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"Papà!" esclamò Harriet correndo verso suo padre all'uscita da scuola.
"Principessa!" rispose lui prendendola al volo. Le diede un dolce bacio sulla fronte.
"Signor Avery è bello rivederla" disse una voce familiare. Jackson si girò e vide l'insegnante di sua figlia.
"Salve signorina Smith"
"Mi chiami pure Amanda"
"Beh lei mi chiami pure Jackson"
"Non c'è la sua ex moglie oggi?" domandò la donna.
"No, April aveva da fare, sono venuto io a prendere Harriet"
"È sempre bello vederla" rispose la maestra sorridendogli.
"La ringrazio. Ora dobbiamo proprio andare, arrivederci"
"Ciao maestra"
"Ciao Harriet"

"Com'è andata oggi?" domandò Jackson a sua figlia mentre pranzavano.
"Bene, ho detto a tutti del regalo"
"Quale regalo?" domandò l'uomo sorridendo davanti all'espressione entusiasta della figlia.
"Mamma mi regala un fratellino o una sorellina" rispose con nonchalance la bambina.
Jackson per poco non si strozzò con il cibo.
"Cosa?" domandò sperando che fosse tutto frutto della sua fantasia.
"Mamma stava parlando al telefono con zia Arizona. E io sono entrata nella sua stanza, ma lei non mi ha visto. E ha detto che non sapeva che fare perché era incinta. Allora l'ho detto a Megan e mi ha detto che significa che sto per avere un fratello o una sorella. Lei lo sa, ne ha appena avuto uno. Ma non le piace molto, piange sempre e non vuole giocare con lei"
Jackson era senza parole. Non vedeva April da quella volta a New York. Erano passato un po' di tempo. E adesso era incinta. Sapeva che stava sbagliando, ma non gli importò. Prese il telefono e chiamò Arizona. Lei rispose immediatamente.
"Ciao Arizona, sono Jackson, è un buon momento? Vorrei parlarti"
"Certo, dimmi"
"Senti so che non dovrebbe interessarmi, ma April è incinta?" domandò.
"Jackson, non posso parlare di questo con te"
"Arizona, ti prego, ho bisogno di saperlo"
"Jackson ho già fatto quest'errore una volta, non lo farò di nuovo"
"Che vuol dire?"
"Che devi chiedere direttamente a lei. Ho le mani legate. April è la mia migliore amica e sono il suo medico, non posso aiutarti"
"Va bene, ti ringrazio" rispose Jackson prima di riattaccare.
Dopodiché scrisse un messaggio ad April che era al lavoro. Le disse di doverle parlare quando sarebbe andata a prendere Harriet.
Le ore sembravano interminabili. Il tempo non passava mai. Jackson aveva bisogno di parlare con April. Da quanto era incinta? Di chi era il bambino? Come stava? Nonostante ci fosse una grandissima probabilità che il bambino non fosse suo, una probabilità pari al 90%, era preoccupato per la salute di April, sapendo quanto fossero state difficili le sue precedenti gravidanze.

Jackson stava giocando con Harriet quando April suonò il campanello. Si affrettò a raggiungere la porta. Quando l'aprì, la Kepner era lì. I capelli legati in una coda, la sua solita borsa a tracolla e il viso stanco di chi non aveva avuto una bella giornata. Avrebbe voluto evitarle l'ennesima noia, ma era suo diritto sapere. Immediatamente il suo sguardo finì inizialmente sul ventre coperto della donna e successivamente sul suo seno visibilmente ingrossato. Era quasi impercettibile, ma un occhio attento quelle cose le notava.
"Mi hai chiamato per fissarmi le tette?" domandò April irritata da quella radiografia.
"Non che mi dispiaccia fissarti le tette, ma no, entra" disse spostandosi dalla porta.
Lei si recò immediatamente da Harriet e le diede un bacio prima di tornare da Jackson.
"Sii veloce, è stata una giornata dura, vorrei tornare a casa" affermò la donna sedendosi sul divano.
"Sei incinta?" domandò subito lui.
April strabuzzò gli occhi.
"Sei incinta?" chiese di nuovo lui.
"Cosa?"
"April, sei incinta?"
"Chi te l'ha detto?"
"Me l'ha detto Harriet, allora è vero?"
Lei non rispose. Annuì soltanto. Jackson non sapeva cosa dire. Si sedette accanto a lei.
"Di quanto sei?" chiese lui.
"Appena tre mesi"
"Appena? Tre mesi? Sei di tre mesi? Tutto questo è ridicolo. E tuo marito lo sa?"
"Non lo sa"
"E non se n'è accorto?"
"No, è sempre al lavoro"
"Che idiota! April, chi è il padre?" domandò cominciando ad innervosirsi.
"Non ne ho idea! Non chiamarlo idiota e smettila di agitarti, sono sicura che non sia tuo"
"Non è per quello che mi sto agitando. Mi sto agitando perché so quanto ti terrorizzino le gravidanze dopo Samuel. E stai facendo tutto da sola"
"Non è vero, ho Arizona e Callie dalla mia parte"
"Arizona e Callie sono a New York, April!"
"Non è un tuo problema"
"April devi smetterla con questa stronzata. Tu sei un mio problema. E ti ricordo che quello che hai in grembo potrebbe essere mio figlio. Mio figlio, April!"
"Jackson le probabilità che questo sia tuo figlio sono veramente poche" disse cercando di restare tranquilla lei.
"Voglio fare il test del DNA! Tra poco la pancia si vedrà e non potrai nasconderla a tuo marito. Cosa gli dirai se il bambino alla nascita somigliasse a me?"
"Non so, sorpresa?"
"Non fare la cretina! Sono serio!"
"Jackson quando e come dirlo a mio marito sono fatti miei. E non preoccuparti, ho già pensato al test. I campioni li stanno analizzando mentre parliamo. Arizona mi ha assicurato i risultati entro fine settimana. So badare a me stessa, Jackson!"
"E quando me l'avresti detto? Se non me lo avesse detto Harriet non l'avrei mai saputo?"
"Avrei aspettato i risultati. Non avrei dovuto informarti se il bambino fosse stato di Matt. Perché ti ricordo che noi due non siamo più niente"
"Non siamo più niente? Va bene, continua pure a raccontarti questa stronzata. E comunque ti ripeto che io ti amo."
"Ancora con questa storia? Sono passati mesi, basta"
"Non è così semplice, April. Non posso semplicemente smettere di amarti"
"In passato l'hai fatto, non mi sembrava fosse così difficile per te"
"Ero un uomo diverso"
"No, Jackson, eri sempre la stessa persona. Eri, sei e sempre sarai un egoista che pensa solo a se stesso."
"Puoi insultarmi quanto vuoi, puoi darmi la colpa di tutto e farmi sentire uno schifo, io non smetterò di amarti. Mai! Questa tattica non funziona con me, non riuscirai ad allontanarmi" rispose lui prendendole le mani.
April sussultò a quel contatto. E bastò quel gesto a tradirla. Le cadde la maschera. Aveva provato con tutte le forze a mostrarsi impenetrabile, a far finta di essere una dura, una che aveva tutto sotto controllo. Ma non era così. Quella situazione la stava consumando dall'interno. E Jackson aveva ragione, parlare al telefono o tramite videochiamate con Arizona non era la stessa cosa che averla accanto. Non aveva nessuno su cui scaricare le sue paure, le sue tensioni. Non c'era nessuno che le fosse accanto in quel momento così spaventoso. Avery era riuscito a leggerle dentro con una facilità impressionante. Era sempre stato così. E nonostante April cercasse di allontanarlo e lo insultasse, lui non si arrendeva. Effettivamente questo atteggiamento un po' la lusingava, ma non solo, la faceva sentire incredibilmente in colpa. Non voleva fargli del male, ma non poteva rischiare di cadere di nuovo nella sua trappola. Non ora che di mezzo c'era un bambino. Aveva fatto la scelta giusta, allontanarlo in qualunque modo possibile. La sua relazione con Matthew rischiava di rovinarsi e qualora il bambino fosse stato di Jackson, lei sarebbe stata l'unica responsabile per la fine del suo matrimonio, di nuovo. Nonostante avesse detto a Jackson il contrario, sapeva che le colpe della fine del loro matrimonio non erano solo sue. April aveva una grande fetta di responsabilità in quell'occasione. Era andata via nel momento del bisogno, lasciando Jackson solo, senza una spalla su cui piangere, senza sua moglie con cui processare il lutto. Era stata egoista. Era stata meschina. E non riusciva a perdonarselo.
"Jackson..." disse lei e gli occhi le si riempirono di lacrime.
"Non dire niente" rispose lui tirandola verso di sé e abbracciandola.
"Ho paura, aiutami" confessò.
April aveva chiesto aiuto. E Jackson ne fu felice. Si stava fidando di lui e lui non l'avrebbe delusa. Non questa volta.
"Shh" disse lui stringendola più forte e lasciando che si sfogasse. "Ci sono io. Ricordatelo, sono la tua persona. Su di me puoi contare sempre" le disse piano.
"Lo so, so di poter contare su di te e mi dispiace per quello che ti ho detto a New York" affermò April.
"Non scusarti, avevi ragione. Ma questa volta è diverso. Questa volta non ti lascio, seppure come amico, non ti mollerò un secondo"
"Mi dispiace davvero"
"Non è colpa tua se non mi ami più, avrei dovuto tenerti stretta quando potevo e non chiederti il divorzio. Avrei dovuto provare a risolvere le cose invece di scappare"
"Jackson sono io quella che è scappata"
"E sei tornata. Sei tornata ed eri disposta a lottare. Io no e ti ho persa. Ma non ti perderò come amica. Non permetterò che questo succeda, te lo garantisco"
"Grazie, Jackson" rispose lei stringendo più forte le braccia attorno al suo collo.
"Ahi, ahi, ahi! Mi stai facendo male" disse lui allentando un po' la presa della donna.
"Scusa"
"Ti va di raccontarmi tutto dall'inizio, da quando hai scoperto di essere incinta?" domandò lui ed April annuì.

Il fine settimana arrivò più in fretta di quanto si aspettassero. April non era pronta a leggere i risultati in quella busta. Ma doveva farlo. Lo doveva a se stessa e lo doveva a Jackson. Per l'occasione i due avevano preso di nuovo il jet privato di Catherine ed erano volati a New York. Quando Callie li vide uscire dall'aeroporto assieme sorrise maliziosa e Arizona la ammonì scherzosamente.
"Torres, Robbins è un piacere vedervi"
"Anche per me, Avery, anche per me" commentò Callie con lo stesso sguardo di prima.
April corse ad abbracciare Arizona mentre la Torres fissava Avery con un ghigno soddisfatto che lui trovò piuttosto inquietante.
"Avevo ragione, siete tornati insieme" disse lei all'uomo.
"In realtà no, sono qui come amico e come supporto emotivo" affermò subito lui.
"Continuiamo a raccontarci queste idiozie... capisco" commentò Callie.
"Sei pronta?" domandò Arizona stringendo le mani di April.
"Sì, sono pronta"
"Va bene, allora andiamo in clinica. La dottoressa Coleman del laboratorio mi ha appena mandato un messaggio dicendomi che i risultati sono pronti" affermò la Robbins.
April cercò istintivamente la mano di Jackson e la trovò. Quel contatto non sfuggì allo sguardo compiaciuto e attento della Torres.
Arrivarono in clinica e April cominciò a stritolare la mano di Jackson che aveva stretto per tutto il viaggio. Lui la guardò e la rassicurò. C'era qualcosa in lui che riusciva sempre a tranquillizzarla, a farla sentire al sicuro, a farla sentire protetta. Era uno degli aspetti che l'avevano fatta innamorare. Ad un certo punto lui le sorrise e lì April si sentì in grado di poter affrontare tutto. Qualunque cosa sarebbe successa, Jackson non l'avrebbe lasciata. Glielo aveva promesso e qualcosa, sta volta, le diceva di fidarsi.
"È il momento" disse Arizona interrompendo quell'attimo che avevano condiviso.
"Può entrare con noi?" domandò April all'amica riferendosi a Jackson.
"Certo, è una tua scelta" rispose la Robbins rassicurandola col suo sorriso radioso.
I tre entrarono nello studio della dottoressa Coleman. La dottoressa Coleman era una donna sulla sessantina, capelli quasi completamente bianchi, bassina, con due grossi occhiali neri che penzolavano sul suo petto, legati ad una catenella, mentre camminava.
"Dottoressa Kepner è un piacere rivederla. Venga pure, abbiamo i risultati. Immagino che lui sia uno dei potenziali padri"
"Esatto, sono Jack-" disse Jackson prima di essere interrotto dalla Coleman.
"Bene, arriviamo al dunque. Accomodatevi" disse la donna sedendosi alla sua scrivania e tirando fuori dal cassetto un fascicolo di parecchie pagine. Cominciò ad addentrarsi in una premessa abbastanza lunga che non faceva altro che aumentare l'ansia di Jackson e April.
April sperava, in fondo, che il bambino fosse di Matthew così da poter salvare il suo matrimonio e continuare la sua relazione con suo marito a cui voleva un mondo di bene. Jackson, invece, sperava che il bambino fosse suo. L'idea di avere un altro figlio dalla donna che amava era quanto di più bello potesse volere.
Arizona si accorse della tensione nell'aria e francamente si era stancata anche lei di ascoltare la Coleman dilungarsi in quell'inutile prefazione. Erano tutti medici lì dentro, sapevano esattamente ciò che stava succedendo. Volevano solo sapere i risultati del test. Il campione che Aprila aveva fatto analizzare era quello di Matt, se il test fosse risultato negativo, il bambino sarebbe stato di Jackson. Arizona guardò le mani di April che stritolavano quella di Jackson e capì che era arrivato il momento di intervenire.
"Dottoressa Coleman, la ringrazio per la sua approfondita spiegazione, vorremmo, se fosse possibile, arrivare al dunque" disse nel modo più dolce possibile.
"Va bene dottoressa Robbins. Mi dispiace signor Taylor, il bambino non è suo" disse la Coleman guardando Jackson dritto negli occhi.
April sbiancò immediatamente. E l'espressione preoccupata di Jackson lasciò il posto ad un'espressione felice. Era così felice che quasi non riusciva a contenere l'emozione.
"Wow, la sua è una strana reazione signor Taylor" commentò la Coleman.
"Piacere, Jackson Avery, il padre del bambino" rispose lui dandole la mano entusiasta.
"Ora ha senso" commentò la donna prima di lasciarli da soli.
Jackson si voltò verso April e istintivamente le prese il viso tra le mani. I due si guardarono per un secondo. Secondo in cui lui avrebbe voluto baciare la sua ex moglie, ma si trattenne.
"Lo so che non è quello che volevi, ma ti giuro che ci sarò per te ogni istante di questa gravidanza e non ti lascerò sola" affermò lui.
"Lo so, so che non mi lascerai sola. Ti sei sempre preso cura di me e Harriet fin dal primo istante. Scusami se non riesco ad essere felice, ma ora devo parlare con Matthew" disse April.
"Non preoccuparti, lo so. E sappi che se qualunque cosa dovesse succedere, tu mi chiami ed io arrivo. Sei la mia persona, April"
"Lo so, Jackson" rispose lei.

Come mi batte forte il tuo cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora