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Erano settimane che andava avanti quella storia. Andavano a letto insieme e poi si ritornava a far finta di niente. A far finita di essere solo amici. Nel frattempo, April aveva ripreso il suo vecchio lavoro al Grey-Sloan. E, proprio come tanti anni prima, si ritrovarono a consumare i loro rapporti nelle stanzette o nei ripostigli. La gravidanza procedeva a gonfie vele, la Kepner aveva trovato un bravo ginecologo che la seguisse. E, tutto sommato era anche un bell'uomo. Capelli brizzolati, occhi color nocciola, pelle ambrata, tratti nativi americani. Quel giorno, all'appuntamento andò solo April. Credeva di fare una visita di routine e non sentì l'urgenza di portare con sé Jackson sapendo quanto fosse impegnato al lavoro. Quello che non sapeva è che proprio in quell'occasione il dottor Kaheeli le avrebbe comunicato il sesso del bambino.
"April, va tutto bene. Il bambino non ha alcun tipo di problema. Ormai siamo al quarto mese ed è possibile vedere il sesso. Vuole saperlo?" domandò il medico.
"Sinceramente vorrei saperlo, ma allo stesso tempo vorrei saperlo assieme al padre del bambino e vorrei che fosse una sorpresa"
"Posso scriverglielo in una bustina e decide lei quando aprirlo e scoprilo. Oppure può fare come fanno la maggior parte delle mie clienti. Consegnano la busta con il sesso del bambino ad una pasticceria e loro preparano una torta. Quando la tagliano, si rendono conto dal colore all'interno se si tratta di un maschietto o di una femminuccia"
"Sembra un'idea carina. Va bene, facciamo così" rispose April.
Il dottor Kaheeli preparò la busta con il sesso del bambino e la consegnò alla donna che la ripose, al sicuro, in borsa.
Sorrise uscendo dalla visita col medico, era felice che sta volta stesse procedendo tutto per il meglio. Mentre si cullava con quel pensiero, le squillò il telefono, era Jackson. Non vedeva l'ora di condividere con lui le emozionati novità. Ma, quando rispose, si rese conto che dall'altro capo non c'era lui, ma bensì Webber.
"Dottor Webber? Che succede, Jackson sta bene?" domandò preoccupata.
"April non voglio che ti agiti, ma ho bisogno che tu venga in ospedale" rispose l'uomo.
Immediatamente si mise in macchina e guidò fino all'ospedale. Entrò in pronto soccorso dove vide Webber. Gli andò in contro correndo.
"È successo qualcosa a Jackson?" domandò preoccupata.
"Niente di grave, ma è arrivato un paziente in preda ad un attacco psicotico e c'è stata una colluttazione. Jackson cercava solo di fermarlo. Il paziente era incontrollabile e stava per colpire Bailey"
"Dov'è? Come sta?" domandò lei e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
"Lo abbiamo portato a fare una tac, per sicurezza. Gli abbiamo messo dei punti al labbro e ha qualche livido. Ma per fortuna niente di grave" commentò l'uomo.
"Niente di grave? Me lo avete quasi ammazzato" sbottò lei preoccupata.
"April, adesso è meglio che ti calmi. Sta bene, non è niente di grave" continuò l'uomo mettendole un braccio dietro la schiena e accompagnandola a sedersi. Dopodiché le fece portare una camomilla e lasciò che si calmasse restandole vicina.
"Posso vederlo? Avrà finito la tac" domandò lei.
"Chiedo subito" disse Richard guardandosi intorno "Shepherd! Avery è fuori dalla tac?" chiese guardando la neurochirurga.
"Sì. Tutto bene. Lo hanno appena dimesso, dovrebbe essere in laboratorio" rispose la donna prima di passare al suo caso successivo.
"Mi accompagna da lui?" chiese April guardando Webber.
"Certo, andiamo"
Webber accompagnò la Kepner in laboratorio. Non appena lei vide Jackson si fiondò su di lui e prendendolo alla sprovvista lo abbracciò. Dolorante, Avery ricambiò l'abbraccio, godendosi ogni istante di quel contatto. Ringraziò Webber con un cenno del capo facendogli capire che poteva lasciarli soli. Non appena si staccò da lui, April gli mollò uno schiaffo sul braccio.
"Ahia! Sei impazzita?" esclamò lui.
"Non farlo mai più! Non farmi preoccupare mai più così!" esclamò lei.
Lui rise.
"Va bene, va bene. Com'è andata la visita?"
"Il dottor Kaheeli dice che la gravidanza procede bene"
"Ne sono felice"
"E c'è un'altra cosa"
"Niente di grave spero"
April aprì la borsa e prese dal suo interno la busta.
"Qui c'è scritto il sesso del nostro bambino. Non volevo saperlo senza di te. Potremmo aprirla subito oppure fare una di quelle torte che rivelano il sesso. Me l'ha detto il dottore, a quanto pare vanno molto di moda in questi tempi" commentò lei.
Gli occhi di Jackson, nel frattempo, si erano riempiti di lacrime. Sorrise a trentasei denti prima di sollevare April da terra e farla girare. Era felicissimo.
"Facciamo quella cosa della torta, non vedo l'ora di saperlo. E grazie per non averlo letto senza di me" disse lui rimettendola a terra e baciandola.
April non si oppose, ma si godette quel contatto. Era felice, felice che Jackson stesse bene, felice di saperlo così entusiasta per il bambino e soprattutto felice che la gravidanza stesse procedendo secondo i piani.

Il giorno dopo in ospedale arrivò un caso molto complesso. Un ragazzino di all'incirca dodici anni era rimasto ferito durante una sparatoria. Purtroppo, non ce l'aveva fatta. Era l'ennesimo bambino vittima di proiettili volanti a causa di gang e nessun controllo sulle armi. Jackson non riusciva più a sopportare quelle ingiustizie. Davanti al pianto disperato della madre del bambino, si lasciò cadere su una sedia sconfitto. April arrivò qualche minuto più tardi. Adesso, la signora Parker, la madre del bambino inveiva contro suo marito che, col viso pieno di lacrime, cercava di tranquillizzarla.
"Che succede?" domandò la Kepner cercando di capire la situazione.
"Se nostro figlio è morto è colpa tua! Gli permettevi di andarsene in giro per il quartiere senza supervisione! È tutta colpa tua!" continuava a dire la donna, ignorando il medico e continuando a colpevolizzare il marito.
"Signora Parker, mi guardi" esclamò April con voce ferma. La donna la guardò con gli occhi rossi e gonfi, il viso inondato di lacrime.
"È il mio bambino, il mio bambino capisce? Ed è tutta colpa sua!" esclamò la madre distrutta.
"Signora Parker la capisco" cominciò a dire April.
"Mi capisce? Mi capisce? Lei non ha la minima idea di come ci si senta a perdere un figlio. Non mi venga a dire che mi capisce" urlò tra le lacrime.
Jackson si alzò immediatamente, pronto a raggiungere April e a trascinarla via di lì.
"Mi creda, so esattamente come si sente. Ho perso un figlio anche io" disse la rossa con un filo di voce e gli occhi lucidi.
"Mi-mi scusi" balbettò la signora Parker.
"Non deve scusarsi. Può urlarmi addosso quanto vuole, ma non se la prenda con suo marito. Non è colpa sua. Non è stato lui a premere il grilletto. In questo momento lui è l'unica persona che può capirla. L'unica che si trova nella sua stessa condizione. Signora Parker, suo marito sta soffrendo quanto lei. Non lo allontani, lo tenga stretto e cerchi di superarla assieme a lui. Dovete sostenervi, dovete restare uniti. Lui è l'unica altra persona al mondo che sa esattamente come si sente. Cercano di fare i duri, ma sono umani anche loro. Non faccia il mio errore, non lo lasci da solo. Gli stia vicino. Ha bisogno di lei tanto quanto lei ha bisogno di lui" disse April.
Jackson rimase ad ascoltarla, gli occhi pieni di lacrime, la mascella serrata e i pugni chiusi. Ricordare quel periodo lo faceva soffrire, ripensare a Samuel, suo figlio, lo faceva soffrire. Ricordò quei mesi senza April, senza il suo bambino e si sentì devastato.
"Io ho solo bisogno di riavere mio figlio. Ridatemi mio figlio" disse la signora Parker prima di essere catturata dall'abbraccio del marito e lasciarsi andare tra le sue braccia.
April cominciò a sentirsi male e corse in bagno. Jackson prontamente la seguì. La trovò china sul water che vomitava. Le si avvicinò immediatamente e le tenne la testa.
"Ci sono io, ci sono io" le disse sostenendola.
Lei si girò verso di lui. Ormai era un fiume in piena. Le lacrime le ricoprivano il viso. Il dolore di quella donna, le aveva ricordato il suo dolore. La perdita di Samuel. Jackson si sedette sul pavimento accanto a lei e l'abbracciò. La tenne stretta a sé mentre questi singhiozzava e tremava. Cercò di essere forte, ma non ci riuscì, scoppiò a piangere anche lui.
"Scusami Jackson, scusami" disse lei tra i singhiozzi.
"Shh, sta tranquilla" cercò di calmarla lui.
"Ti ho lasciato da solo. Non avrei dovuto farlo, perdonami. Meritavi una moglie migliore di me"
"Non dirlo neanche per scherzo. Abbiamo sbagliato entrambi. È vero, sei andata via, ma non avrei mai dovuto darti quell'ultimatum. Sarei dovuto venire con te, avrei dovuto raggiungerti, ma ero troppo arrabbiato e accecato dalla rabbia"
"È tutta colpa mia"
"No, non lo è! È colpa di entrambi. Non abbiamo saputo gestirla. Ad oggi posso dirti solo una cosa, se potessi tornare indietro, non ti lascerei andare. Lotterei per noi perché ne valeva la pena. Valeva la pena lottare per te"
"Ti amo, Jackson"
"Cosa?" domandò lui guardandola negli occhi incredulo.
"Ti amo e non ho mai smesso di amarti, neppure per un istante"
"Ti prego, se non lo pensi davvero non dirmelo, ne morirei"
"Jackson io ti amo. Non c'è stato un istante in cui non ti abbia amato. Ma ho paura di ciò che ci facciamo. È solo per questo che dicevo di non amarti. Non posso più nasconderlo, questo mio amore per te è così grande che non può essere nascosto. Ti appartengo, è inutile. E se anche questa volta non dovesse funzionare, se dovessimo tornare a farci del male, beh, non mi importa. Sono disposta a farmi ferire all'infinito da te"
"Non voglio ferirti April. Non l'ho mai voluto fare. Ti amo, ti amo così tanto che non mi fa mangiare, che non mi fa dormire. Ti amo così tanto che quando non mi sei accanto è difficile respirare. Sei il mio ossigeno, April. Sei la mia persona. Questo mio cuore è tuo – disse prendendole la mano e portandogliela sul cuore – senti come mi batte forte il tuo cuore" le disse.

Come mi batte forte il tuo cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora