Cinque giorni fa abbiamo litigato più pesantemente del solito. Io ti ho accusato di essere una che fa le cose solo per il proprio tornaconto personale - "una ragazzina che sfrutta gli altri per quei sogni del cazzo che non riuscirà mai a raggiungere da sola" ho detto - e tu mi hai dato della stronza senza cuore.
Quando mi hai detto che non ero capace di amare, mi hai guardata con gli occhi con cui vedi un film di Scorsese. Poi te ne sei andata chiudendo la porta: lei è rimasta qui, ma tu non l'hai più riaperta.
-LSabato, 26 Giugno
Da qui riesco a sentire il profumo del mare, anche se a Firenze l'acqua scende solo dal cielo.
Mi umetto le labbra e socchiudo gli occhi. Aurora accavalla le gambe mentre finisce il suo yogurt.
"Non ti ci hanno mai portata, vero?"
Scuoto la testa e lei annuisce. Ha gli occhi semiaperti e persi oltre la ringhiera di metallo.
Il vento fa muovere i rami degli alberi che sfidano i due gazebi in tela bianca nel coprirci dal sole in discesa. L'aria intorno è arancione e anche la pelle di Aurora sembra uniformarsi alle piastrelle in cotto su cui riposo i piedi.
"Un c'è nulla da fare. Esiste solo Firenze, che c'ha un milione di difetti, ma rimane la più bella de' mondo."
Finisco di bere il mio caffè con la cupola del Brunelleschi e la Torre di Palazzo Vecchio che mi fanno l'occhiolino da lontano. Riesco a intravederne solo la punta, ma in fondo mi basta.
"Vieni, andiamo."
Lascio dieci euro sopra il tavolino, assicurandomi di aver garantito una buona mancia, e mi affretto verso il percorso che Aurora sta tracciando. La seguo di corsa, con i capelli che mi finiscono negli occhi e in bocca, finchè riesco a sentirne il profumo ed è come se mi prendesse per mano.
A pochi passi dal Vip's Bar dove avevamo consumato un'ora di silenzi, si apre un giardino pubblico dove il verde si esibisce in mille sfumature.
Aurora gira la testa indietro per assicurarsi che stia mantenendo il ritmo e ogni volta sorride nel vedermi con gli occhi all'insù, persa tra i limoni e altre centinaia di piante che fanno ombra a chi si stende tra l'erba. Hanno tutti un sorriso appena accennato sulle labbra, anche se stanno dormendo: forse è proprio questo il segreto.
"Sediamoci."
Faccio come dice, stordita dal profumo delle rose che mi salutano da ogni angolazione. Aurora sceglie una delle poche panchine che lascia il sole alle spalle e io respiro piano per evitare di inquinare tutto con del rumore inutile.
"Vengo qui dopo ogni esame." - dice - "Sai, cerco un po' di perdono nella pace dopo aver tradito i miei sogni."
Sento la pelle che rabbrividisce e non do la colpa al vento.
"È bellissimo."
"Giá.. Non ci porto mai nessuno, forse perché ho paura che qualcuno possa strapparmelo via. So che non è mio, ma è come se lo fosse."
Ora la cupola e il palazzo si vedono ancora meglio, ma io ho gli occhi fissi sul viso di Aurora che assorbe il sole mentre è girato verso i due capolavori.
È strano. È tutto qui, tutto ciò che posso conoscere di questa città.
Eppure guardo te.
"Perchè mi ci hai portata allora?"
"Non so." - risponde alzando una spalla - "Avevi detto che nessuno dei tuoi amici ti aveva fatto conoscere la cittá."
"La vera cittá."
"Sì, la vera cittá." - ripete - "E poi volevo sdebitarmi."
Apro la bocca per dirle che non è davvero il caso, ma lei mi fulmina con uno sguardo prima che possa parlare: lo sa giá.
Gli occhiali da sole le coprono le iridi così mi concerto sulle piccole zigrinature che il rossetto le crea sulle labbra. Lei, però, sembra accorgersene e accenna un sorriso per sciogliere l'imbarazzo.
Sei patetica, Ludo.
Capacitá da stalker sotto lo zero.
Distolgo lo sguardo con le guance più rosse di prima e lo fisso sulla marea di persone che vanno e vengono sotto i nostri occhi.
No, non puoi essere tu.
Hai sempre odiato viaggiare e Firenze non è di certo di strada.
L'ultima volta avevi i capelli più corti e imbionditi.
Forse erano le luci dello stadio a farli sembrare così.
"Ludo.." - la sua mano si posa sul mio ginocchio scoperto - "Tutto a posto?"
"Sì, sì, io.."
Sbatto le palpebre come una farfalla e quando torno a respirare, Aurora non ha più gli occhi coperti: così la testa torna a girare può forte di prima.
"Vuoi andare a bagnarti i polsi o.. O.. Non sono molto pratica di queste cose."
Faccio di no con la testa e appoggio il corpo sullo schienale della panchina: Aurora mi guarda come se stesse parlando con un fantasma.
"Sicura che va tutto ok?"
"È.." - cerco le parole, che si perdono in un sospiro - "Mi è sembrato di vederlo."
"Chi?"
"Davide."[...]
Aurora ha insistito tanto affinchè mi bagnassi i polsi come aveva suggerito - anche se io, pur non avendoglielo detto, la ritengo una di quelle stronzate che leggi nei giornaletti da casalinga - e ora ci troviamo con le gambe distese tra l'erba, in uno spicchio di radura all'ombra scelto appositamente da lei.
"Non siete in buoni rapporti, presumo."
"Con.."
"Davide." termina per me.
Adesso mi parli come se ne sapessi qualcosa.
Ma quello che posso raccontarti di noi non sará mai quello che siamo.
"No, non è questo, è che.." - sospiro - "Non lo vedo da un po'."
Aurora slaccia i sandali con pollice e indice e li sfila con una gentilezza quasi umana. Ora ha i piedi immersi tra i ciuffi di erba fresca.
"Non devi parlarne se non vuoi."
"Non è neanche questo." - le dico a voce ferma - "Non c'è rancore, è solo che è sempre faticoso pensare alla felicità una volta che l'hai persa."
Lei annuisce solo: forse pensa alla sua unica fidanzata.
"Sai, eravamo molto simili. Lui è figlio di un industriale con la passione per il culo delle giovani che gira spesso a casa nostra. Mio padre stravede per lui, ma io ho sempre creduto che stravedesse più per il suo conto."
Aurora fa passare il polpastrello sopra il neo che ha sulla caviglia, proprio vicino al tatuaggio, e non mi guarda mai. È per questo che continuo: lei non mi sta giudicando come fanno gli altri.
"È buffo.. I nostri avevano già deciso tutto sin da quando avevamo sì e no cinque anni. Credo che volessero costruire un impero o che so io, non mi intendo di queste cose, di queste.. Tutta questa economia e questo mercato di merda. Forse si stavano assicurando delle garanzie aziendali, non.. Non ho nemmeno voglia di pensarci." - passo una mano sugli occhi e Aurora incomincia a respirare a bocca aperta - "A loro non importava un cazzo di noi, dell'amore.. Ma che dico, dell'amore.. Io e Davide eravamo figli delle persone giuste e questo bastava."
"E vi hanno.. Voglio dire.."
Io rido con la bocca degli stolti e il contorno dei suoi occhi si incastra verso il basso.
"Sì, hanno deciso di farci fidanzare. Ma noi, da vere teste di cazzo, abbiamo cominciato ad odiarci." - rido ancora - "Sai, lui mi prendeva sempre in giro per il fatto che fossi una ragazza e mi sporcava il vestito. Tutte le domeniche le nostre famiglie pranzavano insieme in cortile e Davide non si lasciava scappare nemmeno un'occasione per pizzicarmi il braccio o tirarmi il suo pallone infangato. Mia mamma non si lamentava mai, ma quando mi ripuliva il vestito la sentivo borbottare cose poco carine. Forse lei voleva solo che mi innamorassi."
Mi guardi male, ora.
Perchè so che pensi che ti abbia mentito.
In realtà voleva che non finissi come lei.
"E poi?"
Studio Aurora per una frazione di secondo. Devo sembrarle una di quelle patetiche telecronache messicane che si sentono sempre nei film sui narcotrafficanti: patetica e pedante.
"E poi ci siamo innamorati."
"Realmente?"
"Lui era.." - ci ripenso e sento gli occhi bruciare - "Era diverso. Era diventato calmo, riflessivo, bello da far paura. Io lo odiavo ancora, ma solo perchè mi aveva tradito."
Aurora inclina un po' la testa, proprio come farebbe il suo lupo. Ha gli occhi assonnati e io vorrei solo addormentarmi con lei.
"Tradito?"
"Avevamo deciso di farci la guerra a vita e dare qualche dispiacere alla famiglia."
Annuso il sole che filtra tra le foglie dei limoni con i suoi ultimi raggi.
Mi accarezza come vorrei facessi tu.
Ma tu chiudi gli occhi e pensi a quanto sia sfigata la vita di una che si paga l'infelicità su Grazia.
"Ma non è stato sempre così."
"Non proprio. Siamo durati due anni, le rughe meglio spese della mia vita." - rido ancora, e ancora, e ancora perché fa male ancora - "Poi lui ha deciso di lasciarmi il giorno del mio ventitreesimo compleanno. Andavamo spesso allo stadio della città per stenderci sopra l'erba e scommettere in che modo avremmo sperperato il patrimonio di famiglia, ma lui quella sera aveva deciso di salvarlo."
Aurora sembra pensarci su, si gratta il mento e strizza il naso.
"Ecco perché odi venerdì 17."
Annuisco solo: alcune cicatrici non possono essere ancora scoperte.
"Giá, ma non gliene faccio una colpa, credimi. Lui era figlio unico e suo padre una delle teste di cazzo più pressanti che abbia mai conosciuto."
"Dici che.."
"Non lo saprò mai. Forse aveva davvero smesso di amarmi, o forse voleva solo proteggermi."
"Proteggerti? Proteggerti da cosa?"
"Dalla vita che avrei avuto." - sussurro - "Ho sempre odiato la vita di mia madre."
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Tre sono le cose
RomanceLudovica non era come suo padre e neanche come sua madre. Non voleva diventare un'imprenditrice come suo fratello e non voleva rimanere nel grigiore di Como come aveva fatto Davide. Ludovica voleva vivere tra l'arte, sulle copertine, dietro la luce...