia perdere, scusami», disse con un tono di voce tremante, gesticolando con le mani.
«Dimmi, davvero. Avverto che qualcosa non va, lo percepisco», dissi con tono apprensivo.
«Non posso parlarne, non qui e non ora».
Spinta più che mai da forte sensazione ignota, dissi a me stessa che, a tutti costi, avrei dovuto conoscere la motivazione che ha causato così tanto sgomento.
In cuor mio, sapevo che qualcosa si celava dietro tutto ciò e io dovevo venirne a capo.
«Non preoccuparti, attenderò che tu finisca il turno e se ti andrà, mi dirai», controbattei.
Fece un sorriso e cenno con la testa, che capii fosse un sì, ed andò via.
Istintivamente, controllai l'orologio e vidi che erano già le 08:30, ma ancora del mio datore di lavoro non vi era alcuna traccia.
Presi il cappuccino ed iniziai a berlo, sperando arrivasse presto e che l'attesa non fosse ancora così estenuante, come già stavo iniziando ad avvertire.
Tirai fuori il mio quadernetto ed inizia a scrivere:
"Ciao Alaska,
noto con mio immenso piacere, che stai cercando di non farti sopraffare dalle emozioni e che stai tenendo duro, ora più decisa che mai.
Non avevo alcun dubbio di ciò, sai?
Ho sempre sap...";
mi interruppi quando udii un fracasso allucinante.
Non riuscii credere a ciò che i miei occhi stavano vedendo, tantomeno a ciò che sarebbe accaduto da lì a brevissimo.

L'Alaska dimenticata.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora