fourteenth part.

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L'orgoglio sembrava far parte di me oramai, o forse si trattava solo di una mera giustificazione della mia unica e sola volontà di rinnegare a me stessa come stessero realmente le cose.
Avrei potuto essere paragonata ad una Elisabeth Bennet di "Orgoglio e Pregiudizio", ma dei tempi moderni, quasi.
Eppure per quanto simili potessimo essere all'apparenza, in realtà io e lei non avevamo alcun punto comune se non il perpetuo rinnegamento di una tangibile verità.
Vi era una parte di me che stava lentamente avvicinandosi alla figura di Parrish, e non per via del legame spirituale  bensì per il suo modo d'essere che, nonostante il mio atteggiamento a tratti burbero ed asettico, persisteva nello starmi vicino.
["È la prima volta Alaska, non lasciare che t'inganni solo perché stai vivendo nuove sensazioni e sentendo emozioni a te del tutto sconosciute sinora.
Devi salvare il mondo dalle avversità, e non perdere tempo con distrazioni", dissi a me stessa].
E fu così che, tra un interrogativo e l'altro, caddi in un profondo sonno.

Mi sentii leggermente smuovere il fianco e poi sussurrate delle parole, soavemente:
«Al, svegliati. Ti ho portato una donut cioccolato, spero ti piaccia»
«Hmm, ho sonno. Lasciami dormire»
«Al! Sveglia. Dobbiamo andare a lavoro! E se non ti alzarai finirai per fare tardi... ed io insieme a te visto che sei con me»
Sbuffai per il fastidio e balzando giù dal letto, controbattei: «Ho capito Parrish, mi sono alzat
...» e caddi inciampando sulla coperte.
Scoppiò in una risata di gusto, così alimentando quello che era il mio fastidio.
«Oh santo cielo Al, sei insolita... ma divertente, tanto!»
«Chiudi il becco» dissi.
Si avvicinò cautamente tendendo la sua mano verso me a mò di sostegno, ed io accettai afferrandola.
«È il minimo che tu possa fare dopo gli sfottò mattinieri»
«Suvvia come sei esagerata e permalosa. Prendi la colazione e basta. Dovresti essermi anche grata vista la gentilezza fatta nei tuoi riguardi»
[" Al, smettila. Per una buona volta cessa di essere così scontrosa e tenta di essere meno maldestra piuttosto", disse una vocina insinuatasi ormai dentro la mia testa].
Forse aveva ragione, ma abiurare il mio modo di fare sarebbe stato pari ad abbassare la guardia ed io non avrei mai voluto farlo. A nessun costo.

Era come se tempestivamente un dissidio interiore prendesse vita dentro me, ogniqualvolta fossi titubante su qualcosa.
Tipico di Alaska, da sempre.
Tuttavia, avrei dato ascolto alla vocina stavolta.
«Si Par, grazie e scusami»
Afferrai la donut al cioccolata offertami, e la divisi in due in modo da poterla condividere con lui che, in fin dei conti per me, sin dal principio c'era stato.
Sentii un applauso provenire dalla sua direzione ed, automaticamente e senza che lo volessi, feci una smorfia perplessa.
«Attenzione signori e signori! Alaska Greylight, oggi sta mostrando un lato della sua bontà a me, Parrish. Che si tratti di un presagio?»
Decisi di non controbattere onde evitare risultassi pesante, ma tale scelta venne interrotta in un battibaleno da quello che, pochi istanti dopo, compresi essere un abbraccio.
«Su Al, forse hai dimenticato che tra me e te c'è una connessione più forte di quanto chiunque in questa terra possa persino immaginare. Credi non recepisca quando qualcosa ti va giù e quando no?».
Non replicai.
«Dai, non tacere. Oppure... lo fai perché ho ragione! Dimmelo Al! Dai, dai!», insistette con fare da bambino
Seccamente dissi: «No».
«Te ne pentirai Al!»
«Come prego?»
Nel giro di pochi istanti ci ritrovammo l'uno sopra l'altro e fu in quell'esatto momento che iniziai a ridere. Parrish decise di farmela pagare facendomi il solletico.
["Il solletico? Ma sul serio. Certo che è una mente creativa ed un mentecatto questo ragazzo!"].
«Parrish! Smettila! Facciamo tardi! Sei proprio un idiota! Dai! Ti prego!»
Inutile. Scelse di persistere.
["Alaska, non azzardare a dargliela vinta. Reagisci e fai qualcosa su. Svelta"].
Fu allora che stabilii come scelta una via piuttosto semplice tuttavia efficace.
Mi misi all'azione.
«Ahi Al! Un morso? Ma sul serio?»
«Si, così hai almeno mollato la presa!» affermai sotto un riso beffardo.
Scesi giù dal letto e correndo per sfuggire alla sua presa, mi avviai verso il bagno per la tanto attesa e fatidica doccia bollente mattiniera, che mi spettava dopotutto.
«Alaska, non crederai di scamparla così liscia!»
«Certo che posso» urlai ridacchiando e chiudendo la porta appena in tempo.
«Roba da matti!»
«Taci, e lascia che io possa avere 5 minuti di pace senza udire la tua fastidiosa voce».

Una volta non sentito più alcun rumore, mi spogliai velocemente ed aprii l'acqua calda poco prima d'entrare, affinché non sentissi un forte contrasto tra il freddo ed il calore sul mio derma.
Nel contempo, quasi come un detective va alla ricerca del suo prescelto, feci io ma con un'unica differenza: il mio obiettivo era trovare un asciugamano che, grazie al cielo presi qualche istante dopo.

Entrai nel box e tutto in pochi secondi mutò totalmente.
L'acqua bollente sembrava accarezzare dolcemente la mia pelle che, al contatto con essa, apparve trovare sollievo.
I muscoli puntualmente tesi per loro predisposizione naturale, andavano man mano sciogliendosi ed io, per pochi istanti diedi a me stessa l'occasione di svuotare la mente per quella che sarebbe stata una giornata dura ed impegnativa.
Non vi era al momento, sentimento più piacevole di questo.
Per tale motivazione godetti di ogni istante nel suo assoluto ma assordante, silenzio.

Uscii e mi coprii con asciugamano.
Solo in quel momento mi resi conto di non aver preso dei vestiti da indossare e realizzai che, da lì a poche frazioni di secondo, la scena da me vissuta sarebbe stata del tutto ambigua ed imbarazzante.
Non vi era alcuna alternativa se non quella di chiedere a Parrish una mano.
E così feci.
«Parrish, guarda che sono in asciugamano. Ho dimenticato i vestiti... che non ho» dissi facendo regredire lentamente il tono di voce, involontariamente.
Rise nuovamente.
[" Mannaggia a te Alaska. Veramente. Sei un genio"].
«Ti sento eh. Ricordatelo. Non sei invisibile».
«Ne sono consapevole e ciò rende tutta la dinamica a dir poco esilarante!».
«Idiota».
«Lo so, ma aspetta un attimo che ti prenda qualcosa».
«D'accordo, ti ringrazio».
Si allontanò con passo svelto dalla porta ed andò a prendere quelli che, per quel giorno sarebbero stati i miei capi di abbigliamento.

Dopo circa due minuti sentii la porta aprirsi e lo vidi entrare con molta nonchalance.
«Parrish! Sono coperta da un solo asciugamano! Il minimo che potessi fare è bussare».
«Bussare a casa mia? Questa mi è nuova», affermò con un sorriso malizioso.
«Sarà pure casa tua, ma ciò non omette il fatto che io sia quasi nuda! Adesso potrei avere i vestiti gentilmente?»
«Sì, tieni» disse porgendomeli.
Si allontanò rivolgendomi un sorriso ed uscì.
Indossai dei vestiti stranamente femminili, dallo stile piuttosto casual e dunque in perfetta linea d'onda con il mio.
["Chissà a chi appartenevano", domandai a me stessa].
Magari glielo avrei chiesto e basta non dando così possibilità di vita, ai miei dubbi.
Oltrepassata la toilette dinanzi a me ritrovai uno spettacolo mozzafiato che, sembrò essere un deja-vue della prima volta in cui i miei occhi vennero a contatto con i suoi.
Quel ricordo sembrò invadere, quasi prepotentemente, il mio cerebro e disturbare le mie sensazioni a riguardo.

Con la testa china si rivolse a me dicendo: «Alaska sei pronta? Finiremo per non arrivare in orario»
«Eh? Che ora è?»
«Sono le 08: 15. Dobbiamo essere alla centrale alle 08.45. Arriviamo appena in tempo. Prendi la metà donut che non hai mangiato prima. Io l'ho già finita».
«».
Feci per afferrarla, quando ancora una volta venni interrotta dalla sua voce tanto fastidiosa quanto calda.
«Non riesco a capirlo Al. Non riesco a capacitarmene. Com'è possibile che tu sia sempre così?»
«Così come Parrish?»

L'Alaska dimenticata.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora